XXIII Domenica dopo Pentecoste

Quand’ecco una donna, che da dodici anni pativa una perdita di sangue, Gli si accostò da dietro,
e toccò il lembo della Sua veste
Il miracolo mediante il quale Nostro Signore guarisce la donna che soffriva da dodici anni per un flusso di sangue è menzionato in ciascuno dei primi tre Vangeli. La Chiesa, in questa domenica, offre alla nostra attenzione il racconto dell’evento narrato da san Matteo, ma possiamo completarlo con quello riportato da san Marco e da san Luca, che espongono entrambi la storia in modo leggermente più completo. Da san Marco apprendiamo che questa donna aveva speso tutto ciò che possedeva per essere guarita dai medici, i quali non erano stati in grado di curarla, dal momento che in realtà peggiorava sempre di più. San Luca era lui stesso un medico, e forse per una certa omertà verso la propria professione non accenna a questo dettaglio! Tuttavia, come san Marco, menziona un fatto che a prima vista sembra alquanto strano, e cioè che dopo che il miracolo era già avvenuto, Nostro Signore chiese chi Lo avesse toccato e Si guardò intorno per scoprire chi Egli aveva guarito.
Cosa possiamo dire di questa donna? Sembra che fosse di carattere timido. Non osa cercare di incontrare Gesù, ma desidera solo toccare il Suo mantello. La sua timidezza è visibile anche dal suo atteggiamento dopo il miracolo. San Marco ci dice – ed era senza dubbio una testimonianza oculare che aveva ricevuto da san Pietro – che quando Cristo chiese: “Chi mi ha toccato?”, la donna si fece avanti “timorosa e tremante” e si gettò ai Suoi piedi.
Tuttavia, sebbene fosse forse timida, aveva anche fede, una fede semplice e pratica. Sapeva che bastava toccare il Suo mantello. Questa donna, quindi, crede sicuramente, almeno in modo implicito, nella divinità di Cristo. E la sua fede è ricompensata da un miracolo che manifesta la divinità di Nostro Signore in un modo singolare e meraviglioso. Egli la guarisce, per quanto possiamo giudicare dal Vangelo, in un modo unico: senza l’intervento della Sua volontà umana. Per guarirla agisce la volontà divina di Cristo, quella volontà che Egli ha in comune con il Padre e con lo Spirito Santo, ma non sembra che la Sua volontà umana abbia cooperato alla decisione di compiere questo miracolo. Ma, naturalmente, la Sua volontà umana non rifiuta il miracolo. Nostro Signore, per quanto possiamo giudicare dal Vangelo, sembra acconsentire al miracolo mediante la Sua volontà umana dopo che esso è avvenuto. Questo miracolo, quindi, manifesta la Sua divinità; ed è, per inciso, anche una chiara prova di una dottrina che costò alla Chiesa molti problemi contro potenti eretici nel VII secolo, vale a dire, la dottrina delle due volontà di Gesù Cristo.
La donna che fu guarita dalla sua emorragia, che aveva avuto paura di andare incontro a Cristo di persona e di parlare con Lui faccia a faccia, non ebbe paura di mostrare la sua gratitudine per ciò che Egli aveva fatto per lei. Secondo una tradizione molto antica, questa donna viveva nella città di Cesarea di Filippo, e in quella città fece fare una statua che rappresentava il suo incontro con Nostro Signore: la statua la mostrava inginocchiata ai Suoi piedi mentre Gesù stendeva la mano su di lei in segno di benedizione. Lo storico Eusebio, nato intorno all’anno 270 e Vescovo in Palestina, ci racconta, nella sua Storia ecclesiastica, che egli stesso vide la statua e che, secondo la tradizione della città, era appunto questa donna che l’aveva fatta fare (libro 7, capitolo 18). Probabilmente è stata la prima statua di Gesù Cristo.
Che dire, ora, del significato allegorico di questo miracolo? È operato nel mezzo di un altro, la resurrezione della figlia di Giairo. Il capo della sinagoga aveva supplicato il Signore di risuscitare la propria figlia, ma mentre Cristo era ancora in cammino, la donna con l’emorragia aveva interrotto il Suo viaggio e, per così dire, fu guarita per prima, mentre la giovane che apparteneva alla sinagoga giaceva ancora morta o dormiva. Solo dopo Gesù riprende il Suo viaggio e risuscita la giovane, con grande gioia di suo padre.
I Padri della Chiesa vedono in tutto questo un mistero. Cristo, come dice san Paolo ai Romani, è venuto nel mondo per essere il servitore dei circoncisi (Rm 15,8), cioè dei Giudei. Inoltre, prima della Sua Passione, Egli disse ai discepoli: Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani. È venuto per risuscitare la figlia d’Israele, cioè coloro che appartenevano alla sinagoga, specialmente quelli tra loro che avevano rinunciato alla Legge ed erano in stato di peccato mortale, morti alla vita dell’anima. Tuttavia, l’opera di Cristo di guarire gli Ebrei fu, per parlare in modo umano, interrotta: i capi dei sacerdoti la fermarono, gridando: Non abbiamo altro re all’infuori di Cesare; e dopo la Sua Resurrezione, il sommo sacerdote inviò documenti ufficiali agli Ebrei fuori dalla Palestina, avvertendoli di non avere nulla a che fare con la predicazione del Vangelo (At 9,2). Quindi, mentre gli Ebrei nel loro insieme non si convertirono, furono i Gentili che incontrarono il Signore e furono guariti. Non videro il Suo volto, poiché era già asceso al Cielo, proprio come la donna con l’emorragia che non vide il Suo volto quando Egli la guarì. Ad essi bastò toccare la frangia del Suo mantello, cioè la predicazione e i sacramenti della Sua Chiesa. Siete stati lavati, dice san Paolo ai Corinzi, siete stati santificati, siete stati giustificati.
Anche gli anni corrispondono. La donna soffriva della sua infermità, dice san Matteo, da dodici anni. E san Marco ci dice che la figlia di Giairo aveva dodici anni. Era nata, quindi, proprio nel momento in cui la donna aveva iniziato a perdere le forze. E questo corrisponde al mistero degli Ebrei e dei pagani: sant’Agostino insegna che Dio chiamò Abramo, il padre del popolo ebraico, proprio nel momento in cui i pagani cominciavano a rivolgersi agli idoli, adorando i quali i pagani divennero, nel corso dei secoli, sempre più deboli nella pratica delle buone opere, nonostante tutti gli sforzi dei loro uomini dotti – i loro “dottori” – di porvi rimedio.
Ma una volta che la donna fu guarita, il nostro Salvatore riprese il Suo viaggio. Alla fine, arrivò alla sinagoga e, sebbene lo deridessero con disprezzo perché diceva che la fanciulla morta stava dormendo, li fece uscire e parlò alla fanciulla nella sua lingua madre: Talitha kumi: “Figlia mia, Io ti dico di alzarti”. La Chiesa crede e spera che così avverrà alla fine del mondo: il popolo ebraico non rimarrà più addormentato, perso nei propri sogni come sono i dormienti. Il Signore parlerà loro, ed essi Lo ascolteranno, si sveglieranno, cominceranno a camminare ed entreranno nella Sua Chiesa, e così, come dice san Paolo, tutto Israele sarà salvato.
A che punto siamo adesso, in questo viaggio di Cristo? Il Vangelo è stato predicato a tutte le nazioni: almeno, non credo che vi siano Paesi nel mondo in cui non sia stato ascoltato. E ci sono molti segni che gli Ebrei stanno cominciando a svegliarsi, anche se solo in modo imperfetto. Molti di loro riconoscono Nostro Signore almeno come il Messia, anche se non Lo riconoscono ancora come Figlio di Dio. Ogni città in Israele oggi ha il suo punto d’incontro per i cosiddetti “Ebrei messianici”. E penso che sia giusto pregare affinché questo processo possa essere accelerato, affinché il popolo ebraico possa arrivare a credere, e la figlia della sinagoga diventi la sposa di Cristo.