Gesù Cristo “Sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedek (Parte II)

La preghiera riempiva l’intera vita di Gesù: infatti, che cosa fu la Sua permanenza e il Suo peregrinare qui sulla Terra se non un’ineffabile santa, misteriosa vita di intercessione, di meditazione e di contemplazione? Egli pregava nella mangiatoia, nel Tempio di Gerusalemme, durante la fuga in Egitto, nella casupola di Nazaret e nel deserto. Durante la Sua vita pubblica si ritirava spesso in luoghi solitari, soprattutto in zone montagnose, passando la notte in preghiera; pregando alzava gli occhi al Cielo prima di fare miracoli e di benedire; mentre Egli pregava sul sacro monte fu trasfigurato in una luce abbagliante; durante il tempo della Sua sofferenza – dal principio alla fine – perseverò nella più umile preghiera con ardente amore per il sacrificio: Egli pregava nell’Ultima Cena, nel Monte degli Ulivi e sulla Croce. Gesù è entrato nel mondo pregando, è vissuto pregando, ha sofferto pregando ed è morto pregando.
Ma quale significato, quale forza ed efficacia ebbe la Sua sacratissima preghiera e intercessione in rapporto all’opera della Redenzione? Egli non volle ottenere la nostra salvezza solamente tramite ammenda e merito, ma anche con la preghiera; infatti, tutti i tesori della Grazia che Egli meritò con la Sua vita, sofferenza e morte, li volle anche implorare e ottenere per noi con le preghiere e così fare tutto quanto era possibile per la Sua vigna (Is. 5,4). Questo spirito e sentimento di preghiera con cui il divin Cuore di Gesù era sempre impregnato, diede valore espiatorio e di merito al Suo sacrificio di sofferenza e morte, all’offerta del Suo corpo e del Suo sangue versato: la preghiera, infatti, è l’anima del sacrificio. In questo modo il Redentore ha compiuto la volontà di Dio pregando e ha completato la Sua opera: pregando Egli ha redento il mondo e salvato l’umanità.
Ma non solamente “nei giorni della Sua carne”, cioè della Sua vita mortale il Signore ha “offerto preghiere e suppliche a Colui che poteva salvarLo da morte, insieme a forte grido e lacrime, ed è stato esaudito per la Sua pietà e venerabilità” (“pro Sua reverentia” – Ebr. 5,7), ma anche nella gloria del Cielo Egli vive come avvocato e intercessore per l’umanità intera per portarla al pieno possesso della salvezza da Lui meritata. La Sua celeste intercessione ha lo scopo di mediare alla singola persona i frutti di Grazia ottenuti e raccolti sulla Croce. Ci sono buoni motivi per ritenere che Cristo intercede veramente presso il Padre in nostro favore. Perché, infatti, il divin Cuore di Gesù, Che sulla terra così spesso, con tanta intensità e con tanta insistenza ha pregato e supplicato per noi, ora – nella Sua celeste trasfigurazione in Cielo – non dovrebbe presentare al Padre la Sua richiesta e il Suo ardente desiderio per la nostra salvezza?
Questa intercessione del Salvatore nella Gloria, Cui è dato ogni dominio e potere in Cielo e sulla Terra (Mt. 28,18), è incomparabilmente più perfetta, più potente ed efficace delle preghiere di tutti gli angeli e di tutti i santi: essa non è semplicemente una preghiera umana e divina come quella che Cristo faceva sulla Terra e che veniva sempre esaudita (Giov. 11,42), ma una preghiera dell’eterno Sommo Sacerdote che a prezzo del Suo sangue ha ottenuto tutti quei beni e tutte quelle grazie che Egli ci vuole ottenere, e perciò ha pieno diritto su quanto ci vuol procurare e donare. Ciò che il Signore in tal modo, in forza dei Suoi infiniti meriti richiede, Egli lo deve infallibilmente ottenere. “Chiedimi e ti darò le genti in retaggio, in tuo possesso i confini della terra” (Sal. 2,8): così parla il Padre al Figlio Che siede alla Sua destra, in attesa che tutti i nemici siano posti ai Suoi piedi, cioè che Gli siano completamente sottomessi.
A questa esplicita intercessione con cui Cristo presenta la nostra causa presso il Padre, si aggiunge anche l’offerta del sacrificio della morte subita sulla Croce e con essa i meriti ottenuti. Cristo “si presenta per noi al cospetto di Dio”; cioè presenta e tiene davanti agli occhi del Padre le Sue piaghe sofferte, il Suo sangue versato e la Sua morte patita sulla Croce per muoverLo a concederci la Sua benevolenza, la Sua misericordia e la Sua grazia. In ciò sta anche uno dei motivi per cui il Redentore vuole mantenere per sempre le gloriose piaghe sul Suo corpo trasfigurato. Questi segni della Sua sofferenza cruenta e della Sua lotta mostrano al Padre quale fu il prezzo pagato per liberarci (Gal. 4,31)