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Vita: bene Messico e Polonia, male Spagna e Olanda

Zoom: una notizia alla settimana15 Febbraio 2021
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Il Messico non si arrende alla cultura di morte. Dal 2007, anno in cui nella sola capitale, Città del Messico, il Partito della Rivoluzione Democratica, di sinistra, riuscì a render legale abortire, 22 Stati della repubblica federale hanno promosso iniziative atte a proteggere la vita dal concepimento sino alla morte naturale: tra queste, l’ultima in ordine di tempo è quella assunta lo scorso 12 febbraio dallo Stato di Aguascalientes. Qui, con 18 voti a favore, 7 contrari ed un astenuto, il Congresso ha totalmente respinto le pretese abortiste e ribadito il primato assoluto della vita.

L’Fnf¸ il Fronte Nazionale per la Famiglia, commentando l’ottima notizia, ha evidenziato l’importanza di quanto accaduto: i legislatori – ha detto – «hanno ascoltato la voce della maggioranza del popolo di Aguascalientes, che ha mostrato loro quali siano i veri bisogni dello Stato».

Buone nuove anche dalla Polonia, dove una femminista, Marta Lempart dell’organizzazione «Women’s Strike», rischia ora fino ad otto anni di carcere, per aver guidato proteste di piazza pro-aborto in pieno lockdown dovuto a Covid-19. La donna è ora accusata di «minaccia epidemiologica», di «vandalismo» durante un’intervista radiofonica, nonché di «ostruzione dolosa» per aver deliberatamente interrotto le funzioni religiose, infastidito sacerdoti e politici e bloccato le strade nelle città principali del Paese. Con Lempart un altro centinaio di persone è stato arrestato per le manifestazioni inscenate nel corso di un’intera settimana. A scatenare l’ira pro-choice, è stata la sentenza, con cui ad ottobre l’Alta Corte polacca ha definito anticostituzionali e discriminatori – pertanto da vietarsi – gli aborti compiuti su bambini non ancora nati affetti da disabilità. Da notarsi come la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza, risalente al 1993, consenta ancora di uccidere i bimbi nel grembo materno in caso di stupro, di incesto o nel caso fosse in pericolo la vita della madre.

Secondo due recenti sondaggi, condotti in Polonia, «il Paese è devotamente cattolico e ben lontano dal diventare pro-choice», come riferisce il rapporto redatto dall’agenzia di stampa internazionale AFP: secondo l’istituto statistico Kantar, il 62% dei polacchi crede che l’aborto debba essere legale solo in casi limitati e l’11% ritiene che debba essere dichiarato sempre fuorilegge; secondo un altro istituto, Estymator, il 67% sostiene la normativa esistente in materia, mentre solo il 19% ne vorrebbe una più liberal.

La Polonia dimostra, in ogni caso, di essere un Paese ancora saldamente legato agli ideali ed ai valori cattolici. A differenza della Spagna, un tempo cattolicissima ed ora invece nella stretta di forze comuniste e di estrema Sinistra, purtroppo sostenute istituzionalmente dal governo Sánchez: qui la Camera dei Contenziosi Amministrativi della Corte Suprema ha dichiarato «di pubblica utilità» l’associazione Derecho a Morir Dignamente, favorevole all’eutanasia, ritenendo incredibilmente che la sua attività non violi, anzi soddisfi il diritto fondamentale alla vita previsto dall’art. 15 della Costituzione. La Corte ha pertanto respinto il ricorso presentato dall’Associazione degli Avvocati Cristiani contro la sentenza emessa in merito dal Tribunale nazionale il 5 giugno 2019.

Secondo la Corte Suprema spagnola non sussisterebbe alcun «dovere di vivere», anzi «la sfera delle libertà individuali» autorizzerebbe di per sé a decidere di farla finita come e quando si voglia. Sconcertante.

Tutto ciò prepara scenari come quello lamentato tre mesi fa in Olanda dall’emittente RT: qui i pazienti affetti da forme di grave demenza possono ora essere sedati, prima di esser sottoposti ad eutanasia, nel caso si ritenga che la prospettiva di una morte imminente e indotta possa comprensibilmente renderli «agitati o aggressivi». Secondo quanto stabilito infatti dal nuovo codice medico, messo a punto da un apposito Comitato di revisione dell’eutanasia, in caso di demenza avanzata, «non è necessario che il curante sia d’accordo col curato su quando e come l’eutanasia debba essere somministrata». Una sentenza di morte a tutti gli effetti.

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