Francesco II ad Arco

La città trentina di Arco, laddove il fiume Sarca sfocia nel lago di Garda, fu teatro degli ultimi anni di vita di Francesco di Borbone, anni vissuti con la fede e con la nobiltà d’animo, che sempre caratterizzarono questa figura. Le premesse vanno però rintracciate almeno una dozzina d’anni prima.
Alla morte di Ferdinando II, re delle Due Sicilie, nel febbraio 1859, si posero le condizioni per un nuovo tentativo d’invadere le terre da lui governate. Ci avevano già provato, nel 1844, i fratelli Attilio ed Emilio Bandiera, iscritti alla Giovine Italia di mazziniana memoria, oltre a Carlo Pisacane, nel 1857. Entrambi i tentativi fallirono, ma questa volta la concomitanza di alcuni fattori era tale da porre in seria difficoltà il regno. Intanto, al sovrano deceduto era succeduto il figlio, il ventitreenne Francesco II, ancora inesperto e privo di quella forza d’animo che tanto distingueva il padre. Peraltro, in Sicilia soffiava il vento della rivolta, in ragione dell’insofferenza, che da tempo infiammava gli animi, nei confronti del dominio di Napoli.
Tradito dai propri stessi ministri e ufficiali, oltre che da Vittorio Emanuele II, suo alleato, nonché suo parente, Francesco II si apprestò a lasciare la città partenopea. Prima, però, volle precisare di non portare con sé alcun bene materiale: tutto, compresi i gioielli di famiglia, era stato lasciato al popolo.
Sconfitti sulle rive del fiume Volturno, nel corso di una battaglia che, a più riprese, mise in seria difficoltà le truppe garibaldine, i soldati delle Due Sicilie raggiunsero Francesco II e la consorte, Maria Sofia di Wittelsbach, sorella minore dell’imperatrice d’Austria Elisabetta, a Gaeta, posta sotto assedio dal novembre 1860 al febbraio 1861. Il sovrano stava schierato accanto ai soldati, mentre sua moglie visitava e assisteva i feriti, oltre a distribuire coccarde colorate, confezionate con le proprie mani, per ritemprare l’animo dei militari. Nel frattempo, nell’esercito borbonico, prese a dilagare il tifo. Per evitare di andare incontro a ulteriori morti, il sovrano alzò bandiera bianca e, insieme alla moglie, Lasciò la città il 13 febbraio, ottenendo presso Roma (al Quirinale prima e a palazzo Farnese poi) l’ospitalità di Pio IX.
Con la breccia di Porta Pia e la conseguente presa di Roma, il 20 settembre 1870, i coniugi si trasferirono a Parigi. Nel frattempo Garibaldi aveva confiscato l’intero patrimonio borbonico e Vittorio Emanuele si offrì di restituirlo, a patto che Francesco II rinunciasse al trono delle Due Sicilie; quando il sovrano, indignato, replicò che il proprio onore non era in vendita, il governo italiano ne incamerò i beni.
Poco dopo, nel 1871, il re iniziò a soffrire di alcuni malanni, legati al diabete, ragion per cui prese a frequentare la cittadina termale di Arco. La prossimità del lago di Garda fa di questa zona un territorio dal clima particolarmente mite. Dapprima ospitato presso l’arciduca Alberto d’Asburgo, Francesco II scelse d’alloggiare presso una stanzetta di un piccolo albergo, dove morì, a 58 anni, il 27 dicembre 1894.
Questo testo di Rino Zabiaffi è tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it