Di nuovo abolita la Messa tridentina a Cremona

L’annuncio è stato dato via chat e social dal Coetus fidelium di Cremona ai numerosi fedeli della S. Messa tridentina locale: «AVVISO IMPORTANTE: Comunichiamo con grande sorpresa e rammarico che la S. Messa tridentina prevista per domenica 21 giugno è stata sospesa per ordine del Vescovo. A fronte di una nostra richiesta di incontro al celebrante, don Daniele Piazzi, per trovare delle modalità condivise di ricezione della S. Comunione secondo le regole tridentine e con la salvaguardia totale delle precauzioni igienico-sanitarie, il sacerdote ha risposto per iscritto, non accettando l’incontro e sospendendo – a nome del Vescovo – le celebrazioni, apparentemente sine die». Pur avendo «prospettato alcune soluzioni operative già in uso in altre parti d’Italia», il niet è stato insomma totale, immediato, unilaterale ed inappellabile.
Una decisione sconcertante, ma non imprevedibile. Già il Vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, “concesse” solo pochi mesi fa e solo ad experimentum la S. Messa tridentina, ma obtorto collo e solo dopo l’intervento della Congregazione per la Dottrina della Fede, come a suo tempo comunicammo, intervento motivato dall’incredibile veto posto per circa un decennio da lui e dal suo predecessore, mons. Dante Lafranconi, alla legittima richiesta di un nutrito gruppo di fedeli di avere in Diocesi la celebrazione usus antiquior, come raccomandato dal Motu Proprio Summorum Pontificum.
Già questa “concessione” avvenne, sin dagli inizi, in modo alquanto singolare (e discutibile), per la verità: con frequenza mensile, anziché settimanale; di sabato e non di domenica; all’interno di un monastero femminile, quindi “in casa altrui”, e non in una normalissima chiesa ad accesso pubblico; soprattutto la celebrazione fu negata ai Padri Barnabiti, che avevano per mesi garantito questo servizio liturgico, ed affidata piuttosto al liturgista della Diocesi, don Daniele Piazzi, benché – come sensibilità propria – lontano anni luce dalla S. Messa tridentina, come comprovato in più occasioni da significativi scambi di battute intercorsi con alcuni componenti del Coetus fidelium ed anche da un suo recente scritto dal titolo «Presenza reale, guanti e frammenti», in cui ironizza: «Anche fuori dal periodo dell’emergenza e della prescrizione di guanti per amministrare la comunione, identificabili e minoritari ambienti cattolici accusano la gran parte del clero di non credere più alla presenza reale di Cristo nell’eucaristia proprio per la scarsa o nulla attenzione che si avrebbe per i frammenti del pane eucaristico. Quanto, invece, sarebbe rispettoso della presenza reale il “rito antico”, che fa tenere al presbitero pollici e indici incollati fino alla purificazione finale e fa strusciare la patena sul corporale per non perdere la minima briciola eucaristica!». Ed ancora: «Se l’ossessione contro la comunione sulla mano e la paranoia dei frammenti sono frutto di un’estensione rituale di una teologia, è legittimo ritenere possibili altre forme rituali, che, non venendo meno alla fede nella presenza reale, non si appoggiano a Tommaso e quindi direttamente all’ontologia di un filosofo non cristiano come Aristotele. (…) Perché solo Tommaso sarebbe l’unico testimone della fede? E attraverso di lui non si rischia di canonizzare una filosofia/ontologia aristotelica? Non dimentichiamo che la Scolastica (…) ci ha consegnato una lettura del sacramento che fa a meno del rito che lo celebra, bastandogli la materia e la formula essenziale. Però catechesi, omiletica, rubricismo e teologia manualistica da Trento in poi hanno confuso la fede nella presenza reale con una casistica (asfissiante?), che ha generato il fissismo del rito e l’ossessione per la venerazione dei frammenti dell’ostia. Non è che ci si è dimenticati che primariamente l’eucaristia è un’azione e non una cosa (gli elementi pane e vino) e che come azione tende non a guardare il pane, ma a nutrirsi del pane e del vino?».
Considerazioni, che fanno il paio con quelle addotte nella risposta di don Piazzi alla richiesta di un incontro (negato), inviatagli dal Coetus Fidelium di Cremona: «Considerando che la modalità di ricevere la comunione è per la vostra sensibilità eucaristica più vincolante del comunicarsi in sé stesso, tanto da portarvi a non obbedire al comando del Signore: “Prendete… mangiate”, il Vescovo mi autorizza a informarvi che la Messa nella forma straordinaria è sospesa fino al momento in cui i Vescovi italiani e le disposizioni governative consentiranno di tornare alla “normalità” celebrativa, senza mettere a rischio la salute dei fedeli», auspicando che ciò possa avvenire «con il prossimo autunno», ben sapendo tuttavia come ciò sia altamente improbabile.
Insomma, niente Comunione sulla bocca, nemmeno seguendo quelle modalità “prudenziali” altrove assunte ed accettate. Ed ecco così cancellati con un unico colpo di spugna e da un singolo sacerdote, abituato a scrivere «eucaristia» con la minuscola, secoli di riflessioni liturgiche e teologiche, nonché migliaia di accesi dibattiti, che hanno coinvolto pontefici, santi e teologi con tanto di benservito (o quasi) allo stesso S. Tommaso d’Aquino, così inviso ai fans del Novus Ordo “spinto”. Lo scritto di don Piazzi meriterebbe ulteriori riflessioni, ma non è questa la sede.
Qui mette conto prender piuttosto atto di come l’emergenza Coronavirus si sia rivelata anche in questo caso il piede di porco, con cui cancellare di nuovo, dopo due o tre sole celebrazioni “ufficiali”, la S. Messa tridentina a Cremona. Sino a data da destinarsi e col “nobile”, ma assolutamente infondato intento della tutela della salute pubblica, come confermato ormai da una schiera di medici, infettivologi ed epidemiologi. Da qui lo sconcerto dei fedeli, espresso nella risposta a don Piazzi: «Ci ha stupito che alla nostra richiesta di incontro, rivoltaLe per trovare una possibile soluzione condivisa, Lei ci abbia risposto negandocelo e comunicandoci inappellabilmente la decisione del Vescovo». Ed ancora: «Ci consenta anche di chiederci se questa decisione sia in linea con le indicazioni formulate opportunamente qualche mese fa dalla Congregazione per la Dottrina della Fede», indicazioni che «ci riconoscono l’esercizio del diritto ad avere la celebrazione in rito antico», celebrazione cui, si fa notare, i fedeli giunsero «numerosi, in stragrande maggioranza giovani e famiglie con bambini».
Questo nuovo, triste capitolo dei divieti opposti da due Vescovi di Cremona alle legittime aspettative del locale Coetus Fidelium, costringerà da una parte i fedeli a rivolgersi di nuovo a Roma, nella speranza che vengano finalmente e pienamente ripristinati i loro diritti, e dall’altra, nell’immediato, a riprendere la via dell’esilio verso Milano, Bergamo, Brescia, Piacenza, dove la S. Messa tridentina viene regolarmente celebrata da anni, con buona pace e soddisfazione di tutti.