Beato Francesco Faà di Bruno: «La scienza vera porta a Dio»

Beatificato da papa Giovanni Paolo II il 25 settembre 1988, Francesco Faà di Bruno lascia un vero e proprio patrimonio scientifico e spirituale, sorto in una ottocentesca Torino, divisa fra le travolgenti e plurimi testimonianze di santità e le violente forze liberal-massoniche che portarono 160 anni fa all’Unità d’Italia, dimostrando al mondo intero che la scienza si può unire felicemente alla fede.
Il 27 marzo ricorrono 133 anni dal dies natalis del beato Francesco Faà di Bruno, del quale la Chiesa fa memoria proprio in questo giorno. Nato ad Alessandria il 29 marzo 1825, morì a Torino il 27 marzo 1888, poche settimane dopo la scomparsa di san Giovanni Bosco, che aveva servito tante volte devotamente all’altare. Ufficiale dell’esercito regio sabaudo, matematico, scienziato, inventore e sacerdote, egli ha servito lo scibile umano e Santa Madre Chiesa allo stesso tempo.
Dodicesimo e ultimo figlio di Lodovico Faà di Bruno, marchese di Bruno, dopo aver frequentato l’Accademia militare fu nominato ufficiale, distinguendosi negli studi geografici e nella cartografia. Nel 1848-1849 partecipò alla prima guerra di Indipendenza italiana, quando venne decorato e promosso Capitano di Stato Maggiore. Combatté a Peschiera ed effettuò rilievi topografici del territorio lombardo, realizzando la «Gran carta del Mincio», utilizzata durante la seconda guerra di Indipendenza (1859).
Nel 1857 iniziò ad insegnare all’Università di Torino Matematica e Astronomia, affiancando anche le docenze all’Accademia Militare e al Liceo. A causa del violento attacco dello Stato italiano anticlericale nei confronti della Chiesa, non fu mai, lui, uomo di pubblica fede, nominato professore ordinario. Pubblicò importanti studi sulle teorie dell’eliminazione e degli invarianti e sulle funzioni ellittiche; autore, quindi, internazionalmente affermato di trattati e memorie, nel 1859 diede alle stampe a Parigi la Théorie générale de l’élimination, in cui venne esposta la formula che prenderà il suo nome e la sua fama in campo matematico crebbe con il trattato sulla teoria delle forme binarie. Collaborò a riviste scientifiche, pubblicò testi scolastici adottati anche all’estero, raccolte di musica da egli stesso composte e di altri autori, manuali di devozione e liturgico-musicali, opuscoli ascetici, agiografici, morali. L’ampiezza della sua cultura si avverte pure dal suo interesse per le lingue; oltre l’italiano parlava correntemente il francese, l’inglese e il tedesco e iniziò lo studio del russo e del cinese.
Da laico fondò nel 1859 l’Opera di Santa Zita per le donne di servizio ed altre opere di assistenza sociale ed educativa. Annessi a tale Opera vi erano l’Emporio Cattolico, una tipografia, una lavanderia a vapore. Inoltre, promosse la costruzione di bagni pubblici, l’apertura di cucine economiche e costituì in Torino una prima Biblioteca Mutua Circolante come strumento di formazione e di informazione per alimentare, variare e moltiplicare la lettura e la diffusione di libri religiosi e scientifici con modica spesa. La biblioteca, quindi, comprendeva volumi di formazione spirituale, offrendo anche testi scientifici, proprio per quella convinzione tutta sua che «la scienza vera porta a Dio».
La biblioteca, estesa a tutta Italia venne molto apprezzata da papa Leone XIII che nel 1879 la benedisse. Si interessò anche di ingegneria, inventando diverse strumentazioni per la ricerca scientifica: nel 1856, per la cecità di sua sorella Maria Luigia, progettò e brevettò uno scrittoio per ciechi, premiato con medaglia d’argento all’Esposizione nazionale dei prodotti dell’industria nel 1858. Vent’anni dopo, avvertendo la necessità di scandire il tempo della giornata, brevettò uno svegliarino elettrico e progettò un barometro a mercurio oltre a mettere in atto altre ideazioni scientifiche e tecniche. Ardito fu il suo capolavoro ingegneristico-architettonico: progettò e realizzò il campanile stretto e altissimo (oltre 80 metri) della chiesa di Nostra Signora del Suffragio, da lui voluta in borgo San Donato, a Torino, considerato un vero e proprio miracolo di fisica statica.
Subentrata la chiamata vocazionale, a 51 anni, il 22 ottobre 1876, fu ordinato sacerdote a Roma, per intervento diretto del beato Pio IX e compì un intenso ministero sacerdotale. Istituì nel capoluogo subalpino una Casa per accogliere le ragazze madri, su richiesta del Pontefice stesso e un Collegio professionale con ritiri estivi a Benevello d’Alba.
Diede avvio ufficiale alla Congregazione della Suore Minime di Nostra Signora del Suffragio il 16 luglio del 1881, cui lasciò in eredità di alimentare in perpetuo la preghiera per i defunti, le anime del Purgatorio e l’impegno di continuare le opere socio-educativo-assistenziali, soprattutto a favore della donna, da lui iniziate e che attualmente si svolgono in Italia, Romania, Argentina, Colombia e Congo.
Scomparso alla terra a 63 anni di età, le sue spoglie dal 1925 riposano nella chiesa da lui fondata.
Spigolando nello splendido Epistolario (1838-1888) del beato Francesco Faà di Bruno, stampato in due volumi dalla Casa Editrice Studi Piemontesi, a cura di Carla Gallinaro, troviamo una lettera indirizzata a suor Beatrice Migliassi, datata 11 dicembre 1886, dove egli dimostra le sue doti di Direttore spirituale delle Suore Minime di Nostra Signora del Suffragio, fra l’altro scrive:
«Guarda […] di servir di tipo, di modello a tutte nella pietà, nello zelo, nel lavoro. Divota in chiesa, sorvegliante in tutto e per tutto in casa, laboriosa e diligente insieme alle altre per quanto si può nei laboratori. Soffri con pazienza tutte le avversità; è l’unico mezzo che abbiamo di guadagnar qualche cosa presso Dio. Dedicale al tuo Gesù, ed Egli ti farà più volentieri sua sposa nei gaudii eterni dopo esserle stata sposa nei dolori.
Conservami e perfezionami quelle postulanti come la pupilla de’ tuoi occhi. Se faremo delle buone postulanti, faremo delle buone Suiore; e quando avremo un bel nucleo di Suore, tutto andrà a gonfie vele. Bisogna lavorare ora in principio per poi riposarsi dopo. Perciò sii loro da madre affettuosa; da prudente consigliera. Fatti ora vedere loro superiora, ora amica; sicché ti abbiano confidenza e nel mentre rispetto […]».