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Armenia, la questione infinita

Arte e Cultura09 Luglio 2020
Testo dell'audio

Il 24 aprile ricorre l’anniversario del genocidio armeno. Si ricorda inoltre la travagliata vicenda della legge che intendeva punire chi nega un genocidio riconosciuto dallo Stato francese, approvata a maggioranza dall’assemblea e dal senato, ma dichiarata anticostituzionale dalla Consulta d’oltralpe, in seguito al ricorso presentato da diversi parlamentari.

Il punto focale è che la legge non faceva riferimento esplicito al genocidio degli armeni, ma a qualsiasi genocidio riconosciuto dal governo francese, inclusa la Shoah. Naturalmente le decisioni della Corte Costituzionale meritano tutto il rispetto poiché garantiscono le libertà fondamentali. Dal punto di vista del diritto, ci viene il dubbio quando si afferma che il riconoscimento di un genocidio è privo di “portata normativa” in quanto ci induce a ritenere che non si tratti di una legge vera e propria.

Certamente il tema del genocidio degli armeni, iniziato per verità storica alla fine dell’Ottocento, costituirà nuovamente motivo di dibattito sia in Francia che altrove. Ogni qualvolta si affronta questo tema ci si chiede se si tratti di un problema che sia di competenza degli storici, dei politici o dei giuristi. Dal nostro punto di vista credo siano importanti tutti gli aspetti della questione, tenendo in considerazione l’attuale scenario politico internazionale che determina purtroppo prese di posizione dettate esclusivamente da interessi economico-politici.

Tuttavia la realtà storica che viene a delinearsi con l’apertura nel corso degli anni degli archivi dei vari paesi, dimostra in maniera chiara ed esaustiva le vicende di un popolo che attende da più di novant’anni giustizia. In che modo potremmo domandare ad un superstite dei campi di concentramento nazisti, di costituire una commissione storica per verificare se effettivamente vi fossero dei lager? Tale ipotesi insulterebbe non solo la memoria degli ebrei ma di tutta l’umanità.

Anche da questo punto di vista, l’apertura degli archivi ha permesso un’analisi approfondita degli eventi trascorsi e di recente grazie all’apertura degli archivi vaticani uno studioso polacco, Marko Jacov, ha ricostruito con particolare precisione la tragedia del popolo armeno, sottolineando l’importanza ricoperta dal Vaticano nello spronare le nazioni europee occidentali a intervenire in Anatolia.

Dalle carte emergono con evidenza non solo le aberranti disposizioni del Sultano che disponeva dei curdi come esercito non regolare, ma anche del ruolo passivo delle potenze europee interessate maggiormente a occupare una posizione strategica in Asia Minore che esercitare un ruolo di garante, o come siamo soliti affermare oggi, di “esportatori” della democrazia.

Se il filo rosso della memoria si strappasse, altri olocausti, altre pulizie etniche, altri stermini avranno libera cittadinanza e giustificazione, magari nel nome di una presunta libertà di espressione che vale nei paesi veramente liberi ma non in Turchia dove centinaia di giornalisti sono incarcerati per il semplice fatto di aver espresso una opinione diversa dalla verità imposta dallo Stato.

 

Questo testo di Varoujan Aharonian è tratto da Radici Cristiane. Visita radicicristiane.it

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