Gloria Patri

La dossologia minore – secondo l’ordinamento ecclesiastico – forma normalmente la conclusione dei canti dei salmi. Essa suona:
Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto,
sicut erat in principio, et nunc et semper,
et in saecula saeculorum. Amen.
“Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo,
come era in principio, ora e sempre,
nei secoli dei secoli. Amen”.
Con queste parole solenni noi proclamiamo, in unione con gli Angeli del Cielo, il più adorabile mistero della fede, cioè l’unità dell’Essere Divino, come anche la Trinità delle divine Persone; e, allo stesso tempo esprimiamo il nostro più profondo omaggio, la massima lode, il più gioioso ringraziamento, il più fedele amore verso la Santissima Trinità.
Questa semplice formula veterotestamentaria: “Dio sia benedetto”, è stata qui estesa e trasfigurata in un versetto cristiano di glorificazione della santissima Trinità. La nostra dossologia segue la formula battesimale ed era come questa – almeno nella sua prima parte – in uso liturgico sin dall’epoca apostolica.
L’aggiunta “Sicut erat…” viene compresa e spiegata in diversi modi, e cioè: “Come Egli era in principio” (cioè, secondo quanto il Figlio era in Principio), oppure: “Come era” (come la Gloria era presente alla creazione del mondo), oppure: “Come questo era” (nel modo in cui la SS. Trinità riceveva la lode sin dall’inizio della creazione degli esseri spirituali).
Qui le espressioni sono tanto frequenti e solenni nel mettere in evidenza che al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo compete l’unica e la medesima gloria, la massima gloria dell’adorazione, senza interruzione e senza fine, conferite e dimostrate nel tempo e nell’eternità. L’aggiunta di “Amen” fa capire che nelle nostre parole di lode sono parimenti inclusi una professione ed un invito.
Nella professione, che tutte e tre le divine Persone possiedono la medesima infinitamente sublime grandezza, sta anche l’invito a glorificare in eterno questa degnissima gloria nella Maestà Divina. Volgi lo sguardo all’indescrivibile grandezza e maestà di Dio, davanti a cui il mondo è come una goccia di rugiada (Sap. 11,23) e i popoli sono come un granello di polvere (Is. 40,15).
Contempla le meravigliose opere di potenza e di salvezza di Dio nella storia dell’umanità; medita sui tesori della Redenzione e della santificazione; sull’incalcolabile magnanimità delle divine misericordie e benedizioni nel tempo e nell’eternità: allora, questa santa e gloriosa formula, deve essere e sarà, nella tua bocca, sempre un segno di elevato stato d’animo, un sentimento di traboccante e gioiosa gratitudine.
Il meraviglioso Gloria in excelsis nella Messa, il magnifico e commovente Te Deum, l’imparagonabile Magnificat, il tre volte Sanctus, il gioioso Benedictus, i bellissimi canti di lode dei Salmi, gli inni della Chiesa, i canti spirituali: quali estasianti, grandiose esaltazioni di Dio, che sollevano l’animo! Esse sono, però, solamente la manifestazione del corto e incisivo Gloria Patri.
Mentre recitiamo il Gloria Patri inchiniamo il capo come segno di grande riverenza davanti all’infinita maestà e grandezza di Dio, come anche per confessare la nostra meschinità e indegnità. Poiché questa lode esprime e porta alla memoria lo scopo ultimo di ogni sacrificio e di ogni preghiera – la glorificazione di Dio Uno e Trino – è sempre consigliabile di raccogliersi con dovizia, di rinnovare e ravvivare la retta intenzione, la vigilanza e lo zelo.
Questo canto di lode non deve salire al Cielo solamente dalla bocca e dal cuore, ma deve essere anche la parola d’ordine della vita. Tutti i nostri pensieri, tutte le nostre aspirazioni, il nostro fare e lasciare, dev’essere un gioioso riconoscente Gloria Patri in cui “La bontà di Dio (del Padre) e la Grazia di nostro Signore Gesù Cristo nell’unione dello Spirito Santo sia con noi” (2 Cor. 13,13).
La fede perseverante nella Santissima Trinità, a cui, per il battesimo, fummo consacrati e obbligati ad un servizio tutto particolare; come anche l’esaltante confessione della gloriosa maestà di Dio Uno e Trino – che noi, durante la vita, abbiamo spesso pronunciato col cuore e con la bocca – saranno un giorno tra i più forti motivi di consolazione e di fiducia quando, giacenti sul letto di morte, dovremo presto apparire davanti al tribunale di Dio.
“Parti, anima cristiana”, così si rivolgerà il sacerdote all’anima che sta per lasciare questo mondo, “Parti, anima cristiana, nel nome di Dio Padre onnipotente che ti ha creato, nel nome di Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, che è morto per te sulla croce, nel nome dello Spirito Santo, che ti è stato dato in dono”.
Mentre il sacerdote raccomanda il moribondo alla Divina Misericordia, aggiunge alla sua preghiera che, lui, ha sempre fedelmente confessato e venerato la Santa Trinità. “Non ricordare più i suoi traviamenti: sì, egli ha anche peccato, ma non ha mai negato la fede nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, bensì l’ha sempre conservata, e ha mantenuto nel suo cuore lo zelo per l’onore di Dio; e ha adorato devotamente Dio, il Creatore di tutte le cose” (Rituale Romano).
Perciò risuoni al Padre e al suo Figlio consustanziale e a Te, o Spirito Santo, la lode dalle nostre bocche, con instancabile zelo per i secoli eterni! (Brev. Rom.). Il Gloria Patri, con il salmo Iudica, vengono omessi in tutte le messe di Requiem e in quelle dei quattuor tempora, dalla domenica di Passione fino al sabato Santo.
Ora invece viene anticipata la Messa della Resurrezione, e in questa appare di nuovo il nostro salmo, che non appartiene al tempo di passione. Il motivo di tale omissione si trova giustamente nel contenuto del salmo e nel carattere di quelle messe.
Il salmo vuole allontanare dall’anima la tristezza e il lamento e suscitare nell’orante un sentimento di gioia. Perciò è opportuno lasciarlo fuori quando il cuore deve essere pervaso di profonda tristezza, dolorosa afflizione e intima compassione, com’è il caso delle messe di Requiem e dei Quattuor Tempora.