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Breve storia dei razzisti dell’antirazzismo

SVelata02 Marzo 2021
Testo dell'audio
La scrittrice olandese Marieke Lucas Rijneveld si è dimessa dall’incarico di tradurre il lavoro di Amanda Gorman – la ragazzina dal cappottino giallo diventata famosa in tutto il mondo, da un giorno all’altro, dopo aver declamato dei versi che in realtà sono un discorso politico, il  nuovo modello per piccoli e grandi in ogni ambito.
Talmente famosa che adesso i suoi versi sono tradotti in tutto il mondo.  E doveva essere tradotta anche in Olanda. Ma i razzisti dell’antirazzismo non ci stanno: un’autrice bianca, bionda e specificatamente occidentale non può osare tradurre una donna di colore. E così le polemiche l’hanno costretta a rivedere tutto e a stracciare un contratto di lavoro. Se non è discriminazione questa, cos’è?

Rijneveld, che ha vinto l’International Booker Prize nel 2020 con il loro romanzo The Discomfort of Evening , ha condiviso la sua decisione venerdì.
Gorman ha letto “The Hill We Climb” durante l’inaugurazione presidenziale di Joe Biden a gennaio. Rijneveld doveva tradurre sia “The Hill We Climb” sia la prima raccolta di poesie di Gorman, con ciascuna traduzione rilasciata rispettivamente il 30 marzo e il 21 agosto.
Ma la Marieke Lucas Rijneveld è troppo bianca per tradurre la poeta afroamericana Amanda Gorman.

La polemica è impazzata con violenza. E lei, venerdì, ha annunciato la marcia indietro su Twitter: «Sono scioccata dal clamore causato dal mio coinvolgimento nella divulgazione del messaggio di Amanda Gorman e capisco le persone che si sono sentite ferite dalla scelta dell’editore Meulenhoff».
Il ragionamento per gli “antirazzisti” è “semplice”: Gorman parla di come migliorare una società razzista da una prospettiva afroamericana, Rijneveld è troppo bianca per capirlo. Per esempio, quando ha annunciato che avrebbe lavorato per la versione olandese di «The Hill We Climb», l’olandese ha detto: «In un momento di crescente polarizzazione, Amanda Gorman […] mostra il potere della riconciliazione». Secondo i critici il termine «polarizzazione» sarebbe fuorviante perché indicherebbe che i neri si arroccano.
La polemica è  nata in qualche modo da Janice Deul, attivista e giornalista, di origine Surinamese, che sostiene la diversità nel mondo della moda, dei media e del settore creativo/culturale, che l’ha portata sulla stampa. In un commento sul quotidiano olandese de Volkskrant aveva scritto: «Senza nulla togliere alle qualità di Rijneveld perché non scegliere una scrittrice che è – proprio come Gorman – famosa, giovane, donna e impenitentemente nera?».

La casa editrice Meulenhoff si era difesa dicendo che l’editore aveva anche assicurato che un gruppo di lettori avrebbe testato la traduzione per valutare se contenesse un linguaggio offensivo, stereotipi o altre false dichiarazioni. Ma neanche questo tentativo di censura è  bastato.

Ma nessuno di quelli che abitualmente vedono il razzismo in ogni angolo oggi alzerà la sua voce per difendere la giovane poetessa bianca discriminata.
Cortocircuito logico. C’è una guerra epocale da combattere. Una guerra che ha come campo di battaglia la cosa più preziosa che abbiamo: le parole. Cosa ci differenzia dagli animali? Non “solo”, certo, ma soprattutto la parola. Pensiamoci bene ogni volta che usiamo il termine “razzismo” o “discriminazione”. Non possiamo lasciare che questi seminatori di discordia si autoproclamino proprietari esclusivi di ogni parola. La realtà va difesa.

E soprattutto non possiamo accettare che qualsiasi critica ai progressisti diventi una insopportabile forma di razzismo.
Da Facebook