Commento al Trattato della Vera devozione alla Santa Vergine di san Luigi Maria Grignion di Montfort – Parte XXIV

I primi tre capitoli del Trattato hanno introdotto ciò che ne è il cuore: la descrizione della pratica della vera devozione a Maria. “Protesto altamente – dice il santo – che avendo letto quasi tutti i libri che trattano della devozione alla Santissima Vergine e avendo conversato familiarmente con i più grandi santi e dotti personaggi di questi ultimi tempi, io non ho conosciuto o appreso una pratica di devozione verso la santa Vergine simile a quella di cui voglio parlare. La quale esiga da un’anima più sacrifici per Dio, la vuoti di se stessa e del suo amor proprio, la conservi più fedelmente nella grazia, la unisca perfettamente a Gesù Cristo, dia più gloria a Dio, e sia più santificante per l’anima e utile al prossimo” (n. 118)
Siamo arrivati al punto centrale, che san Luigi espone nel numero 120: “La perfetta consacrazione a Gesù Cristo non è altro che una perfetta e totale consacrazione di sé stesso alla santissima Vergine: devozione appunto che io insegno. O meglio una perfetta rinnovazione dei voti e delle promesse del santo battesimo” (n. 120)
La perfetta devozione montfortana è dunque un supremo atto di donazione e di offerta con cui noi ci sradichiamo per così dire dal nostro io, e moriamo a noi stessi, per appartenere totalmente a Maria e vivere solo in Lei, con Lei e per Lei.
“Questa devozione – spiega san Luigi – consiste nel donarsi interamente alla S. Vergine per essere interamente di Gesù Cristo, Bisogna donarle: 1. Il corpo con tutti i sensi e le membra; 2. L’anima con tutte le sue facoltà; 3. I nostri beni esteriori, detti beni di fortuna, presenti e futuri; 4. I beni spirituali e interiori che sono i meriti, le virtù, le buone opere passate, presenti e future. In poche parole tutto quello che abbiamo nell’ordine della natura e della grazia e tutto ciò che potremo avere in seguito. nell’ordine della grazia o della gloria, senza alcuna riserva, nemmeno di un denaro, d’un capello e della più piccola buona azione. Questo per tutta l’eternità e senza pretendere né sperare altra ricompensa, fuorché l’onore di appartenere a Gesù Cristo per mezzo di lei e in lei, quand’anche questa amabile Padrona non fosse, come è sempre, la più liberale e la più riconoscente delle creature” (n. 121).
In questa devozione noi non doniamo a Maria una parte, piccola o grande che sia, di ciò che ci appartiene, ma gli doniamo tutto: gli doniamo noi stessi. Non gli doniamo solo i nostri beni dell’anima e del corpo, ma anche le soddisfazioni e i meriti di tutte le nostre buone opere. L’essenza della vera devozione sta nella totalità dell’atto di offerta. Nella misura in cui questa totalità manca, viene meno la pratica del Montfort, che è efficace solo se è radicale. Non tutti comprendono la radicalità di questa devozione, spiega san Luigi, nel n. 119, che ce la presenta come un alto monte a cui solo Gesù ci permette di ascendere.
“Poiché l’essenza di questa devozione consiste nell’interiore che ella deve formare, ella non sarà compresa ugualmente da tutti. Alcuni si fermeranno a ciò che essa ha di esteriore e non passeranno oltre, e questi saranno i più; altri, pochi invero, entreranno nel suo interiore, ma non saliranno che un gradino. Chi salirà al secondo? Chi perverrà al terzo? Chi infine persevererà in essa? Colui solo a cui lo Spirito di Gesù Cristo rivelerà questo segreto. Egli stesso guiderà l’anima fedele perché progredisca di virtù in virtù, di grazia in grazia, di luce in luce; perché giunga fino alla trasformazione di sé stessa in Gesù Cristo e alla pienezza della sua età sulla terra e della sua gloria nel cielo” (n. 119).