VITA – Aborto post-natale in Usa e “cattolici” tedeschi pro-choice

Mentre gli occhi del mondo sono puntati sulla guerra in Ucraina e sulla persistente pandemia, l’ideologia progressista prosegue, pressoché indisturbata ed apparentemente inarrestabile, la propria marcia, conquistando terreno nel silenzio generale in ambiti quali l’aborto, l’eutanasia, la denatalità, il gender e la cancel culture.
Lo Stato di New York, ad esempio, ha appena approvato “l’aborto” post-natale, eufemismo per definire l’infanticidio: in pratica si induce il parto e, prima che il bimbo nasca vivo e pianga (poiché ciò configurerebbe il reato di omicidio), gli si recide il midollo spinale a livello delle vertebre cervicali, mentre si trova parzialmente ancora nel grembo della propria madre. Intanto l’Oms, l’Organizzazione mondiale della Sanità, nelle sue nuove linee-guida ha invitato tutti i Paesi membri ad abrogare le leggi, che fissino limiti gestazionali all’aborto e che consentano l’obiezione di coscienza, pretendendo di condannarle come una violazione dei “diritti” delle donne. È questa la guerra silenziosa, in corso da decenni e con ben più vittime ed orrori nel mondo di quanti ne abbia procurati il Coronavirus o la somma di tutti i conflitti in corso. Eppure tutti tacciono.
Ma il vero “tradimento dei chierici”, anzi in questo caso dei cattolici più in generale, è quello consumatosi in Germania, dove – come riportato dal settimanale cattolico Die Tagespost – il BDKJ-Bund der deutschen Katholischen Jugend, organizzazione che riunisce le principali sigle giovanili cattoliche del Paese, si è detto favorevole all’abolizione del divieto di far pubblicità alle cliniche, in cui si pratichino gli aborti, divieto normato dal codice di diritto penale tedesco all’art. 219. Una sortita grave, sia perché pone fuori dalla Chiesa chi la professi, andando contro Catechismo, Codice di Diritto Canonico e via elencando, sia perché ulteriore segno della deriva della Chiesa tedesca, sia perché capitata, guarda caso, proprio in un momento storico, in cui il numero degli aborti, in Germania, registra un calo, -5,4% nel 2021 rispetto all’anno precedente, come annunciato dall’Ufficio federale di statistica. Coincidenza o diabolica strategia?
Si noti peraltro che il BDKJ partecipa all’Assemblea sinodale. La «Conferenza federale delle Donne» aderenti all’organizzazione ha diffuso una propria risoluzione, in cui giudica «inaccettabile che la mera informazione su dove e come si pratichino gli aborti sia punibile per legge», trattandosi di un provvedimento «misogino ed ostile alle donne in attesa», poiché tale da supporre ch’esse «non siano in grado di assumere una decisione da sole, ma che si lascino manipolare dalla pubblicità». Affermazioni a dir poco sconcertanti, specie se pronunciate da chi a parole, ma solo a parole, si professi cattolico.
Immediata è giunta la condanna di tali prese di posizione da parte dei gruppi pro-life. Cornelia Kaminski, presidentessa federale di ALfA-Aktion Lebensrecht für Alle, ha bollato come «estremamente deplorevole» l’approvazione di una posizione «che riprenda, sin dalla sua formulazione, lessico e narrativa delle lobby abortiste». Secondo la legislazione tedesca tuttora vigente, l’aborto è e resta un atto illegale, fatte salve le eccezioni previste: quindi «pubblicizzare un atto illegale ed, in linea di principio, punibile per legge, su siti web di studi medici, cliniche ed istituzioni, fa apparire l’infanticidio prenatale come un qualsiasi servizio o trattamento medico, dandogli una parvenza di legittimità». Che invece non ha, con buona pace delle solite femministe arrabbiate.
Contro la richiesta della BDKJ di abolire l’art. 219 del codice di diritto penale tedesco si è espresso anche il vescovo ausiliare Johannes Wübbe, presidente della Commissione Giovani della Conferenza episcopale tedesca, che ha dichiarato: «La protezione della vita non nata è una priorità assoluta per me». Evidentemente però non lo è per ampi settori della Chiesa tedesca. Possibile che a Roma non si assumano ancora provvedimenti, chiari e forti per tutti?