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Confiteor

Liturgia16 Maggio 2019
Testo dell'audio

Il punto centrale, e la parte principale dell’introito, è costituito dal Confiteor, il quale viene introdotto dal versetto di un salmo (Sal. 123,8) e si conclude con la cosiddetta “assoluzione”.

Il verso: Adiutorium nostrum in nomine Domini, qui fecit caelum et terram – “Il nostro aiuto è nel nome del Signore, che fece il cielo e la terra”, viene recitato dal sacerdote mentre si fa il segno di croce, e si può considerare come un anello di congiunzione, sia in rapporto alla prima parte, come anche in vista di quanto poi seguirà.

In relazione a quanto detto e desiderato in precedenza, cioè di volersi accostare all’altare del Signore per celebrare i Sacri Misteri, egli dichiara di voler contare su Dio e di fidarsi della sua infinita potenza e bontà.

Poiché sentiamo profondamente la nostra nullità, la nostra debolezza e miseria, la nostra fiduciosa speranza e il nostro anelito alla celebrazione del santo Sacrificio si fondano unicamente sull’Onnipotenza e sull’amore di Dio che ci ha creati, sulle misericordie e sui meriti di Cristo che è morto sulla croce per noi e ci ha acquisito ogni grazia (si fa il segno di croce).

Tanto grande è la nostra indigenza che, con le nostre proprie forze non siamo nemmeno in grado di pensare alcunché che sia di giovamento alla nostra salvezza e, senza l’assistenza dello Spirito Santo, neppure di pronunciare il santo nome di Gesù che possa giovarci in maniera salvifica (1 Cor. 3,5; 12,3).

E di quanto maggiore aiuto abbisogniamo noi dall’Alto; veramente un aiuto potente, per poter celebrare la più sublime e sacra opera – il Sacrificio dell’Altare – in maniera degna e meritoria! Se poi s’intende il verso del salmo come introduzione o passaggio al Confiteor, che ora segue, allora ci significa che solo l’Onnipotente può soccorrere il nostro bisogno e la nostra miseria, condonare i nostri peccati e i nostri castighi, e che noi dobbiamo attendere, con fiducia, la grazia e il perdono poiché presso il Signore vi è misericordia e abbondante la redenzione (Sal. 129,79), che sgorga dalla Croce di Cristo, e dalla Croce affluisce a noi (segno di croce).

La generale confessione dei peccati. Ai piedi dell’altare il sacerdote è interiormente spinto ad un’umile e contrita accusa di tutti i suoi propri peccati e ad una fervente supplica di perdono per essi. Solamente chi “ha le mani pure ed è di cuore retto” può accostarsi all’altare, “salire al monte del Signore e stare nel santo suo luogo” (Sal. 23,3-4).

Egli è qui per rappresentare il Santo, il senza macchia, separato dal numero dei peccatori e innalzato sopra tutti i cieli, Gesù Cristo Sommo Sacerdote (Ebr. 7,24), perciò la vita del sacerdote dovrebbe essere adornata di perfetta irreprensibilità. Malgrado accurata preparazione, lui sa, e lo sente, di essere ancora molto lontano da una tale purezza.

La dignità acquisita, la conoscenza e la pienezza della Grazia, rendono pesanti anche peccati e infedeltà non gravi: pur cosciente del proprio stato, egli è al servizio di Dio. Quando mette sulla bilancia del Luogo Santo i minimi difetti e le piccole negligenze, gli appaiono come un grande male: “anche se i peccati gli sono stati perdonati, non è senza timore”.

Perciò egli ha tutti i motivi – prima di accingersi a celebrare il Sacrificio che infonde stupore e meraviglia perfino agli angeli del Cielo – di fare una pubblica accusa dei suoi peccati, e accostarsi all’altare in spirito di profondo pentimento e contrizione, e impetrare intercessioni spirituali e temporali.

Il Confiteor è l’espressione di interiore contrizione, una preghiera di pentimento e di penitenza che deve purificare l’anima anche dalla minima macchia di colpa e guarirla da ogni debolezza di peccato. Affinché la recita del medesimo, e il battersi il petto, abbia un effetto di purificazione e salutare, devono sgorgare in verità da un animo contrito; dal profondo di un cuore commosso, sofferente di amore e di pentimento.

Il Confiteor si divide chiaramente in due diverse parti: la prima contiene un riconoscimento dei propri peccati, mentre la seconda è una preghiera – rivolta ai beati e ai fedeli – d’intercedere presso Dio nostro Signore. La confessione di colpevolezza non è espressa solamente davanti a Dio Onnipotente ma anche di fronte ai beati del Cielo e ai fedeli sulla terra. Rivolti a loro, ci umiliamo e mortifichiamo per renderli più inclini ad aiutarci – con la loro potente intercessione che stiamo per impetrare – presso Dio e ottenere da Lui pieno condono.

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