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Gente di Fede. I tesori di Morano Calabro

Tesori d'Italia23 Maggio 2020
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La fede e lo splendore di Morano sono testimoniati dalle splendide chiese, che impreziosiscono il borgo. Adiacente al castello, sulla sommità dell’abitato, svetta la Collegiata dei Ss. Pietro e Paolo, edificata probabilmente nel 1007 e poi rimaneggiata in epoca barocca. Sempre all’epoca medioevale risale anche il suo campanile su pianta quadrangolare, in posizione arretrata rispetto al corpo di fabbrica. La facciata presenta una struttura a capanna con le falde laterali ribassate. È sormontata nel timpano da una nicchia con all’interno conservata la statua di san Pietro, attribuibile al periodo angioino. L’interno si presenta invece a tre navate a pianta basilicale ed è decorato da stucchi in stile rococò, realizzati nella seconda metà del XVIII secolo.

Numerose le opere d’arte qui custodite sin dal XV secolo quali un sarcofago in bassorilievo dell’antica famiglia feudataria dei Fasanella, un affresco raffigurante la Vergine delle Grazie ed una Croce Processionale in argento di Antonello de Saxonia del 1445. Quattro statue in marmo di Carrara, realizzate nel XVI secolo dallo scultore Pietro Bernini, attivo a Napoli e padre del più celebre Gian Lorenzo, raffigurano santa Caterina d’Alessandria e santa Lucia (1592), san Pietro e san Paolo (1602).

Probabilmente dalla bottega di Giovan Pietro Cerchiaro esce la coeva Candelora, la statua di San Carlo Borromeo, realizzata nel 1654 da scuola napoletana rimasta ignota e posto sull’altare in marmi policromi, un Compianto sul Cristo morto e due tele, pure raffiguranti i santi Patroni della Collegiata, Pietro e Paolo, del Pomarancio.

V’è poi la Collegiata di Santa Maria Maddalena del 1097, originariamente posta al di fuori della cinta muraria medioevale come semplice cappella suburbana, ma ampliata nella seconda metà del XVI secolo su pianta basilicale a croce latina in tre navate e poi più volte rimaneggiata sino al 1732, quando il complesso assunse uno stile tardo barocco. Il titolo di Collegiata giunse il 3 febbraio 1737 con bolla di papa Clemente XII.

Nella sagrestia, presso la cappella di san Silvestro, è esposto il Polittico Sanseverino del 1477, realizzato dal pittore veneto Bartolomeo Vivarini, qui chiamato dal feudatario Geronimo Sanseverino (ma, secondo alcuni, realizzato originariamente su commissione del vescovo Rutilio Zenone per il monastero di San Bernardino). Si conservano anche numerose reliquie di santi, tra le quali una pietra del Santo Sepolcro ed un’orma del sandalo di san Francesco da Paola, lasciata su una roccia del monte Sant’Angelo, nell’atto di benedire la Calabria, prima di recarsi in Francia.

Fu il conte Antonio Sanseverino di Tricarico a fondare anche, nel 1452, la chiesa ed il monastero di San Bernardino da Siena con bolla di Niccolò V, in segno di devozione al Santo titolare ed all’Ordine dei Minori Osservanti. I lavori, durati circa un trentennio, si conclusero il 23 aprile 1485. In stile tardo gotico, con le sue linee sobrie rappresenta uno dei migliori esempi calabri di architettura francescana del Quattrocento.

All’interno, la navata centrale è distinta sul fondo dal presbiterio tramite un grande arco a sesto acuto. Il soffitto è in legno lavorato a quadri carenato alla veneziana. Sotto l’arco dell’altare maggiore v’è un crocifisso del XV secolo. In alto, a sinistra, si nota un pulpito con baldacchino del 1611 con decorazioni classicheggianti e la raffigurazione in bassorilievo di alcuni santi. Preziosi anche il coro ligneo del 1656 ed il leggio del 1538, situati nell’abside.

Sul lato destro della navata centrale, altre tre arcate a sesto acuto conducono in una piccola navata laterale, suddivisa in due ambienti. Sul chiostro, sorretto da 24 colonne di forma ottagonale, si scorgono altre tracce di affreschi in lunette, realizzati fra il 1538 ed il 1738, raffiguranti la vita di san Francesco d’Assisi. Dopo il periodo napoleonico, il complesso venne destinato nel 1843 a seminario estivo, poi a scuola pubblica – con interventi che hanno seriamente compromesso la struttura – e deposito di legname. Nel 1898 un incendio divorò gran parte dell’ala est, ristrutturata solo nei primi anni del Duemila. Oggi è, di fatto, un complesso polifunzionale: nell’antica sala del refettorio, si riunisce il consiglio comunale.

La chiesa di San Nicola di Bari è collocata in pieno centro storico, alle pendici del colle, ove sorge il borgo. La facciata è costituita da un portale a sesto acuto con archivolto in muratura, su cui si trova un affresco raffigurante il patrono, cui è intitolato l’edificio sacro. La chiesa, realizzata attorno al 1450 e poi rimaneggiata in epoca barocca, è a navata unica. Nel portale d’ingresso si trova ancora traccia delle architetture originali. Fra le opere contenute all’interno meritano particolare rilievo il dipinto Madonna tra Santa Lucia e Santa Caterina d’Alessandria, realizzato nel 1598 da Pedro Torres, un crocifisso ligneo del XVI secolo ed una Annunciazione di Angelo Galtieri (1735).

La cripta, dedicata a santa Maria delle Grazie, è considerata una delle strutture più antiche del borgo: risale, infatti, all’epoca altomedioevale. Fra le opere custodite v’è il Giudizio universale in olio su tela, realizzato da Angelo Galtieri nel 1737, diverse statue lignee, calici e tele del Cinquecento e del Seicento, mentre nella sagrestia è collocato un Espositorio in argento fuso sbalzato e cesellato del XVIII secolo.

La chiesa, dedicata a santa Maria degli Angeli, è a navata unica con cappelle sul fianco destro, ornate da altari lignei intarsiati del XVIII secolo. Ligneo è anche l’altare maggiore, intagliato, impreziosito da un ricco ciborio in tarsie di madreperla e paliotto in scagliola policroma, nonché da una pala di Ippolito Borghese, raffigurante S. Francesco d’Assisi, la Vergine in trono ed alcuni santi.

Il convento dei Padri Cappuccini è databile tra il 1590 ed il 1606. Venne edificato come atto votivo a san Francesco per una grazia ricevuta grazie alla sua intercessione. I frati, giunti qui nel 1598, vi restarono sino alle soppressioni napoleoniche ovvero sino al 7 agosto 1809. Solo dopo la restaurazione borbonica venne riaperto al culto, grazie all’interessamento di re Ferdinando II, che dedicò al restauro della struttura circa mille ducati napoletani: era il 16 settembre 1855.

Il convento si sviluppa attorno all’ampio chiostro in pietra, contornato da un essenziale porticato e da una cisterna centrale. L’interno custodisce un’antica biblioteca, fornita di oltre 7 mila volumi, tra cui pregevoli manoscritti e preziose stampe. Dal 1884 al 1889 e poi ancora, un secolo dopo, dal 1990 i frati Minori Cappuccini tengono qui l’anno di formazione dei propri novizi dell’Italia Sudpeninsulare e di alcuni Paesi stranieri, anno previsto prima dei voti temporanei.

Nei pressi della Collegiata della Maddalena, nel 1568 sorse la chiesa del Carmine su iniziativa dei Padri Carmelitani, che in un vicino palazzo, oggi sede del Comune, allestirono un Ospedale degli infermi e dei poveri pellegrini in Terra Santa. All’interno, tra l’altro, in corrispondenza all’altare maggiore campeggiano la tela intitolata La Vergine del Carmelo fra i santi Lucia e Francesco di Paola di Pedro Torres, nonché la cimasa pittorica di Cristoforo Santanna, raffigurante l’Assunzione di Maria.

A pochi chilometri dal centro abitato, nella boscaglia, si rintracciano ancora i resti del monastero di Colloreto, che un tempo godette di grande prestigio e di significative proprietà fondiarie. Venne fondato nel 1546 dal beato frate Agostiniano Bernardo da Rogliano, che iniziò qui la sua vita da eremita. Patì tuttavia due soppressioni, una ad opera di Carlo III di Borbone nel 1751, l’altra, quella definitiva, invece, nel 1809 per mano francese. L’edificio appare ancora oggi fortificato da un torrione; fino ai primi dell’Ottocento fu arricchito all’interno da importanti opere artistiche, poi destinate ad altre chiese del borgo.

 

Questo testo di Luigi Bertoldi è stato tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it

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