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XIX Domenica dopo Pentecoste

Omelie di un domenicano per l'anno liturgico16 Ottobre 2022
Testo dell'audio

Il re entrò per vedere i convitati

Questa parabola non è raccontata ai discepoli o alla moltitudine, ma ai Sacerdoti anziani e ai farisei di Gerusalemme, che avevano già deciso di mettere a morte Cristo. Nostro Signore, a quanto pare, mostrando loro di essere consapevole dei loro piani, fa un ultimo appello alla loro coscienza. Anche se sa che il Figlio dell’uomo se ne va, come è scritto, Egli ha ancora una carità perfetta verso di loro e un grande desiderio di salvare le loro anime. Perciò insegna loro attraverso una parabola che il loro comportamento è tanto irrazionale e pericoloso quanto lo sarebbe il comportamento dei sudditi di un re terreno i quali uccidessero i messaggeri che li invitano a un matrimonio reale.

Questa parabola è simile alla parabola di san Luca, contenuta nel capitolo 14° del suo Vangelo: ma lì la festa è descritta come una cena, cioè un pasto serale. Qui, in san Matteo, è il prandium, cioè il pasto di metà giornata. Perché c’è questa differenza? Penso che la festa descritta da san Luca rappresenti il Paradiso. Non si dice che alcuno sarà cacciato da quella festa, così come nessuno sarà scacciato dal Cielo. Si chiama cena perché, come dice il salmista, l’uomo esce al suo lavoro, per la sua fatica fino a sera, e il Cielo è una ricompensa per coloro che hanno lavorato bene. Al contrario, questa festa, in san Matteo, non è una cena ma un prandium. Si fa a metà giornata e rappresenta la vita cristiana sulla terra, che viviamo nel mezzo delle nostre occupazioni quotidiane, e soprattutto la Santa Eucaristia, che la sostiene. E, ahimè, è possibile essere cacciati da questa festa, come ben sperimenta l’uomo senza l’abito nuziale.

Nostro Signore dice ai capi dei Sacerdoti e ai Farisei che Dio Padre è geloso dell’onore del Suo Figlio incarnato. Se essi uccidono lo Sposo, allora sperimenteranno lo zelo del Padre. E poiché quando, ignorando quel richiamo, Lo uccisero, non agivano semplicemente come persone private, ma come rappresentanti ufficiali del popolo, la giustizia del Padre si riversò sulla capitale stessa, Gerusalemme. Udito ciò, il re si sdegnò: e mandate le sue milizie sterminò quegli omicidi e dette alle fiamme la loro città. È una profezia della distruzione di Gerusalemme avvenuta nel 70 d.C. Si noti che gli eserciti romani sono indicati come suoi, cioè gli eserciti di Dio. Nostro Signore avrebbe potuto dire semplicemente che il re inviò “un” esercito; invece dice il suo esercito: se guardiamo al latino o al greco del Nuovo Testamento, questa parola è lì. Ciò può sembrare sorprendente, dal momento che gli eserciti di Roma negli anni 70 erano ancora pagani: perché allora sono detti “di Dio”?

Da quando l’imperatore Cesare Augusto diede inizio agli eventi che portarono alla nascita del nostro Salvatore a Betlemme, ordinando un censimento del mondo intero, c’è stato un misterioso legame tra Roma e la salvezza. Alcuni dei primi scrittori cristiani dichiaravano che i fedeli erano tenuti a pregare per l’imperatore, non solo nel modo con cui dobbiamo pregare per chiunque abbia autorità, ma anche per i grandi mali che si sarebbero abbattuti sul mondo se l’impero fosse caduto. Molti scrittori antichi interpretano anche le parole di san Paolo in 2 Tessalonicesi 2 che si riferiscono a colui che trattiene, o a ciò che trattiene, l’uomo del peccato, cioè colui che impedisce la venuta dell’anticristo, come un riferimento all’imperatore e all’Impero Romano. Ed è interessante notare come, con la soppressione dell’impero, le forze anticristiane siano aumentate. Così, a Costantinopoli, l’Impero Romano cadde nel 1453; un po’ dopo, scoppiò il protestantesimo, la più distruttiva di tutte le eresie finora. In occidente il titolo di Sacro Romano Imperatore continuò fino a poco dopo il 1800, con l’avvento di Napoleone; nel secolo successivo, il secolarismo dilagò in tutto il mondo. L’ultimo imperatore della vecchia guardia (sebbene non utilizzasse più il titolo di “Romano”) fu il Beato Carlo d’Austria, che fu rimosso con la forza nel 1918; da allora, abbiamo visto la stessa legge naturale quasi rimossa dal cuore degli uomini o, almeno, dalle legislature del mondo.

 

In tempi cristiani c’erano molti buoni governanti che aiutavano a rivendicare l’onore di Cristo e della Chiesa. Approvavano buone leggi, che impedivano ai pubblici peccatori o agli eretici di violare i sacramenti. Al giorno d’oggi, non ci sono più tali governanti, o quasi nessuno. Tuttavia, Dio Padre non cessa per questo di rivendicare l’onore del Suo Figlio. In primo luogo, parla alla coscienza di ciascuno, ammonendo ognuno a desistere dal peccato, soprattutto dai peccati che disonorano Cristo nel Santissimo Sacramento. Questo appare nella parabola: Il re entrò per vedere i convitati. Il re parla a uno degli ospiti in modo gentile ma serio. Gli offre un avvertimento paterno: Amico, come sei entrato qua, non avendo la veste nuziale? Cioè, “come è possibile che ti presenti esteriormente come un cattolico, andando a Messa e ricevendo il Corpo di Mio Figlio, ma vivi come un pagano, senza la veste della Mia grazia?”.

Perché parla a uno solo, mentre alla fine della parabola Nostro Signore ci dice che Molti sono chiamati, ma pochi gli eletti? Sembrerebbe che molti debbano essere avvertiti, non solo uno. Penso che sia perché Dio parla a ogni persona individualmente; quando un cattolico vive una vita sacrilega, allora, indipendentemente dal fatto che un predicatore lo avverta o meno in un sermone domenicale, lo Spirito Santo lo ammonisce silenziosamente nella sua coscienza, dandogli grazie attuali con cui può riconoscere la verità della sua personale condizione e pentirsi.

Il re non condanna subito il suo ospite, poiché Dio non vuole la morte del peccatore, ma piuttosto che si converta e viva. Gli dà la possibilità di parlare, cioè di ammettere la sua colpa e chiedere perdono. Dio rende così facile riacquistare la veste della grazia! I servi sono lì, in attesa, come i sacerdoti che spesso attendono nei loro confessionali. Ma l’uomo tace, o per paura o per disprezzo.

E così, se tutti i tentativi falliscono, il modo più terribile con cui il Padre vendicherà il Figlio e onorerà la Passione che Gesù ha sofferto per i peccatori sarà di emettere una sentenza di condanna. Legatelo mani e piedi, e gettatelo nelle tenebre esteriori. Si dice che, all’inferno, le mani del peccatore siano legate, poiché lì non potrà fare alcuna opera buona; ed anche i suoi piedi siano legati, perché non può più tornare sulla retta via.

Ma anche durante questa vita Dio Padre vendica Suo Figlio, specialmente quando si tratta di peccati contro il Sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo. San Paolo dice ai Corinzi che è a causa di tali peccati commessi nelle chiese di Corinto che molti di voi sono malati e alcuni sono morti. Alcuni hanno suggerito che le restrizioni recenti, senza precedenti, alle Messe pubbliche, qui e all’estero, causate dalla pandemia, possono essere una provvidenziale “risposta” al problema delle diffuse comunioni sacrileghe. Bisognerebbe essere profeti per affermare una cosa del genere con certezza, ma possiamo dire che riguardo al Santissimo Sacramento, le parole di Gesù si avvereranno: A chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. Cioè, a coloro che nella Chiesa non hanno fede e amore, il Sacramento del Corpo di Cristo un giorno sarà tolto; a coloro che ricevono il Suo Corpo con fede e amore, un giorno sarà data la chiara visione della Sua gloria; e allora avranno l’abbondanza e il desiderio del loro cuore sarà saziato.

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