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Domenica dopo il Sacro Cuore di Gesù

Omelie di un domenicano per l'anno liturgico26 Giugno 2022
Testo dell'audio

Se avrà perduta una dracma, non accende la lucerna e non spazza tutta la casa e non cerca diligentemente finché non la ritrova?

Dopo la festa del Sacro Cuore, venerdì scorso, ascoltiamo oggi, molto opportunamente, un passo del Vangelo sull’amore di Cristo per i peccatori: l’amore che Lo fece scendere dal Cielo e Lo portò fino alla Sua Passione. Prima di esaminare più da vicino le parabole, dobbiamo notare che alcune persone oggi fanno un cattivo uso della prima parte di questo brano del vangelo. Poiché Nostro Signore mangia con i pubblicani e i peccatori, alcuni dicono che la Chiesa non deve escludere nessuno dalla Santa Comunione, neppure coloro che vivono pubblicamente in modo contrario alla fede e ai comandamenti di Dio, ad esempio i politici che difendono il diritto all’aborto. Ma questo è un errore. A parte il fatto che Nostro Signore converte i peccatori che vengono a Lui, e non li lascia così come sono, ciò che questi peccatori ricevono in Sua compagnia è solo cibo comune. C’è una grande differenza tra questo e il ricevere Cristo nella Santa Comunione. Finché una persona rimane in peccato mortale, può comunque avvicinarsi a Cristo assistendo alla Messa e ascoltando la Sua parola; ma, per ricevere il Signore, deve prima lavarsi nella confessione. E se i peccati di quella persona sono pubblici e noti, allora i ministri di Cristo non devono dargli il Santissimo Sacramento. Ciò non farebbe che peggiorare la sua situazione.

Veniamo ora alla vera interpretazione del Vangelo. Queste parabole di Gesù sono molto semplici, ma, come sempre, contengono profondità che scopriamo solo riflettendoci alla luce dello Spirito Santo. Chi sono, per esempio, le novantanove pecore che Egli lascia nel deserto, per andare alla ricerca di quella che si è smarrita? A volte si dice che questa sia un’immagine dell’incarnazione, cioè del Figlio di Dio che viene dal Cielo sulla terra per cercare i peccatori. Ma sembra strano paragonare il Paradiso a un deserto; e, inoltre, il Figlio di Dio non ha lasciato gli Angeli in Cielo quando si è fatto uomo. Come dice uno degli inni eucaristici di san Tommaso: “Il Verbo discende dal Cielo, ma senza lasciare la destra del Padre”.

Mi sembra, dunque, che queste novantanove pecore rappresentino gli scribi e i farisei o, più in generale, quelli che si ritengono giusti ai propri occhi. Essi vivono in una specie di deserto: dove c’è l’orgoglio, la grazia di Dio non può far germogliare alcuna virtù. Se persistono nel loro orgoglio, allora Nostro Signore li lascerà nel deserto che hanno fatto delle loro anime. Lasciamoli, dice a san Pietro altrove, quando Pietro Gli diceva che i farisei si scandalizzavano di alcuni Suoi insegnamenti.

Invece di rimanere in questo deserto, dunque, il buon Pastore va alla ricerca dell’unica pecora che è sfuggita all’orgoglio dei farisei, ma che è ancora smarrita. Ciò rappresenta forse la proporzione tra i diversi gruppi dei Suoi ascoltatori? Erano gli scribi novantanove volte più numerosi dei pubblicani e dei peccatori? Sembra strano. Penso che Nostro Signore parli di una sola pecora smarrita perché il Suo amore per i peccatori, per noi, è personale. Ha un amore unico per ciascuna anima, diverso dal Suo amore per ogni altra, poiché ogni anima è diversa. Vuole anche mostrarci che, se fosse stato necessario, avrebbe sofferto la Sua Passione solo per me, o solo per te; e se fosse necessario, la soffrirebbe ancora per ciascuno di noi. Egli mette la pecorella smarrita sulle Sue spalle per mostrare che sarebbe disposto, anzi sarebbe contento, di prendere di nuovo la Croce sulle Sue spalle, se il Padre Suo volesse che salvasse ciascuna anima con una nuova morte.  

Questa prima parabola termina con le parole: In Cielo vi sarà più gioia per un peccatore che fa penitenza, che non per novantanove giusti che non hanno bisogno di penitenza. Queste parole sono rivolte agli scribi e ai farisei con divina ironia. Allo stesso tempo, sono un appello alla loro coscienza: potevano davvero pensare che, a differenza di Davide o di Mosè, non avessero bisogno di fare penitenza?

Il nostro Salvatore racconta poi una seconda parabola, quella della donna che spazza la casa in cerca di una moneta. Potremmo immaginare che questa nuova parabola comunichi lo stesso messaggio della prima, usando solo immagini diverse. Ma in tal caso, sarebbe stata davvero necessaria? Penso che dobbiamo cercare qui un messaggio diverso. Se Cristo è il buon Pastore, chi è la donna? Sicuramente, possiamo pensare che sia la beata Vergine. L’amore di Cristo per i peccatori è così grande che non ha voluto solo redimerci, ma ha voluto anche fornirci un avvocato che Gli parli in nostro favore. Ha voluto che avessimo un’avvocata nella quale noi peccatori potessimo facilmente confidare, perché è una persona umana come noi, ed è una madre.

Per questo i santi hanno parlato di Maria come corredentrice. Con questo titolo intendono che Cristo l’associa a Sé per la salvezza degli uomini. Desidera che Ella Lo preghi per i peccatori. Allora, cosa ci dice il Vangelo di questa donna? Qual è quella donna che, avendo dieci dracme, se ne avrà perduta una, non accende la lucerna e non spazza tutta la casa e non cerca diligentemente finché non la ritrova? Alcuni scrittori spirituali paragonano queste dieci dracme all’umanità e agli ordini angelici. Nella Sacra Scrittura leggiamo di nove diverse gerarchie angeliche; con la razza umana arriviamo al numero di dieci. Ora Maria, lo sappiamo, è regina degli Angeli; ma ciò non le basta, finché ci sono uomini che si perdono. Ella vuole trovare anche la decima moneta, che siamo noi. Se si dice che accende una lucerna, penso che sia perché, a differenza di Nostro Signore, Che ebbe la visione beatifica fin dal primo momento della Sua incarnazione, Maria dové meritarla. Ma poi, come la donna del Vangelo alla luce di una sola lampada poté vedere tutta la casa – dobbiamo immaginare questa casa come un’umile dimora, simile a quella in cui visse la santa Famiglia a Nazareth –, così la Madonna, alla luce della gloria, vede l’intera razza umana.

Ella spazza, come una brava casalinga, ogni angolo di questa casa. Forse noi sacerdoti siamo come la scopa di Maria: dobbiamo essere pronti ad entrare in ogni ambito della vita, negli ospedali, nelle carceri, nelle baraccopoli, ovunque ci siano anime da salvare.

Alla fine, nel caso pensaste che la mia interpretazione di questa parabola sia inverosimile, Nostro Signore stesso si riferisce agli Angeli. Se le nove monete fossero vive, sarebbero felici di riunirsi alla loro compagna perduta. Ma gli Angeli in Cielo sono vivi e desiderano la nostra compagnia. E quali sono le notizie dal nostro mondo che li interessano di più? Non notizie politiche, non informazioni su elezioni o anche su guerre e cessate il fuoco. No, sapere che un peccatore ha cambiato vita, ed è uscito dal confessionale come una nuova creatura; o che un uomo in fin di vita ha baciato il Crocifisso ed è stato unto con l’olio santo, e così si è preparato per l’eternità; queste sono le notizie dalla terra che interessano di più agli Angeli, e che portano loro più gioia. Sicuramente dicono, a modo loro, quella preghiera breve e potente che noi preghiamo sulla terra: “Gesù e Maria, salvate anime”.

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