XXIV domenica dopo Pentecoste

Egli ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto
Eccoci di nuovo alla fine dell’anno liturgico, e la Chiesa ci ripropone il grande vangelo della fine dei tempi: sia la distruzione del tempio, sia ciò che quella distruzione simboleggiava nel piano di Dio, cioè la fine del mondo. Gli apostoli avevano unito entrambi gli eventi quando chiesero a Nostro Signore della venuta del regno di Dio, e nella Sua risposta, di cui abbiamo sentito una parte, Egli fa lo stesso, cioè permette che la prima cosa, la distruzione del tempio e dei suoi riti, rappresenti l’altra, la fine del mondo e la fine dei riti del Nuovo Testamento. Perché quando Nostro Signore ritornerà, tutti i nostri sacramenti, e anche la santa Messa, tramonteranno.
Quanto deve essere stato difficile per i quattro apostoli, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea, immaginare pienamente ciò che Cristo aveva predetto loro riguardo alla distruzione del tempio. Il tempio era il cuore della loro religione. A parte il tempo di una generazione, nel VI secolo a. C., nel tempio di Gerusalemme si svolgevano sacrifici ogni giorno, sin dal regno del re Salomone. Ogni anno centinaia di migliaia – alcune autorità dicono addirittura milioni – di pellegrini Ebrei andavano a Gerusalemme da tutte le parti del mondo conosciuto, per adorare il Signore e celebrare le feste del loro popolo. La bellezza del tempio e l’oro con cui brillavano le sue mura ne fecero una delle meraviglie del mondo. Agli apostoli tutto ciò doveva sembrare molto stabile. Ma ora Cristo dice loro che entro una generazione, quarant’anni, il mondo come lo conoscevano sarebbe crollato. Il tempio sarebbe stato prima profanato e poi distrutto, senza lasciare pietra su pietra, e gli Ebrei rimasti a Gerusalemme massacrati o condotti in cattività. E così avvenne, nell’anno 70. Quel mondo finì, e non è più tornato; quello che oggi si chiama ebraismo non è la stessa religione, così come la buccia di un frutto non è la stessa cosa del frutto.
Proprio come i quattro apostoli potevano solo con grande difficoltà immaginare il futuro predetto da Cristo, è probabilmente difficile per noi immaginare che il mondo come lo conosciamo un giorno finirà. Questo mondo ci sembra forse abbastanza stabile, con le sue città, le sue istituzioni, la sua tecnologia, i suoi aeroporti ed eserciti; ma tutto è destinato a finire. Cosa dice san Pietro nella sua seconda epistola? Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli con fragore passeranno, gli elementi consumati dal calore si dissolveranno e la terra con quanto c’è in essa sarà distrutta.
È un pensiero allarmante? Siamo destinati, piuttosto, a trovarlo incoraggiante. Quando vedete che tutte queste cose iniziano ad accadere, Nostro Signore ci dice nel Vangelo, alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina. Dopotutto, perché dovremmo volere che il mondo come lo conosciamo continui per sempre, questo luogo dove i diritti di Dio sono così generalmente ignorati, dove le persone invecchiano e si ammalano, e dove ci sono così tante cose che portano gli uomini al peccato, non solo cose nella vita secolare, ma anche nel luogo santo, gli scandali nella stessa Chiesa? E così, quando vediamo che i segni cominciano ad adempiersi, per esempio se vediamo che il Vangelo è stato predicato a tutte le nazioni e che molte nazioni cattoliche si sono allontanate completamente dalla fede, possiamo alzare la testa ed essere contenti, non lieti per i peccati del mondo, ma lieti al pensiero che il tempo dell’esilio della Chiesa sta per finire.
La posizione dei cristiani nel mondo, infatti, è inevitabilmente una posizione intermedia piuttosto strana. Con il nostro battesimo siamo già stati tolti dal mondo in quanto esso è destinato alla distruzione; come dice oggi san Paolo, siamo stati liberati dal potere delle tenebre e trasferiti nel regno del suo Figlio diletto. Questo regno di Dio, al quale apparteniamo, è già venuto, ed è venuto con potenza: ciò accadde alle tre del pomeriggio del primo Venerdì Santo, quando il potere del nemico fu spezzato per sempre e fu aperta la via del cielo. Da allora, la storia del mondo, per quanto lunga, è solo una sorta di lunga operazione di pulizia. Potrebbero esserci ancora alcune feroci schermaglie qua e là, ma il risultato finale non è in dubbio.
Quindi noi cristiani apparteniamo già alla parte vittoriosa, ma siamo ancora in attesa che la vittoria si manifesti pienamente, cosa che avverrà nel giorno in cui Cristo tornerà. E finché ciò non accadrà, ciò che ci viene chiesto di fare è soprattutto di sopportare, di essere fedeli. Per i fedeli questo mondo è un po’ come la sala d’aspetto di una stazione ferroviaria. Siamo come persone che hanno i loro biglietti e aspettano che arrivi il treno; con il battesimo ci è stato dato il diritto di lasciare questo mondo, ma non siamo ancora a casa con il Signore. Sapete che le persone che aspettano in una stazione ferroviaria spesso guardano l’orologio e allungano il collo per guardare lungo la linea, ma niente di quello che fanno può far arrivare il treno più velocemente; tutto ciò che possono fare è aspettare pazientemente ed essere pronte a salire su di esso quando arriva. Così è anche per noi: il Padre ha predestinato un giorno che sarà l’ultimo di tutti. Ma non ci ha rivelato quale giorno sarà. Nemmeno gli angeli lo sanno. Inoltre, Dio Padre lo ha messo in suo potere; non possiamo farlo venire prima. Quindi non abbiamo altra alternativa che aspettare con pazienza.
E così, quando san Pietro ricorda che il giorno del Signore verrà come un ladro e che ogni cosa sulla terra sarà bruciata, prosegue dicendo: «Perciò, carissimi, nell’attesa di questi eventi, cercate d’essere senza macchia e irreprensibili davanti a Dio, in pace». È segno di santità saper coniugare queste due cose: la viva consapevolezza che il Signore verrà a giudicare il mondo con il fuoco e con la pace. Forse conoscete la storia di St John Fisher, che era stato tenuto nella Torre di Londra per mesi, sapendo che un giorno sarebbe stato decapitato, ma non sapeva quando quel giorno sarebbe arrivato. Infine, un giorno di giugno, molto presto, fu svegliato dalla sua guardia, la quale gli disse che quello era il giorno della sua esecuzione. St John Fisher chiese alla guardia che ore erano e quanto ancora doveva vivere, e quando seppe che era ancora mattina presto, disse alla guardia che non aveva dormito bene la notte precedente, poi si girò nel letto e tornò a dormire. Il suo cuore era già unito a Cristo e quindi era in pace. Anche per noi, più siamo liberi dal peccato, più saremo in pace, e così saremo pronti per l’ultimo giorno, che sia l’ultimo giorno del mondo o della nostra vita.