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Acquapendente: un gioiello medioevale

Tesori d'Italia19 Dicembre 2020
Testo dell'audio

Incastonato tra colli e valli dell’alta Tuscia laziale, sorge un piccolo gioiello medievale: Acquapendente. Le prime tracce di un centro abitato sembrano risalire ad epoca etrusca, ma i più antichi documenti scritti sono del IX secolo: Arisa, il nome del piccolo borgo a quei tempi, era situato sulla via Francigena, percorsa continuamente da pellegrini e commercianti in viaggio verso Roma. Nel X secolo, l’imperatore Ottone I, in alcuni documenti, cita Acquapendente come un piccolo borgo che ritroviamo, un secolo dopo, tra il 1077 e il 1080, donato a papa Gregorio VII dalla contessa Matilde di Canossa, il cui vasto feudo dall’Emilia, passando per la Toscana, comprendeva tutti i territori dell’alto Lazio fino al lago di Bolsena compreso.

Non appena eletto imperatore nel 1155, Federico Barbarossa si impossessò della cittadina di Acquapendente, punto strategico per la sua posizione, e fece costruire una fortezza che dominava la città. Poco durò l’occupazione della cittadina da parte del Barbarossa, perché gli abitanti, restii ad una dominazione che, in quanto sudditi del Papa, non riconoscevano, si ribellarono nel 1166 e rasero al suolo il castello, di cui oggi rimane solo una torre. Secondo la tradizione, l’avallo all’insurrezione venne dato dalla Madonna stessa che il 15 maggio di quell’anno, vista l’incertezza degli abitanti sul da farsi, li confermò nel loro intento, facendo fiorire davanti a due contadini un ciliegio completamente secco. Raggiunto dalla notizia del miracolo, papa Alessandro III incoraggiò i cittadini di Acquapendente e inviò truppe pontificie per sostenerli. Ancora oggi, il 15 di maggio, si festeggia ogni anno l’anniversario del miracolo e della successiva vittoria con la festa dei “Pugnaloni”, durante la quale la statua della Madonna, intagliata nel legno del tronco di ciliegio che fiorì miracolosamente, viene portata in processione per l’intero paese.

Per chi entra dal nord, lungo l’antico cammino della via Francigena, si passa attraverso la porta della Ripa, ai piedi di un’antica fortezza fatta costruire nel XIII secolo per respingere i continui assedi provenienti dalle città di Orvieto e Siena. Questa fortezza, nel 1333, diventò un monastero contemplativo di Clarisse, tutt’ora esistente e dedicato a santa Chiara.

Entrando dalla porta a Ripa e percorrendo la via principale che attraversa tutto il borgo, si trova subito sulla sinistra il bellissimo complesso dedicato a san Francesco con una grande chiesa del XII secolo, un campanile a tre livelli degli inizi del 1500, un ampio convento e chiostro che ospitarono per secoli una comunità di frati minori. La chiesa ebbe sempre un ruolo importante nella vita della piccola cittadina, perché in essa venivano elette le cariche pubbliche quali i Priori e i Gonfalonieri. Il convento, come spesso succede oggi, è stato abbandonato dai frati e ceduto al Comune, che lo ha trasformato, insieme al chiostro, in zona espositiva. Varie opere d’arte sono ancora custodite tra la chiesa e la sacrestia, ma forse quelle che colpiscono di più sono le statue dei dodici Apostoli, lungo le pareti laterali, e quelle di san Giuseppe e di san Giovanni Battista, che incorniciano il presbiterio.

Non è tanto per la fama dello scultore, Giovanni Bulgarini da Piancastagnaio (tra il 1751 e il 1752), non particolarmente conosciuto, quanto per la loro imponenza e armonia in tutto il complesso. Ogni coppia di apostoli vegliava su di un altare, lungo l’abside, così da averne tre da un lato e tre dall’altro: su ogni altare una statua, un dipinto, un Crocifisso per la venerazione dei fedeli. Purtroppo oggi questi sei altari non esistono più perché la furia iconoclasta del post-Concilio li ha distrutti. Rimangono le pale, rimangono gli Apostoli, ma defraudati dell’intento con il quale erano stati realizzati: essere spettatori, vigili custodi del Santo Sacrificio della Messa che si celebrava su quegli altari e che ogni volta rinnova quanto si compì sul Calvario, sacrificio supremo del nostro Redentore al quale vari Apostoli personalmente assistettero.

Varie altre chiese e conventi sorgono nella piccola cittadina: la più grande è la concattedrale del Santo Sepolcro, dell’anno 1000 circa, che ospita la prima riproduzione del Sepolcro di Nostro Signore a Gerusalemme; la chiesa di Santa Vittoria, la più antica perché già nominata nei documenti del IX secolo e la più importante fino all’erezione della concattedrale nel 1649; la chiesa di Santa Caterina e la chiesa di Sant’Agostino con annesso convento (espropriato con un decreto della Repubblica Romana nel 1798 e oggi adibito a scuola elementare e uffici pubblici); la chiesa di San Giovanni risalente al 1149 con il convento, che domina tutta la città, fatto costruire da Ascanio Sforza nel 1535, divenuto il seminario della diocesi nel 1818 e attualmente adibito a casa di riposo per anziani; la chiesa di San Lorenzo e quella di Santo Stefano, nella piazza principale di Acquapendente.

 

Questo testo di Maddalena della Somaglia è tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it

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