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Come nel Gattopardo

Arte e Cultura27 Aprile 2020
Testo dell'audio

Edificato nella seconda metà del Seicento all’interno di quella che era stata la cittadella degli Emiri, l’araba Halisa, Palazzo Lanza Tomasi sorse accanto ai bastioni spagnoli cinquecenteschi, che si affacciavano sul luminoso lungomare di Palermo, costruiti per far fronte ad attacchi via mare con l’artiglieria ed oggi in parte visibili: dapprima appartenuto alla famiglia Branciforte, proprietaria di tutta la zona intorno alle mura meridionali, la residenza fu poi acquistata nel Settecento dai Gravina, che la cedettero all’ordine dei Teatini, giunti in città nel 1602.

I Padri dunque lo adibirono, assieme ad altre case, a collegio per l’educazione dei nobili rampolli: l’istituto in tale sede ebbe vita breve ed, una volta chiuso, nel 1768, il palazzo passò nelle mani del principe Giuseppe Amato di Galati, il quale ne restaurò la facciata con dieci finestre aperte sul mare e con la costruzione di una grande terrazza, oggi un vero e proprio giardino pensile ricco di essenze esotiche e mediterranee.

Nel 1849 la storica dimora cambiò nuovamente e definitivamente di proprietà allorché venne rilevata da Giulio Fabrizio Tomasi di Lampedusa grazie al risarcimento versatogli dalla Corona di Borbone per l’espropriazione dell’isola pelagia al largo di Agrigento, feudo appartenuto sin dal 1630 alla dinastia. Proprio il principe Giulio Fabrizio, bisnonno del celebre autore, che incarnerà il modello per il protagonista de Il Gattopardo, diede inizio ad una serie di lavori i quali modificarono il volto del palazzo, divenuto residenza secondaria della famiglia in città: furono così realizzati la grande sala da ballo e lo scalone monumentale, le stanze più spettacolari del sontuoso piano nobile assieme all’immensa biblioteca, che fu di Giuseppe Tomasi. Egli infatti, ereditati i beni della casata alla morte del padre Giulio Maria, fu costretto nel 1948 ad abbandonare per sempre la dimora ufficiale di famiglia, Palazzo Lampedusa, raso al suolo dal bombardamento alleato del 23 aprile 1943, per trasferirsi nella residenza alla Marina, oggi Palazzo Lanza Tomasi.

Non a caso il piano nobile, arredato per lo più con mobili, suppellettili, quadri e oggetti provenienti da Palazzo Lampedusa e dalla residenza estiva materna di Santa Margherita di Belice, costituisce in gran parte oggi la casa-museo dello scrittore: nella biblioteca, perfettamente conservata, sono visibili fra gli scaffali due grandi bocce settecentesche di Caltagirone, pregevoli e rare manifatture, e un San Girolamo opera di Jacopo Palma il Giovane, ultimo esponente della nota famiglia di artisti bergamaschi ed allievo di Tiziano.

Nell’attigua sala da ballo sono invece in mostra i cimeli dell’ultimo illustre proprietario, dal manoscritto completo de Il Gattopardo ai manoscritti di diverse lezioni di letteratura francese e inglese e dei Racconti, oltre ad una prima stesura de La Sirena, storia di un incontro favolistico frutto dell’ultima stagione creativa dell’autore. Tra i numerosi quadri esposti spicca un piccolo dipinto di Domenico Provenzano raffigurante la famiglia di Giulio I Tomasi di Lampedusa, noto come il Duca Santo per la spiccata devozione, segno distintivo di tutta la dinastia; egli si contraddistinse infatti per aver dedicato tutta la propria vita alla carità, costruendo chiese, ospedali, ricoveri, elargendo elemosine, istituendo un Monte di Pietà e prodigandosi in ogni opera per allievare la condizione degli indigenti; impartì una rigorosa educazione religiosa anche ai figli, tra cui si annoverano san Giuseppe Maria Tomasi, cardinale e patrono dei liturgisti, e la venerabile suor Maria Crocifissa, al secolo Isabella, monaca a Palma.

Completano l’arredamento della sala un tavolo in marmo intagliato della metà del Cinquecento, due rari cassettoni siciliani in ebano e avorio e due lampadari a gabbia di Murano provenienti da Palazzo Lanza di Mazzarino. Alle pareti i quadri manieristi e barocchi di Pietro Novelli il Monrealese, Antonio Catalano e Federico Barocci si alternano con alcuni bozzetti di scenografie di Arnaldo Pomodoro, Mimmo Paladino, Robert Wilson e due ritratti a penna di Pablo Picasso raffiguranti la Marchesa Anita di Villa Urrutia, ava dell’attuale proprietario Gioacchino Lanza Tomasi, figlio adottivo del principe letterato, che ha riunificato l’intera proprietà e restaurato completamente lo storico edificio, valorizzandone il fascino degli spazi e donando nuova vita all’eredità della sua gloriosa stirpe.

 

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