Forma della Colletta

La Colletta è quindi una invocazione per la grazia di ciascun giorno: ma in che forma viene rivestita questa preghiera? Pur nelle differenze e varietà, vige tuttavia una conformità nella composizione delle Collette, e ciò vuol significare che esse sono concepite secondo certe regole. La preghiera non viene semplicemente pronunciata, ma sorretta con altre espressioni perché diventi più intima e ne sia rafforzata. Lode, adorazione, glorificazione, ringraziamento: in breve, tutte le forme di preghiera, nella liturgia, si fondono in invocazioni. Queste sono, per noi uomini nella presente situazione, le più importanti e le più necessarie forme di preghiera. Perciò la supplica forma il vero nucleo delle Collette. Ma da quali altri atti viene normalmente accompagnata questa supplica?
S. Paolo parla – trattandosi di culto pubblico – di scongiuri, preghiere, implorazioni e ringraziamenti. Queste quattro forme di preghiera non s’incontrano alternativamente solo nel corso della messa, ma spesso unite in talune Collette, che trasformano le medesime in un’implorazione completa e di alto effetto. L’implorante si deve avvicinare a Dio, presentarsi a Dio, elevarsi davanti a Dio (oratio); poi deve egli presentare i propri desideri (postulatio), e per ottenere più facilmente quanto implorato espone le motivazioni; da parte dell’orante, una di queste è la riconoscenza o il ringraziamento (gratiarum actio). Per il fatto stesso di ringraziare per i benefici ricevuti, infatti, acquistiamo grazie ancora più ricche.
Ma la motivazione più forte per ottenere le nostre richieste sta, davanti a Dio, nei meriti e nell’intercessione di Gesù Cristo: da qui le parole conclusive “Per Cristo nostro Signore” che esprime lo scongiuro (obsecratio). Per esempio, la Colletta della festa della Santissima Trinità dice: Omnípotens sempitérne Deus, Qui dedísti fámulis Tuis in confessióne veræ fídei, ætérnæ Trinitátis glóriam agnóscere, et in poténtia maiestátis adoráre unitátem: quǽsumus ut eiúsdem fídei firmitáte, ab ómnibus semper muniámur advérsis. Per Dóminum nostrum Iesum Christum Fílium Tuum, qui Tecum vívit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum.
O Dio onnipotente e sempiterno, Che concedesti ai Tuoi servi, mediante la vera fede, di conoscere la gloria dell’eterna Trinità e di adorarNe l’Unità nella sovrana potenza, Ti preghiamo, affinché rimanendo fermi nella stessa fede, siamo tetragoni contro ogni avversità. Per il nostro Signore Gesù Cristo, Tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con Te nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Spesso e volentieri la Chiesa indirizza le sue preghiere a “Dio eterno e onnipotente” e con preferenza mette l’accento sull’ “onnipotenza” e sull’ “eternità” per mostrare con enfasi all’anima nostra, quando preghiamo, la veneranda maestà, la stragrande potenza e sovranità di Dio. Dio solo è potente (1Tim. 6,18): la Sua potenza è sconfinata, instancabile e dominatrice assoluta.
Come Padrone della Sua forza, giudica con mitezza e ci governa con grande moderazione; poiché il potere è a Sua disposizione e può usarlo quando vuole (Sap. 12,18). Essendo l’Eterno, Dio è e rimane senza principio e senza fine, nell’immutabile pieno possesso di tutte le Sue perfezioni e nell’invariabile pieno godimento di tutta la beatitudine. Il Suo nome è eterno (Sal. 134,13), eterno è il Suo trono (Sal. 44,7), eterna la Sua assoluta grandezza e il Suo regno (Tob. 13,1), in eterno la Sua Giustizia (Sal. 118,142), eterno anche il Suo amore, bontà e misericordia (Sal. 117,1). L’ “eterna potenza” di Dio (Rom. 1,20) ha “creato i mondi” e “sostiene anche l’Universo” (Ebr. 1,2- 3), mantiene e governa tutto il creato, perciò è anche la fonte di tutti i doni veramente buoni e perfetti (Giac. 1,17).
Il saluto iniziale dà subito all’orante un forte impulso e un’esortazione ad innalzarsi dalle bassezze della Terra verso il Cielo, al trono dell’Altissimo: a Dio, dalla cui potenza e dominio proviene abbondante e ricca la grazia, senza interruzione e mutamento, in eterno. Nell’innalzare gli occhi e con lo slancio verso “la Divinità onnipotente ed eterna”, si aggiunge spontaneo e conveniente un ringraziamento, che motiva e sostiene l’implorazione che segue.
Con il sentimento di gratitudine mettiamo in risalto l’inestimabile beneficio e onore che Dio ha dimostrato verso i “Suoi servi”, i figli del Suo Regno, nel donar loro la grazia e la virtù della “vera Fede”, cioè della “Fede” Cattolica, ed il coraggio di “professarla”. La dottrina rivelata della Fede ci svela l’impenetrabile “profondità della Divinità” (1Cor. 2,10), in quanto ci procura un concetto soprannaturale, “la conoscenza della Trinità eterna e della Sua beatitudine”. Tra tutte le verità che ci sono state rivelate, sull’Essere e Vita di Dio nella Sua eternità, l’Unità Trina è il più sublime mistero. “Sopra il Cielo elevato sta la gloria di Dio” (Sal. 112,4). La natura divina è in sé la luce più ricca, il più luminoso e glorioso splendore.
Le tre Persone divine possiedono l’unica e medesima natura: sono un Dio. La Trinità possiede un’Eternità, una Potenza, una Maestà (S. Agostino). Perciò “si adori l’unità nell’essenza e l’uguaglianza nella maestà” (Mess. Rom.). La grazia di Dio che ci ha guidato alla conoscenza e all’adorazione dei più profondi e dei più alti misteri della religione cristiana ci incoraggia a chiedere che la libera azione della grazia possa rinforzare e temprare questa fede affinché diventi per noi uno scudo di difesa (Ef. 6,16) a continua protezione; cioè a superare quanto si oppone alla nostra salvezza, al nostro vero benessere in maniera ostile e inibitoria. La fede convinta, irreprensibile, domina e si muove con un dinamismo e una costanza atti a vincere e a superare il Mondo (1Giov. 5,4).
Come tutti gli altri beni della Redenzione, così ci ha donato e ci dona il Dio Uno e Trino anche questa fede necessaria alla salvezza e veicolo di essa “per mezzo di nostro Signore Gesù Cristo”, in vista dell’inesauribile tesoro della Redenzione, che fu acquisito sulla Croce, che è offerto sull’altare a tutti quelli che cercano la salvezza. Così la Chiesa soddisfa l’esortazione dell’Apostolo: “In ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre necessità, con preghiere, con suppliche, con azioni di grazie” (Fil. 4,6). Le preghiere possono essere indirizzate alla Trinità indivisa o ad un’unica Persona divina: in questo caso le altre due Persone non sono ovviamente escluse, ma incluse; e per confermarlo vengono di fatto espressamente nominate. Così avviene nelle nostre Collette. Siano esse rivolte al Padre o al Figlio; alla fine segue sempre una solenne confessione della Santissima Trinità.
Le Collette erano originariamente, e di solito lo sono tuttora, indirizzate solamente al Padre. Il Padre è la prima persona della divina Trinità e, in quanto tale, non è solamente fonte originaria della natura divina – che Egli ab eterno comunica al Figlio e con il Figlio allo Spirito Santo – ma anche di tutti i beni creati. Al Padre sono attribuite la potenza e la maestà che si manifestano nella creazione; il Padre ci ha inviato il Suo Figlio unigenito e con Lui ci ha donato tutto. Gesù Cristo stesso riferì tutta la Sua vita, il Suo agire, soffrire e soprattutto la Sua preghiera, a Dio il Padre. Il Redentore orante non era solamente il nostro intercessore, ma anche il nostro esempio di come pregare: la nostra guida, Egli pregava sempre il Padre Suo “per dimostrare che il Padre è la Sua Origine, dal Quale Egli dall’eternità ha ricevuto la Sua natura divina, dal Quale è stata creata anche la Sua natura umana e tutto il bene che essa possiede”.
Nel rivolgersi al Padre, la Chiesa normalmente non segue solo l’esempio, ma anche l’insegnamento di Cristo, che disse ai Suoi Apostoli: “In verità, in verità vi dico: qualunque cosa domanderete al Padre, Egli ve la concederà in Nome mio” (Giov. 16,23). Le nostre richieste devono essere presentate “in nome di Gesù”. Gesù è il nostro mediatore tramite Cui tutte le nostre preghiere e desideri salgono al Cielo, come anche tutte le grazie e misericordie scendono sulla Terra; perciò noi preghiamo il Padre “per amor del Figlio” che ha inviato, e si conclude la Colletta “per Gesù Cristo nostro Signore”. Questa regola viene particolarmente osservata nella santa Messa, in cui il Figlio offre sé stesso al Padre.