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I due princìpi metafisici della Morale

Teologia Morale01 Novembre 2022
Testo dell'audio

Dobbiamo ora precisare la natura della filosofia morale, vale a dire determinare tutto ciò che è assolutamente implicato nell’analisi del fatto morale e nella definizione con la quale ne abbiamo riassunto i dati essenziali. Dovremo dimostrare in che senso la morale è una scienza, – una scienza pratica, – e infine una scienza filosofica.

Quando affermiamo che la morale è una scienza, distinguendola così essenzialmente da ogni empirismo morale, vogliamo dire che essa è un sistema di conclusioni sicure, fondate su princìpi universali. Il senso morale si pronuncia immediatamente sull’onestà degli atti umani, ma non è una scienza più di quanto il buon senso non sia la logica. 

Quali sono dunque i princìpi sui quali deve fondarsi tutto il sistema della scienza morale? Abbiamo già esaminato i due caratteri essenziali della morale, scienza delle leggi ideali della condotta umana in quanto tale, e per conseguenza disciplina al tempo stesso speculativa e pratica. Questo doppio punto di vista implica il ricorso a due princìpi metafisici, che sono, da una parte, la natura umana, dall’altra parte il fondamento dell’obbligo morale.

 

  1. a) La natura umana. Le leggi morali sono necessariamente funzione della natura dell’uomo, poiché il fine e il bene dell’uomo, in quanto uomo, possono essere determinati soltanto in riferimento alla natura umana. È evidente che le leggi della condotta saranno del tutto differenti se l’uomo sarà considerato un semplice animale o un essere dotato di anima spirituale, un essere votato all’annientamento totale oppure promesso all’immortalità. Vediamo così che i concetti di natura, di fine e di bene (che sono metafisici) coincidono e sono intercambiabili. Il bene di un essere consiste nell’attuazione del suo fine, e questo fine stesso in quanto termine ultimo di tutte le sue attività molteplici e diverse, è definibile soltanto per mezzo della sua natura. E ciò faceva sì che Pascal scrivesse: «La vera natura dell’uomo, il suo vero bene e la vera virtù […] sono cose la cui conoscenza è inseparabile».

 

Da ciò vediamo quello che dobbiamo pensare della massima: «Bisogna seguire la natura». Tale massima è giusta nel senso che la regola della condotta umana può definirsi soltanto in funzione della natura dell’uomo. La perfezione consisterà quindi nell’abbondare nel senso della natura, nel divenire pienamente, mediante lo sforzo, ciò che si è per natura. La natura sarà perciò costantemente il criterio o la norma (prossima) della moralità.

È necessario tuttavia precisare, poiché il concetto di «natura» comporta una certa ambiguità, che, parlando esattamente, non ci sono due nature nell’uomo, come viene talvolta detto distinguendo e opponendo natura sensibile e ragione. Ma sta di fatto che la natura umana è complessa, al tempo stesso sensibile e razionale, e che un ordine deve essere  stabilito e conservato tra le diverse espressioni della natura.

Quest’ordine deve regnare; ciò risulta immediatamente dal fatto che l’assenza d’ordine (cioè d’un ordine voluto) sarebbe l’anarchia completa e porterebbe a lasciare libero corso alla tirannia delle tendenze più forti, che sono le sensibili, a danno delle tendenze razionali,  e cioè avrebbe il risultato di mutilare la natura. Saremmo molto lontani, in questo caso, dal «seguire la natura».

Dovremo dunque definire la natura in ciò ch’essa ha di necessario e di universale, vale a dire definirla nella sua realtà metafisica, come un ordine di diritto. La ragione soltanto può arrivarci. 

Diremo quindi che bisogna seguire la natura, ma la natura com’è definita dalla ragione, la sola capace di afferrare nel complesso fatto umano l’ordine di diritto che l’uomo deve attuare per essere perfettamente se stesso, per essere pienamente e perfettamente umano. 

Definire, sotto il nome di natura umana, un ordine di diritto (o ordine ideale), è possibile solo se si trascende il fatto contingente e singolare, per astrarre, nell’esperienza stessa, il necessario e l’universale, vale a dire la realtà (astratta) di una natura umana ideale, che fonda l’ordine umano della moralità.

 

  1. b) L’obbligo morale. Non basta alla morale di definire il fine ultimo e il bene perfetto dell’uomo, quali li mostra la considerazione della sua natura. Altrimenti, la morale non sarebbe che una scienza speculativa e non si distinguerebbe dalla psicologia. Poiché essa è invece essenzialmente una scienza pratica e riferentesi, a questo titolo, all’attività umana, bisogna anche che essa giustifichi l’obbligo in cui l’uomo si trova di orientare tutte le sue attività in funzione del suo fine ultimo.

Indubbiamente, la determinazione del fine ultimo dà al tempo stesso il fondamento prossimo dell’obbligo morale e del dovere, in quanto che essa fa afferrare il nesso intrinsecamente necessario che esiste fra l’azione umana e il conseguimento del fine ultimo. Ciò non può bastare, tuttavia, perché non si tratta ancora che di un nesso logico e di una necessità condizionale: noi constatiamo, mediante la determinazione del fine ultimo dell’uomo, che questo conseguirà il suo fine e otterrà il suo vero bene soltanto se agisce secondo un ordine definito. Rimane da sapere come e perché egli è obbligato a conformarsi a tale ordine e tendere al suo fine ultimo, vale a dire che bisogna determinare il fondamento ultimo (o la fonte prima) dell’obbligo morale, che fa del dovere non un semplice consiglio (o una ingiunzione ipotetica: «agisci in questo modo, se vuoi conseguire il fine della tua natura»), ma un ordine assoluto «agisci in questo modo, perché devi conseguire il fine della tua natura»). Soltanto così il dovere s’imporrà in modo categorico e incondizionatamente al rispetto dell’agente morale. Inversamente, in mancanza di questa giustificazione suprema dell’obbligo morale, il dovere potrà apparire come un consiglio di prudenza e di saggezza; come la formula dell’onore o della dignità personale, ma non come un ordine propriamente detto, che si imponga alla coscienza senza replica né scappatoia.

 

Qualunque sia il modo con il quale può essere considerato e perseguito il fine ultimo dell’uomo, la morale, come scienza dell’ attività pratica, ha l’obbligo al tempo stesso di determinare oggettivamente la natura del fine ultimo e di giustificare l’obbligo in cui si trova l’uomo di tendere a questo fine. Questi sono i due princìpi della morale, e ambedue sono metafisici.

Abbiamo stabilito al tempo stesso che la morale è una scienza e che non vi può essere «morale scientifica». Adesso dobbiamo vedere tutto ciò che implica il carattere pratico che  specifica la morale. Ma questo lo faremo nelle prossime puntate.

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