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Christus Vivit Christus Regnat

Liturgia19 Dicembre 2019
Testo dell'audio

La forma della conclusione può mutare in cinque modi, a seconda che la Colletta si rivolga al Padre o al Figlio ovvero che, in una Colletta indirizzata al Padre, vengano menzionate in qualche modo anche la seconda e la terza Persona divina. Usualmente si legge: “Per Nostro Signore Gesù Cristo, Tuo Figlio, Che vive e regna con Te nell’unità dello Spirito Santo, Dio nei secoli dei secoli”; così terminano le Collette, e così si elevano ad una maestosa lode della Santissima Trinità.

Quanto sono solenni, grandiose, stupende queste parole conclusive! Con che coraggio e fiducia, con quanta consolazione e sentimento di vittoria ci debbono riempire l’animo! La Chiesa prega con viva fede nel ruolo mediatore di Gesù e con ferma fiducia nei Suoi meriti: Cristo coi Suoi meriti ci ha ottenuto tutte le grazie, e perciò anche l’ascolto delle nostre preghiere. Per amor di Cristo veniamo perdonati e benedetti da Dio.

Quando il Padre volge lo sguardo al viso del Suo Unto, in cui Egli ha il Suo eterno compiacimento, allora ascolta tutte le preghiere con benevolenza “per Cristo e per amor di Cristo” e fa scendere su di noi le Sue misericordie, la pienezza delle benedizioni. Noi confidiamo, fondiamo le nostre preghiere sulla potenza e bontà, sui meriti e sulla misericordia del nostro Capo e Sommo Sacerdote Gesù Cristo, Che “vive e regna”.

Il Signore della vita morì”, così canta la Chiesa nella sequenza di Pasqua, per questo “Egli vive ed impera”. Gesù è il buon Pastore Che ha dato la Sua vita per le Sue pecore, ed è veramente risorto: “era morto ed ora vive in eterno” (Ap. 1,18). Cristo vive nella luce della trasfigurazione celeste; in Cielo Egli ha “un sacerdozio che non termina mai; e quindi ha il potere di salvare in modo assoluto coloro che si accostano a Dio per mezzo di Lui che è sempre vivo per intercedere in nostro favore” (Ebr. 7,24- 25). Cristo è “l’eterno Vivente”, Egli è il “Figlio del Dio vivo”, “Egli ha la vita in sé stesso” ed è “la perenne fonte della vita” per ogni creatura. Ogni vita di grazia e di verità sgorga da Cristo, “la pietra angolare” viva della Santa Chiesa. Cristo non “vive” solamente, ma anche “governa”, e ciò come “beato e unico sovrano”, come “Re dei re e Signore dei dominatori” (Tim. 6,15).

Gli è stato dato ogni potere in Cielo e in terra: Egli detiene tutto il potere di condurre gli uomini nel Regno della Sua grazia e della Sua gloria. Il giorno della Sua Ascensione il Padre Gli ha detto: “Siedi alla Mia destra affinché Io ponga i Tuoi nemici come sgabello ai Tuoi piedi. Domina in mezzo ai Tuoi nemici” (Sal. 109,1-2). Dopo aver bevuto nel fiume della Passione e dell’umiliazione, Cristo ha alzato il Suo capo ed ora possiede nella gloria della vittoria, il trono e il regno dell’eternità; “regna” come Re per graziare e beatificare i Suoi; ma i nemici della Chiesa “li governerai con verga di ferro e come vasi di creta li stritolerai” (Sal. 2,9). La grandezza del Signore ci garantisce la spaventosità dei Suoi castighi, ma anche la ricchezza della Sua bontà e la pienezza delle Sue grazie. Perciò, ogniqualvolta rivolgiamo le preghiere al “Padre della misericordia” e al “Dio di tutte le consolazioni” (2Cor. 1,3) e concludiamo con la sublime espressione della nostra formula, ricordiamoci dell’infinita potenza, dell’eterna sovranità e gloria di Cristo, che Egli possiede con il Padre e con lo Spirito Santo: e questo pensiero, quanto è appropriato a sollevarci e a consolarci, a fortificarci e incoraggiarci; ma anche a colmarci di umiltà e timore.

Il regno di Cristo è il regno di tutti i secoli e il Suo dominio si estende su tutte le età” (Sal. 144,13). Gesù è anche re dei cuori: possa il Suo regno – il regno della grazia e dell’amore – essere in noi ogni giorno più fortificato! Con l’amore più intimo e con tutto il sacrificio vogliamo offrirci a Gesù e rimanere con Lui; Egli è veramente degno di essere infinitamente amato. Viva e regni Gesù nei nostri cuori! L’Amen, che il chierichetto pronuncia a nome del popolo al termine della Colletta, vuol significare che le richieste fatte possano essere esaudite e realizzate: “Così sia!” Questa parola veniva usata già nell’Antico Testamento, soprattutto nelle liturgie veterotestamentarie.

A motivo della sua antica origine e della sua solennità, ma anche perché fu spesso pronunciato da Cristo, l’Amen irradia una venerabilità tale che la Chiesa lo adottò nella sua liturgia senza tradurlo. “Con tanta frequenza questa parola fu nella bocca del Redentore che allo Spirito Santo piacque mantenerla nella Chiesa di Dio”. Nel Nuovo Testamento il Signore lo usa volentieri nelle Sue parabole, proprio all’inizio di una frase per suscitare l’attenzione dei presenti, per sottolineare seriamente e con forza un pensiero. Alla fine di preghiere, benedizioni, confessioni di fede, dossologie e inni esso ha un senso di intimo desiderio e bisogno (= fiat, “così sia”), è inoltre formula di solenne approvazione, asserzione e conferma (= verum est, “così è”). Questo è il suo significato nella liturgia, e a questo significato corrisponde anche la serietà con cui viene cantato nel corale alla fine del Gloria e del Credo.

L’Amen è perciò la ripetizione e l’affermazione delle preghiere appena pronunciate: esso è l’espressione dell’ardente desiderio e della fiduciosa speranza di venir esauditi da Dio. È come se il popolo, nel rispondere “Amen”, volesse – per così dire – sigillare con ancora maggior forza ciò che il sacerdote, a nome di tutti, aveva deposto ai piedi del trono di Dio; intende cioè dire: “possa avvenire come tu hai appena pregato”. Cerchiamo, dunque, di pronunciare questa parola corta, ma venerabile e piena di significato con vera comprensione, interiorità e cordialità come gli Angeli nel Cielo! (Ap. 7,12).

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