Cosa c’entra l’utilitarismo edonista con la Bioetica?

Una ragazza qualche settimana fa ha espresso la sua volontà di uccidersi asetticamente in Belgio: se si guarda allo specchio non si piace. Può essere il piacere o il piacersi un criterio che decide della vita o della morte di una persona? È davvero libero chi “sceglie” di procurarsi la morte?
Questa visione centripeta, dove tutto ruota attorno a un piacere fine a sé stesso, senza limiti, ma soprattutto senza criteri di senso, senza rispetto per le conseguenze sulla salute del singolo e della collettività tramuta la persona da soggetto a oggetto e oggetto utile a oggetto non più utile, travestita da “libertà”.
È importante provare a comprendere più a fondo questo concetto, emblematico per l’impostazione Bioetica di stampo «laico»: l’intento è quello di misurare con parametri oggettivi i fattori di benessere, in modo da poterne calcolare i risultati; è, potremmo dire, il risultato dell’interazione tra un’etica deontologica basata sul rispetto dell’autodeterminazione e un’etica utilitaristica del benessere collettivo.
In questa puntata, rifletteremo sul fatto che quando la Bioetica riflette sulla liceità o meno del suicidio assistito (così come su tutti gli altri temi classici di questa disciplina, aborto..) ha a che fare in realtà con la ricerca di una risposta relativa all’esperienza quotidiana della sofferenza, del dolore e della morte. La questione alla radice delle problematiche bioetiche è, infatti, quella di senso.