Ascoltare le campane

Qualche giorno fa, sul mio blog in lingua inglese chiamato Altare Dei, ho pubblicato un bell’articolo di Mario Iannaccone che aveva come oggetto le campane. Parlava della mancanza delle campane che ci richiamano ai nostri doveri spirituali ma anche a quelli sociali. Questo mi ha fatto venire in mente Clemente Rebora, grande poeta che si fece sacerdote nella congregazione di Antonio Rosmini. Ho visitato varie volte la sua cameretta nella casa di Rovereto, quello che era il palazzo della famiglia di Antonio Rosmini poi trasformato nel convento dei padri Rosminiani. Sono stato ospite lì alcune volte e ricordo sempre di aver chiesto di poter visitare la cameretta che occupava il grande poeta, Clemente Rebora. Questo poeta è famoso soprattutto per una poesia dal nome “Dall’immagine tesa”. Ma c’è un’altra poesia che parla delle campane della sua Lombardia. Eccola:
“Campana di Lombardia,
voce tua, voce mia,
voce voce che va via
e non dài malinconia.
Io non so che cosa sia,
se tacendo o risonando
vien fiducia verso l’alto
di guarir l’intimo pianto,
se nel petto è melodia
che domanda e che risponde,
se in pannocchie di armonia
risplendendo si trasfonde
cuore a cuore, voce a voce
Voce, voce che vai via
e non dài malinconia”.
Questa poesia si chiama “Campana di Lombardia”. Come questa poesia ci fa pensare alla situazione in questo momento in Lombardia, alle tragedie che si vivono a Bergamo, dove tanti sacerdoti si sono ammalati di coronavirus e sono anche deceduti di o con questa malattia. Non è utile chiedersi come mai tanti sacerdoti si siano ammalati, perché il motivo è abbastanza evidente. L’età media dei sacerdoti oggi in Italia è molto alta e noi sappiamo come il coronavirus colpisca proprio le persone di età più avanzata in modo più severo. Poi certamente i sacerdoti, per il proprio apostolato, sono più esposti al contatto con altre persone.
Tornando alla poesia di Rebora, dobbiamo dire che a noi il suono delle campane, la memoria di questo suono, invece oggi dà malinconia, noi che siamo intrappolati in un evento storico che sentiamo come troppo più grande di noi.