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Firenze patria del calcio?

Storia02 Giugno 2018
Testo dell'audio

Che Firenze possa contendersi l’onore dell’invenzione del calcio con gli inglesi o con gli uruguayani? Dico ‘uruguayani’, perché questi affermano d’esser stati loro e non i britannici a giocare per primi il cosiddetto calcio moderno. Disputa tutt’altro che risolvibile, visto che il calcio moderno, a differenza del basket e di altri sport, non ha un inventore con nome e cognome.

Ma perché Firenze? Perché la celebre città toscana a proposito di football richiama il calcio storico, quello in costume, anzi “in livrea” come si suol ricordare, gioco anche conosciuto come calcio storico fiorentino.

 

Dinanzi agli Imperatori

Alla fine del XV secolo era diffusissimo. Raccontano le cronache che si giocava in tutte le piazze e in tutte le strade di Firenze e i giovani ne andavano letteralmente matti. Lo praticavano tutti, anche nomi che sarebbero diventati importanti, finanche futuri Papi. Le partite ufficiali erano però relegate nel solo periodo di carnevale. La storia ne ricorda due celebri. La prima avvenne in un periodo particolare per Firenze. La città era assediata dalle truppe imperiali di Carlo V e i fiorentini decisero di organizzare un’importante partita in piazza Santa Croce quasi a dire: «Non ce ne importa nulla che voi stiate là!». L’altra si giocò nel 1739 niente meno che alla presenza di Maria Teresa d’Austria, la futura imperatrice.

Dopo un periodo pressoché di oblio, nel 1930, in occasione del quarto centenario dell’assedio di Firenze, si decise di organizzare un torneo. L’iniziativa fu del gerarca della città, Alessandro Pavolini. Fu da allora che il calcio storico divenne la manifestazione rievocativa più importante di Firenze. Ogni mese di giugno, in occasione della festa patronale, in piazza Santa Croce, si gioca un torneo con quattro squadre rappresentative dei quartieri più importanti: i Bianchi di Santo Spirito, gli Azzurri di Santa Croce, i Rossi di Santa Maria Novella e i Verdi di San Giovanni.

Ma torniamo al rapporto calcio storico fiorentino-calcio moderno, tutt’altro che automatico. Ciò perché sono tante – troppe – le differenze tra questi due giuochi. Differenze non solo di regole, di numero di giocatori in campo, di misurazione dei punti e di terreno di gioco, ma soprattutto di senso: nel calcio storico fiorentino manca la linearità e l’accurata disposizione strategica, che sono invece assolutamente indispensabili nel calcio moderno e che rendono per quest’ultimo, se non totalmente almeno fortemente determinante, il ruolo dell’allenatore.

 

Gli elementi comuni

Ciò non toglie però che un legame c’è e questo è dato da tre elementi: la presenza di un pallone, la possibilità di calciare e il gioco di squadra.

Soffermiamoci su un punto: il pallone. Questo, tanto nel calcio moderno quanto in quello storico fiorentino, è perfettamente sferico ed è gonfio di aria. Un significato tutt’altro che trascurabile. Il pallone da tempo immemorabile è il giocattolo per eccellenza. Dare un pallone ad un bimbo è sempre occasione di gioia e di stupore.

A riguardo si potrebbe scomodare Platone, ma non è il caso. In realtà, la spiegazione è più semplice ed è perché il pallone lo si può far rotolare. È presente dinanzi ma è allontanabile, lo si può facilmente dare e lo si può facilmente ricevere. Il pallone è un oggetto che richiama un senso che nella vita dell’uomo è costitutivo, la dimensione della relazione.

L’uomo è relazionato ad altri, il che non vuol dire che, se l’altro non c’è, il singolo non vi sia, né tantomeno che ciò che esiste è solo la relazione e non l’individualità, no, niente personalismo e niente strutturalismo filosofici: piuttosto vuol dire che il gioco che consiste in un pallone che si può e si deve passare al compagno e in un pallone che si deve condurre fino ad una certa méta rappresentano bene il mistero di una vita in cui la collaborazione fra gli uomini è indispensabile per vincere avversari e per raggiungere uno scopo… perché non c’è vita autentica senza un fine.

Da qui si capisce perché nel corso della storia un gioco con il pallone c’è sempre stato. Dalla sferomachia degli antichi greci all’herpastum degli antichi romani tutti hanno voluto giocare a calcio, nella convinzione che non si tratti di “calciare” contro ciò che accade o contro la fatica, ma al contrario di far sì che ogni sforzo sia orientato verso uno scopo: vincere la “partita” della vita.

 

Questo testo di Michele Biancardi è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. E’ possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it

 

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