VIII domenica dopo Pentecoste

Vi era un uomo ricco che aveva un fattore,
e questi fu accusato presso di lui di avergli dissipato i beni
Per comprendere questa parabola del fattore infedele, certamente una delle parabole più difficili del Vangelo, ricorro all’aiuto di uno dei Padri della Chiesa, san Gaudenzio. Questi fu Vescovo in Italia nel IV secolo, amico di sant’Ambrogio, e commentò questo passo del Vangelo in una lettera ad un altro amico che gli aveva chiesto come interpretarlo.
San Gaudenzio dà quella che potremmo chiamare un’interpretazione “cosmica” di questa parabola: cioè, la intende come una descrizione delle relazioni tra Dio, il diavolo e l’umanità. L’uomo ricco, che possiede tutta la proprietà, rappresenta Dio onnipotente. Dio possiede tutte le cose, visibili e invisibili, poiché le ha create tutte dal nulla. È anche ricco in un altro senso; cioè, è ricco in misericordia, come dice san Paolo.
Il fattore, invece, secondo san Gaudenzio, rappresenta il diavolo. Questo può sembrare strano. Il diavolo, dopo tutto, si è ribellato all’Altissimo fin dall’inizio; quindi, come si può descrivere il diavolo con l’immagine dell’amministratore dell’uomo ricco? La risposta è che, anche se il diavolo si ribellò a Dio, e – per quanto può – vuole ostacolare i piani di Dio, tuttavia Dio si serve di lui. Se un abile compositore può far uso anche dello strumento musicale meno attraente per produrre qualche effetto speciale per una sinfonia, così Dio nella Sua sapienza può far uso anche di una creatura come il diavolo, che è ormai fissato nell’ostilità verso di Lui. Neanche al diavolo è permesso di essere completamente inutile nella creazione di Dio.
E così, dopo che il diavolo era caduto, Dio tuttavia gli lasciò un certo potere sul mondo e sull’umanità, proprio come un amministratore ha un certo potere sulla proprietà del suo padrone. Al diavolo fu permesso, in primo luogo, di mettere alla prova i nostri progenitori, Adamo ed Eva. Fu certamente una grande concessione di potere. Dopo la caduta dell’uomo, quel permesso di tentare la razza umana fu rinnovato. Senza dubbio, al diavolo non è mai stato permesso da Dio di fare tutto quanto voleva, ma tuttavia gli è stata data un’ampia possibilità di azione. Così, per esempio, indusse gli uomini dopo il diluvio a costruire la torre di Babele. Più tardi, tra il popolo eletto, tentò il sommo sacerdote Aaron a cedere alle richieste del popolo che voleva un dio visibile da adorare, e così fu costruito il vitello d’oro. Più tardi ancora, tentò il re Salomone al punto di fargli prendere mogli straniere, finché Salomone passò dalla sapienza alla follia, e cominciò ad adorare gli idoli.
Tutto questo Dio permise affinché gli uomini potessero sperimentare la tentazione, e così, resistendo coraggiosamente ad essa con la grazia di Dio, potessero crescere in virtù fino a meritare una ricompensa eterna.
Eppure, il diavolo, nella sua invidia per la ricompensa celeste che ci attende, ha superato ogni limite nella sua malizia contro il genere umano. Infatti, la parabola dice che l’uomo ricco, che rappresenta Dio, chiama il fattore perché aveva sprecato avventatamente i di lui beni. Il diavolo aveva indotto innumerevoli uomini non solo a peccare contro i comandamenti di Dio, ma anche ad abbracciare le religioni più mostruose e vergognose. Aveva devastato l’umanità, uno dei beni più preziosi di Dio. Il diavolo aveva riempito l’immaginazione degli uomini di figure impure, e i loro cuori col terrore di forze sconosciute. Prima che Cristo venisse al mondo, quasi tutto il mondo era pieno di queste orribili religioni pagane.
Perciò, la Santissima Trinità decise, secondo il nostro modo umano di parlare, di ritirare dal diavolo il potere che questi aveva avuto fino a quel momento. L’uomo ricco dice al suo amministratore: Ormai non potrai più essere mio fattore. Per mezzo dell’Incarnazione del Figlio di Dio, il diavolo stava per perdere il potere sull’umanità, che esercitava con la moltitudine dei culti pagani da lui ideati. E così, Nostro Signore, alla vigilia della Sua Passione, disse: Ora il principe del mondo sarà gettato fuori. Come sappiamo, con la predicazione degli Apostoli e dei loro discepoli, il diavolo è stato cacciato dal cuore di un gran numero di persone con il battesimo, finché il regno del paganesimo sulla terra fu distrutto.
Che cosa fa allora il diavolo? Secondo la parabola, egli dice a sé stesso: Cosa farò poiché il padrone mi toglie la fattoria? Non posso zappare, mi vergogno di chiedere l’elemosina. San Gaudenzio, commentando queste parole, dice:
Poiché il diavolo non opera ciò che è buono, e si vergogna di chiedere misericordia come un penitente, pensa come può avere ancora potere sui debitori del suo Signore (cioè, su coloro che sono coinvolti nel debito del peccato), non solo con aperte persecuzioni, ma anche sotto una veste di benevolenza, ingannandoli con parole dolci.
In altre parole, dopo che il suo regno era stato distrutto dalla morte di Nostro Signore sulla Croce, il nemico adotta una nuova strategia per opprimerci. Egli cerca ora non tanto di terrorizzare gli uomini con le religioni pagane, quanto di ingannarli con un’apparenza di gentilezza, diminuendo le esigenze della religione cristiana.
In che modo? La parabola dice che il fattore deposto dà due suggerimenti ai debitori del suo padrone, mentre gli rimane ancora un po’ di tempo. Al primo uomo dice che non deve pagare i cento barili di olio di cui è debitore; sarà sufficiente che ne paghi cinquanta. All’altro uomo dice che non deve pagare le cento misure di grano di cui è debitore; sarà sufficiente che ne paghi ottanta. Come possiamo interpretare tutto questo?
Dobbiamo considerare come le Scritture usano le immagini dell’olio e del grano. L’olio è spesso usato nella Scrittura come immagine della carità divina. Ricordate come le cinque vergini prudenti presero con sé l’olio per tenere accese le loro lampade, mentre le cinque stolte non lo presero. Le prudenti avevano cuori ardenti di divina carità, e perciò poterono andare incontro allo Sposo, e da Lui essere condotte alla festa nuziale, mentre quelle senza olio – cioè, senza carità – rimasero fuori. Il grano, invece, come dice san Gaudenzio, è un simbolo della fede in Cristo. Nostro Signore si paragonò a un chicco di grano gettato in terra e al pane vivo che dà la vita al mondo. Ciò che il grano è per il nostro corpo lo è la fede in Cristo per le nostre anime.
Il diavolo, mi sembra, si comporta come il fattore astuto. Cerca di persuadere le persone che non occorre osservare entrambi i precetti della carità, l’amore di Dio e l’amore del prossimo. È ciò che avviene quando il fattore dice al debitore che basterà se gli rende solo la metà dell’olio. Ogni volta che qualcuno ci dice che possiamo andare in Paradiso se facciamo qualche opera buona al nostro prossimo, o se gli facciamo qualche gentilezza, anche se non osserviamo tutti i comandamenti di Dio, è come se ci venisse detto che possiamo cavarcela pagando solo la metà dell’olio.
Ma ancor più, il diavolo cerca di corrompere la vera fede in Cristo. Spesso egli non cerca di cambiare molto nella nostra fede – solo venti misure di grano su cento – perché altrimenti l’inganno sarebbe troppo evidente. Ma anche cambiare un solo articolo del Credo è sufficiente per i suoi scopi, dal momento che chiunque ostinatamente non crede anche ad uno solo dei dogmi della Chiesa perde la virtù della fede e, con essa, la sua speranza del Cielo.
Ma infine, potreste dire: “Se questo è il modo di interpretare la parabola, com’è possibile che il padrone alla fine della parabola lodi il fattore?”. Certamente Dio non loda il diavolo! No, ma ci dice: “Se il diavolo è così ingegnoso nei suoi piani per distruggervi, non vorrete pensare attentamente a come salvarvi?”. È come se Cristo ci dicesse: “Hai bisogno di tutti gli amici che troverai per raggiungere il Cielo. Fatteli, finché hai ancora tempo”.