Gli angeli delle nazioni

Gli angeli delle nazioni sono i loro rappresentanti celesti, rappresentano gli interessi di ogni nazione davanti a Dio. I destini dei singoli popoli hanno la loro origine da un dramma celeste. E, quando il bene di una nazione non coincide con quello dell’altra, possono anche insorgere contrasti…
Gli angeli dei popoli o delle nazioni appaiono principalmente nel libro del profeta Daniele. Non sono già chiamati “angeli” o “messaggeri di Dio”, bensì sono chiamati “principi”. Nell’interpretare il capitolo 10 della profezia di Daniele, i santi Padri e scrittori ecclesiastici fanno uso di parole come «il principe del regno dei persiani, il principe dei greci, dei giudei» per esporre la comune dottrina secondo cui la divina Provvidenza ha affidato la custodia e la protezione di un angelo a ognuno dei popoli o nazioni. Gli angeli delle nazioni sono i loro rappresentanti celesti, rappresentano gli interessi di ogni nazione davanti a Dio. I destini dei singoli popoli hanno la loro origine da un dramma celeste.
I “figli di Yahweh”
L’antico concetto di “angeli delle nazioni” ha le sue radici nella cultura ebraica. Li troviamo nei libri dell’Antico Testamento, ma anche nella letteratura ebraica come la Mishna e il Talmud.
Incontriamo un primo testo nel Deuteronomio (32, 8): «Quando l’Altissimo divideva i popoli, quando disperdeva i figli dell’uomo, egli stabilì i confini delle genti secondo il numero degli Israeliti».
La tradizione greca dei Settanta presenta il testo in maniera un po’ diversa. Nei documenti antichi del testo masoretico (anche il 4QDtq del Qumran) si legge invece “figli di Israele”, i “figli di Yahweh”, che sarebbero poi ancora gli angeli. In un altro frammento (4QDtj) si può leggere anche “figli degli dei”. Questo ci fa capire perché i Settanta lo abbiano tradotto in questo modo. Invece di dire “figli di Israele” compare l’espressione “figli di Dio” o l’interpretazione dei Settanta “angeli di Dio”.
Infatti nel primo testo “figli di Israele” presenterebbe una suddivisione estranea, per l’equivalenza che si stabilisce fra il numero degli israeliti e quelli dei popoli del mondo. Si vuole evidenziare che Israele è il popolo di Dio. L’interpretazione comune degli ebrei è quella della tradizione dei Settanta: «secondo il numero degli angeli». Dio divide i popoli del mondo secondo gli angeli, cioè ogni popolo possiede il suo angelo. Si supponeva il numero 72 di quel tempo.
Alcuni esegeti considerano il salmo 82 come un’interpretazione degli “angeli dei popoli” anche in connessione con il Deuteronomio 29, 25, in cui si dice che Yahweh mostrò gli altri popoli agli angeli, mentre Israele è il Suo proprio popolo. I membri della corte celeste hanno il compito di guidare e governare come giudici il benessere e anche la colpa dei popoli a loro affidati. Yahweh pretenderà il resoconto, come espresso nel salmo 82.
Anche nel libro del Siracide 17, 15-23 incontriamo una descrizione della differenza fra Israele e gli altri popoli. Israele occupa una posizione singolare: «Quando Dio divise le nazioni della terra, diede a ognuno un governatore, mentre la porzione del Signore era Israele. Israele è come il suo primogenito che egli stesso nutre con il suo insegnamento e sul quale sparge la luce del suo amore, senza abbandonarlo».
In seguito appaiono gli angeli custodi di alcune nazioni nel profeta Daniele. Nel discorso del capitolo 10 del libro di Daniele «il principe del regno di Persia» è venuto in aiuto di Michele, uno dei primi principi. Dopo una voce gli annuncia che un’altra volta dovrà lottare contro «il principe di Persia» e anche contro «il principe della Grecia». Chi parla ha le sembianze di un uomo vestito di bianco, è Gabriele, è l’interprete che ha parlato al profeta Daniele già nel capitolo 8.
Nel libro di Daniele compare una modifica: anche Israele ha il suo proprio Angelo Custode, Michele. Negli stessi testi del Qumran appare Michele come il salvatore di Israele. Non sono menzionati i nomi degli angeli custodi di Persia e Grecia. Essi si oppongono a Michele e Gabriele e si potrebbe pensare ad un’azione bellica nel cielo fra questi angeli.
Scontri tra volontà
La domanda che qui si pone è come abbia potuto arrivare Michele a scontrarsi con l’angelo dei persiani. San Tommaso d’Aquino spiega che gli angeli custodi hanno sempre la stessa finalità, cioè il compimento della volontà di Dio. In certe rivelazioni della volontà di Dio possono insorgere contrasti fra le volontà degli angeli, contrasti riguardanti il bene delle distinte nazioni. Di fatto, la storia di Daniele può essere stata realmente un conflitto drammatico fra due nazioni.
Altri punti di riferimento biblici si ritrovano nella storia di Israele. Pensiamo all’angelo dell’Esodo nell’uscita del popolo dall’Egitto. Anche nel “principe dell’esercito di Yahveh” o “nell’angelo del castigo” (cfr. 1Cor 21, 16). L’immaginazione di un “mandatario divino” mantiene la sua relazione con l’angelo dei popoli. L’angelo del Signore, che difende il sommo sacerdote Giosuè (cfr. Zac 3, 1), non solo protegge la persona di questo essere umano, ma anche l’istituzione del sommo rappresentante. Più chiaramente appare nel primo capitolo del libro di Zaccaria (cfr. Zac 2, 1), dove “l’uomo”, che poi si identifica con l’angelo di Yahweh, è istituito a favore di Israele.
Senza entrare più nei dettagli possiamo sintetizzare il problema del Deuteronomio (32, 8) per ciò che interessa la nostra argomentazione. Si vuole ricostruire la storia del testo: i “figli di Israele” è una precisazione dell’espressione più antica “figli di Dio”. In qualche legge targum (interpretazione giudaica) si trova l’espressione “figli del potente”. Ci sono molte ragioni per cui l’espressione “figli di Dio” è stata cambiata in “figli di Israele” o gli angeli in esseri umani. Un’ipotesi è quella di voler demitizzare i testi e togliere certi elementi del mondo sovrumano nel giudaismo posteriore.
Fuori dalla Bibbia, specialmente fra le speculazioni apocalittiche dei libri apocrifi, gli angeli delle nazioni ebbero una grande importanza (cfr. Enoch 9; 20; 81). Altri testi mostrano che anche Israele, come tutti gli altri popoli, è tenuto sotto la guida di un angelo o di uno spirito. Così l’angelo che accompagna Levi e al quale questi chiede di rivelargli il suo nome è l’angelo che intercede per la nazione di Israele. Lo si vede come una figura intermediaria, però non sempre in senso positivo. Gli spiriti che guidano altri popoli hanno anche il potere di disorientarli.
Governo celeste e governo terreno
Fino ad allora il destino positivo o negativo del “reggente” di ogni nazione si realizza mediante una connessione del governo celeste e quello terreno, seguendo un’idea che si incontra anche in Isaia 24, 21, specialmente nel contesto della punizione: «il Signore interverrà contro l’esercito del cielo e contro il re della terra». Un’altra traduzione dice: «il Signore castigherà l’esercito dell’alto nell’alto e i re della terra sulla terra». In questo caso si tratta di angeli ribelli che sono caduti fuori dal cielo, però hanno il potere “nell’alto”, cioè nelle regioni celesti.
Conclusione: mentre altri popoli rimangono lontani dalla salvezza, il popolo di Israele aveva ricevuto da Dio un protettore o più esattamente un suo rappresentante, l’angelo di Yahweh. Questo angelo dice: «Il Signore combatterà per voi mentre voi resterete fermi […] E l’angelo di Dio che era andato davanti all’accampamento di Israele, si allontanò andando dietro di loro e anche la colonna di nubi che era davanti si spostò dietro di loro. E venne a collocarsi tra l’accampamento dell’Egitto e quello di Israele […] e Mosè stese la sua mano sopra il mare che si aprì e all’alba ritornò al suo stato normale, e gli egiziani furono sommersi dalle acque; così il Signore abbatté gli egiziani in mezzo al mare».
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Questo testo di don Marcello Stanzione è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. È possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it