Gesù Cristo “Sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedek (Parte I)

In un Salmo (109,4), corto ma grandioso e misterioso, Davide annuncia profeticamente che il Messia unirà in sé la dignità regale e sacerdotale. Il Suo sacerdozio viene ancora caratterizzato più precisamente come eterno secondo l’ordine di Melchisedek. “Il Signore ha giurato e non si pentirà: Tu sei sacerdote in eterno, secondo l’ordine di Melchisedek”. Anche S. Paolo ascrive al Signore un sacerdozio eterno (Ebr. 7,24: sempiternum sacerdotium). Ora verrà esposto come si debba interpretare la continuazione del sacerdozio di Cristo, per poi esaminare da una parte la dignità della funzione sacerdotale, dall’altra il suo esercizio.
Sulla croce Cristo compì il Suo ufficio di Sommo Sacerdote per il quale era stato chiamato e santificato al momento della Sua Incarnazione. Dopo aver cancellato i peccati del mondo, tramite l’unico sacrificio cruento della propria vita, siede ora alla destra del Padre e non muore più: perciò Egli conserva la Sua inalienabile dignità sacerdotale. La Chiesa, infatti, nella ricorrenza di ogni santo vescovo, canta che Dio “lo ha costituito principe affinché la dignità del sacerdozio gli appartenga in eterno”; perciò, il carattere sacerdotale aderisce incancellabile all’anima dell’ordinato.
A questo si aggiunge che la forza e il frutto dell’unico sacrificio di Cristo permane e continua nell’eternità. In quanto Sommo Sacerdote di beni futuri (Ebr. 9,12), tramite il Suo sacrificio cruento Egli non ha acquisito tesori terreni e caduchi, ma ci ha acquistato e ottenuto la nuova incorruttibile vita di Grazia e di Gloria. Il ministero sacerdotale, la sua dignità e la sua preziosa benedizione non cessano mai, e rimangono immutabili per tutta l’eternità. Essi appartengono all’eterno sacerdozio di Cristo e non si esauriscono: il medesimo comprende anche la continuazione dell’azione sacerdotale.
Il Salvatore glorificato continua la Sua funzione sacerdotale, la Sua opera d’intercessione mediatrice per la salvezza dell’umanità, primariamente in due maniere: in Cielo tramite la piena autorità d’intercessione e sulla Terra tramite l’offerta del Sacrificio eucaristico: ambedue durano fino alla fine del mondo; vale a dire, finché l’ultima anima eletta sarà entrata nella beatitudine del Paradiso. Che Cristo in Cielo sia il nostro intercessore presso il Padre, viene riferito spesso nella Sacra Scrittura. Prima della passione e della morte Egli consolò e incoraggiò i discepoli, caduti in profonda tristezza, con la promessa che in Cielo avrebbe pregato per loro presso il Padre (Giov. 14,16).
L’apostolo Paolo scrive che Cristo, dopo esser morto e resuscitato, siede alla destra del Padre e intercede anche per noi (Rom. 8,34). E in un’altra lettera egli dice: “Cristo ha un sacerdozio che non termina mai; e quindi ha il potere di salvare in modo assoluto coloro che si accostano a Dio per mezzo di Lui che è vivente e intercede in nostro favore”. La stessa verità viene espressa anche con le seguenti parole: “Gesù è salito in Cielo per apparire al cospetto di Dio per noi”. Per apprezzare meglio la presenza di Cristo “al cospetto di Dio per noi” e la Sua “perenne intercessione mediatrice per noi” si deve in primo luogo considerare quella preghiera che il Redentore usava pregare durante la Sua vita mortale sulla Terra.