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Venerdì Santo

Omelie di un domenicano per l'anno liturgico15 Aprile 2022
Testo dell'audio

Meditazione per il Venerdì Santo sulle ultime sette parole

Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero Lui e i due malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno. Dopo essersi poi divise le Sue vesti, le tirarono a sorte.
La preghiera di Gesù è sempre efficace, perché Egli è il Figlio diletto del Padre. Perciò, dobbiamo credere che questa preghiera sulla Croce, la prima delle Sue ultime parole, ottenne ciò che chiedeva. Questa preghiera sulla Croce non fu come la preghiera nel Getsemani, quando Gesù disse: Se è possibile, passi da Me questo calice. Quella preghiera, fatta durante l’Agonia nell’orto, era condizionata: Se è possibile. Quella preghiera, possiamo pensare, fu un’espressione spontanea della profonda tristezza del Signore al pensiero di tutti coloro per i quali sarebbe morto, ma che tuttavia non avrebbero beneficiato della Sua morte.
Questa preghiera, fatta sulla Croce, è diversa. Non è condizionata ma piuttosto senza condizione. Gesù chiede al Suo Padre celeste di perdonare coloro che per ignoranza Lo crocifiggono. Ciò va riferito, in primo luogo, ai soldati romani che compivano la crocifissione. Questi soldati non erano nella stessa posizione dei Sinedriti. I membri del Sinedrio, che pronunciarono la sentenza di morte del Signore, non ignoravano, in verità, la gravità della loro azione. Essi erano stati testimoni dei Suoi miracoli, avevano ascoltato i Suoi insegnamenti ed avevano visto che Egli non aveva peccato. Non erano ignoranti ma colpevoli di ottenebrare la loro mente: avevano voltato le spalle alla luce perché la luce era per loro penosa.
I soldati romani, al contrario, erano stranieri, vivevano in un paese di cui probabilmente non parlavano la lingua e con i cui abitanti avevano poco in comune. Ignoravano che stavano crocifiggendo il Figlio di Dio. E perciò il Signore prega per loro, ed essi ricevono misericordia per questa preghiera. Non sappiamo se tutti i soldati (presenti alla crocifissione del Signore) si convertirono. La tradizione ci parla di san Longino, il centurione che trapassò il costato del Signore e ricevette il dono della fede. La sua lancia si conserva nella basilica di san Pietro. Ma dobbiamo credere che Dio offrì la Sua misericordia a tutti i soldati (presenti sul Calvario) per il peccato che commettevano contro Suo Figlio, benché fosse – in sé stesso – il più grande crimine che si possa immaginare.
Ma penso che questa prima parola di Gesù sulla Croce abbia anche un senso più ampio. Si può dire che ogni peccato mortale crocifigga realmente il Signore, poiché solo Lui poteva pagare il prezzo dovuto alla giustizia di Dio anche per uno solo di questi peccati. Ma ci sono molte persone nel mondo che commettono peccati mortali e non sanno che questi peccati hanno portato Cristo alla Croce. In questo senso, tali persone, come i soldati romani, non sanno quello che fanno. Ciò non significa che sono innocenti, poiché essi peccano liberamente. Ma credo che Cristo in queste parole pregò per tutte queste persone, siano essi pagani, Giudei ed anche persone battezzate ma che non hanno ricevuto (sufficiente) istruzione. Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno. Egli guardò al futuro e vide coloro che non erano ancora nati: “Essi non sanno che i loro peccati mi portano alla Croce”. E questa preghiera di Cristo al Padre Suo, la prima delle Sue sette parole, ottiene per loro un ritardo della giustizia di Dio ed un tempo per il pentimento.

Uno dei malfattori appesi alla croce Lo insultava: Non sei Tu il Cristo? Salva Te stesso e anche noi!Ma l’altro lo rimproverava: Neanche tu hai timore di Dio e sei condannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, Egli invece non ha fatto nulla di male.E aggiunse: Gesù, ricordaTi di me quando sarai nel Tuo Regno. Gli rispose: In verità ti dico: oggi sarai con Me in Paradiso.
La conversione di Disma, il buon Ladrone, è forse la più grande conversione nella storia. All’inizio della crocifissione, come sappiamo da un altro Vangelo, Disma partecipò alla derisione del Signore: I ladroni crocifissi con Lui Lo oltraggiavano allo stesso modo. Ma nel corso della crocifissione, Disma cambiò atteggiamento. Ora difende Gesù come innocente. Non solo Lo difende, ma Lo riconosce re. Questo è un incredibile atto di fede. Leggiamo nel Vangelo che il Signore ammirò la fede del centurione che gli aveva detto: Signore, io non sono degno che Tu entri nella mia casa, ma di’ solo una parola e il mio servo sarà guarito. Ma, a quel tempo, Cristo era ancora libero, era seguito da una vasta folla e guariva persone con ogni sorta di malattie. Qui, è inchiodato sulla Croce, spogliato delle vesti, abbandonato dai Discepoli, in apparenza senza alcun aiuto. Eppure, Disma non solo riconosce Cristo come un re che è stato trattato ingiustamente, ma confessa che Egli è un re che sta per regnare. Gli dice: RicordaTi di me quando sarai nel Tuo Regno. La sua fede mi sembra ancor più sublime di quella del centurione.
Che cosa può spiegare la conversione di san Disma? Credo che sia la preghiera già offerta dal Signore al Padre con la Sua prima parola sulla Croce: Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno.Questa preghiera, come abbiamo visto, fu fatta per tutti coloro che peccano per ignoranza, specialmente per coloro che sarebbero pronti a cambiare, se sapessero che il Figlio di Dio li ama ed è morto per liberarli dal peccato. Disma doveva essere uno di loro. In virtù della preghiera di Cristo, il cuore di san Disma fu immediatamente illuminato da una fede perfetta. E il Signore, con la Sua risposta, mostra che Egli non si lascia vincere in generosità. Infatti, se la conversione del buon Ladrone è la più grande delle conversioni, la promessa di Cristo è la più grande delle promesse. È la promessa che ogni uomo spera di udire da quando i nostri progenitori hanno lasciato il giardino dell’Eden. In verità ti dico: oggi sarai con Me in Paradiso.
Stavano presso la Croce di Gesù Sua Madre, la sorella di Sua Madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala. Gesù allora, vedendo la Madre e lì accanto a Lei il Discepolo che Egli amava, disse alla Madre: Donna, ecco il tuo figlio! Poi disse al Discepolo: Ecco la tua Madre! E da quel momento il Discepolo la prese nella sua casa.
Perché il Signore si rivolge alla Madre Sua con il titolo di “donna”? Egli ci vuole insegnare che Maria è la Donna profetizzata nel giardino dell’Eden, quando Dio disse al serpente: Porrò inimicizia tra te e la donna. È Lei la donna che, con il Figlio, schiaccerà il capo del serpente attraverso la sua cooperazione alla Passione di Cristo.
Poiché è la donna profetizzata sin dall’inizio, Maria è anche Madre. La prima donna, Eva, fu chiamata “la madre dei viventi”. Ma Eva poteva egualmente esser chiamata “la madre dei morenti”. La nuova Eva è la Madre di tutti i viventi in un senso migliore: è la Madre di coloro che sono stati redenti per una vita che non avrà fine.
Sono certo che Maria agì da Madre con i dodici Apostoli già durante il ministero pubblico di Cristo. Benché non avessero ancora ricevuto in pienezza i doni dello Spirito Santo, essi non potevano mancare di sentire la bontà di Lei: certamente essi erano già abituati a parlare con Lei degli insegnamenti e delle azioni del loro divin Maestro, nonché delle opere che essi compivano per Lui. Il cuore della Vergine Madre era già aperto a tutti loro, e certamente Ella parlava di loro al Suo Figlio e intercedeva presso di Lui per i loro bisogni e le loro difficoltà.
Ma queste parole di Cristo sulla Croce, Ecco tuo figlio, rendono Maria Madre in un senso ancora più sublime. Padre Garrigou-Lagrange dice che queste parole di Gesù sono come parole sacramentali, cioè realizzano ciò che significano. Quando un sacerdote dice, parlando in persona Christi, “Questo è il mio Corpo”, il pane diviene il Corpo di Cristo. Quando il Signore dice a Maria Santissima: Ecco tuo figlio, Egli la rende Madre, le dà un nuovo mandato e una nuova grazia. E quando dice a san Giovanni: Ecco tua Madre, Cristo dà a tutti i figli del Nuovo Testamento la grazia di essere figli di Maria. Egli concede a tutti la grazia di riconoscere la beata Vergine come loro Madre, e in tal modo di andare a Lui attraverso di Lei. Preghiamo per coloro, come i Protestanti, che professano di seguire Cristo ma non sanno che Egli desidera che essi amino e onorino Maria come loro Madre. Preghiamo che questa parola di Cristo sulla Croce divenga efficace nelle loro anime in questa Pasqua.
Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano: Ha salvato gli altri, non può salvare Sé stesso. È il re d’Israele, scenda ora dalla Croce e Gli crederemo. Ha confidato in Dio; Lo liberi Lui ora, se Gli vuol bene. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio! Anche i ladroni crocifissi con Lui Lo oltraggiavano allo stesso modo. Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: Elì, Elì, lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché Mi hai abbandonato? Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: Costui chiama Elia.
Perché il Signore disse queste parole? Le disse, anzitutto, perché sono le parole iniziali del Salmo 21, e voleva con ciò mostrare che era di Lui che si parlava in quel Salmo come in tutti i Salmi. Egli fu “abbandonato” dal Padre non nel senso che fu separato da Lui, cosa che sarebbe stata impossibile, ma nel senso che il Padre permetteva che Egli cadesse nelle mani di uomini ingiusti. Cristo disse queste parole, scrive un antico autore, come Giudeo, per esprimere il Suo grande dolore per ciò che era accaduto al popolo giudaico. È come se avesse detto: “Perché la Tua grazia ha così abbandonato questo popolo da farlo giungere al punto di crocifiggere Me, Tuo Figlio?”. Infine, san Beda dice che Gesù disse queste parole come uomo, per esprimere i sentimenti che gli uomini naturalmente provano in tempo di tribolazione, come – ad esempio – in una grave malattia. In questi casi, anche i credenti spesso si sentono abbandonati da Dio, benché in realtà non lo siano. Il Signore Gesù espresse i pensieri naturali ed umani delle Sue membra sofferenti con le Sue proprie parole. Lo fece per consolarle e insegnar loro che Dio non le ha abbandonate, ma piuttosto che il Dio incarnato si è fatto loro avvocato.
Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta, disse per adempiere la Scrittura: Ho sete. Vi era lì un vaso pieno d’aceto; posero perciò una spugna imbevuta di aceto in cima a una canna e Gliela accostarono alla bocca.
Nel Salmo 49, Dio dice al Suo popolo: Se avessi fame, a te non lo direi. E, infatti, in nessuna pagina del Vangelo il Signore dice di aver fame, benché gli Evangelisti ci dicano che ebbe fame dopo il digiuno del deserto, ed anche al mattino dopo la domenica di Passione, quando vide l’albero di fico che non aveva frutti. Ma ora, in questa occasione, dice di aver sete. Questa sete è un tormento che si aggiunge a tutti gli altri tormenti che sono piombati su di Lui dall’inizio della Sua Passione, la sera precedente. Perché rende noto agli astanti questa sofferenza piuttosto che le altre? San Giovanni ce ne dice la ragione: è perché si compissero le Scritture. Gesù ha un amore per tutte le opere del Padre Suo, ma ha una filiale reverenza specialmente per le parole che il Padre ispirò ai profeti, con le quali essi predissero i dettagli della vita terrena del Messia. Poiché il profeta Davide aveva predetto nel Salmo 21 che il Giusto avrebbe sofferto una gran sete, e nel Salmo 68 che Gli sarebbe stato dato da bere aceto, il Signore disse dalla Croce: Ho sete, e gli fu dato l’aceto.
Ma gli autori spirituali hanno sempre visto anche un altro significato in queste parole dette sulla Croce. San Gregorio Nazianzeno dice che Dio ha sete perché si abbia sete di Lui. La redenzione è ora quasi terminata, Cristo è quasi morto. Ma se nessuno crede che Cristo sia Dio o si preoccupa della Sua morte, quale bene potrà ottenere tale redenzione? Come diciamo nel Dies Iræ, “Tantus labor non sit cassus”, che tanto dolore non sia vano. Cristo, dunque, ha sete che i popoli della terra credano in Lui e siano dissetati. Perché, come dice san Giovanni nell’Apocalisse, Egli è l’Agnello che li condurrà alle fonti delle acque della vita.
E dopo aver ricevuto l’aceto, Gesù disse: Tutto è compiuto!
Tutto è compiuto: quale profondo significato è racchiuso in questa parola, la sesta delle sette dette dalla Croce! Nel greco, in cui san Giovanni scrisse il suo Vangelo, questa espressione è letteralmente una sola parola, ‘tetelestai’, è consumato. Che cosa è consumato? Le profezie delle Scritture, l’opera che il Padre aveva dato a Cristo da compiere, tutte le sofferenze della Sua vita, la redenzione del genere umano. Tutto è consumato. Possiamo dire che, durante tutto il corso della Sua vita, Gesù accumulò il prezzo della nostra redenzione. Ciascuna delle Sue azioni sulla terra meritò una ricompensa dal Padre Suo, ciascuna di esse aveva un merito inesauribile. Ma fu solo sulla Croce che fu pagato il debito di Adamo.
Potrebbe sembrare strano finire la Passione assaggiando dell’aceto. Avremmo forse pensato che la Passione sarebbe terminata con la trafittura del Sacro Costato. Ma no, ciò accadde dopo, quando Egli era già morto. Se Gesù completò la Sua Passione con l’aceto, penso sia perché il peccato iniziò col gustare il frutto proibito. Quel frutto divenne amaro già nella bocca dei nostri progenitori e da allora è stato amaro nella bocca di tutti i loro discendenti. Gesù sembra espiare con il Suo ultimo atto il primo peccato e, ciò facendo, mostra che tutti i peccati, andando indietro fino all’inizio, sono stati ora espiati. Consummatum est.
Gesù, gridando a gran voce, disse: Padre, nelle Tue mani consegno il Mio spirito. Detto questo spirò. Visto ciò che era accaduto, il centurione glorificava Dio: Veramente quest’uomo era giusto.
L’ultimo atto del Salvatore sulla terra fu un miracolo. Essendo stato tremendamente flagellato, avendo portato la Croce ed essendo stato poi crocifisso per tre ore, era impossibile per Lui, con le sole forze umane, gridare ad alta voce. Ciò era possibile solo per la forza divina. Questo è uno dei motivi per cui il centurione si convertì alla morte di Cristo. Se Nostro Signore scelse di terminare la Sua vita terrena in questo modo, cioè con un miracolo, forse è perché ci ricordassimo sempre che, anche nell’abisso della Sua umiliazione e del Suo dolore, Egli era sempre uguale al Padre e sempre contemplava il Suo Volto. Gli uomini peccatori che L’avevano condannato e crocifisso, agendo in parte in forza dei nostri peccati, poterono sfigurare terribilmente il Suo Corpo e affliggere gravemente la Sua Anima, ma non poterono fare più di quanto Egli permetteva loro di fare. Non fu il peccato a far da maestro nella Passione di Cristo, ma l’amore: l’amore del Figlio per il Padre e per tutta l’umanità. E per questo nessun uomo gli tolse la vita, ma fu Lui a consegnare il Suo spirito nelle mani del Padre.
Il santo Corpo e la santa Anima di Gesù sono ora separati, benché entrambi siano ancora uniti alla Sua divinità. E le conversioni già iniziano. Prima quella del centurione, ma ora ce ne sono altre. San Luca dice: Tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi il petto. C’è profondo dolore per Maria, gli Apostoli e i Discepoli; ma, mentre l’Anima di Gesù scende nel Limbo, forse essi già ricordano le Sue parole all’Ultima Cena: Abbiate fiducia; Io ho vinto il mondo.

Meditazione per il Venerdì Santo sulle ultime sette parole

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