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Una visita al santuario di Czestochowa

Tesori del Mondo12 Gennaio 2019
Testo dell'audio

“Vorresti conoscere il santuario della Montagna Chiara, a Czestochowa? Potremmo andarci oggi pomeriggio”. Tale è stato l’invito rivoltomi da un amico polacco. Non avrebbe potuto essere più opportuno. L’ho ringraziato e accettato subito, anche per profittare dell’occasione al fine di chiarire con lui qualche dubbio di carattere storico che avevo sull’immagine.

L’autunno europeo ha qualcosa di fiabesco. La natura presenta tutti i toni di verde, giallo e rosso, ma a poco a poco va prendendo un aria malinconica che ti influenza. Mi attendevo quindi di trovare nella gente qualcosa di quella malinconia dell’inverno che si annuncia. Curiosamente, non l’ho notata.

Preciso: non ho visto nulla di ciò nel santuario, giacché la città di Czestochowa conta, purtroppo, moltissimi palazzoni del periodo comunista: banali, oppressivi, trascurati, senza alcuna bellezza e inoltre coperti da un manto di sporco che li abbrutisce ulteriormente. Nella città si nota cupezza nelle fisionomie, ma il santuario è come una sorta di intervallo, una oasi in mezzo alla tristezza.

Per via della sua slanciata torre, il santuario è visibile da tutta la città. Avvicinandosi si intravedono le sue mura, che lo circondano a 360 gradi. Nonostante sia stato un giorno feriale, c’era molto movimento. E nel parcheggio si vedevano macchine di ogni regione della nazione.

In un Paese così mariano, così pieno di immagini e centri di pellegrinaggio, è proprio questo il santuario per eccellenza, a cui nessun altro disputa il primato. Il che ha una ragione storica che cercherò di spiegare.

Un luogo di resistenza

Nell’anno 1655, gli svedesi luterani invasero la Polonia. Diversamente da precedenti invasioni che furono parziali, questa passò alla storia come “il diluvio”, giacché rapidamente coprì il Paese intero.

C’era in gioco un problema di legittimità dinastica. Chi aveva diritto al trono? Alcuni sostenevano che era il Re svedese Carlo Gustavo, altri invece sostenevano il Re Giovanni Casimiro. Anche se era protestante, Carlo Gustavo era riuscito a ottenere l’appoggio di quasi tutta la nobiltà polacca, specialmente di quella parte maggioritaria divenuta calvinista. I principali castelli si arresero senza lotta e il territorio polacco cadeva a grandi pezzi in mano dell’occupante.

Resisteva solo il santuario di Czestochowa, uno dei molti esistenti in Polonia, neppure particolarmente noto.

L’esercito svedese vi pose l’assedio e iniziò a bombardare i diversi edifici del complesso. Avvennero più miracoli, come quello delle palle da cannone che rimbalzavano non appena toccavano le mura del santuario. I protestanti cercarono in ogni modo, militare o psicologico che fosse, di far cedere gli assediati. Ma Fra Kordecki, superiore del luogo, eroicamente rifiutò qualsiasi compromesso.

E fu a causa di questa intransigenza che ottenne la vittoria. Dopodiché la situazione generale si capovolse rapidamente per gli svedesi, incominciando essi a perdere tutti i castelli con la stessa rapidità che li avevano conquistati.

E questo santuario, quello che resistette eroicamente, rimase d’ora in avanti il santuario per eccellenza della Polonia.

La Vergine della Montagna Chiara

Vedendo l’icona per la prima volta, ciò che più mi colpì fu la sua serietà. Profonda serietà. Non c’è un sorriso, molto meno ancora un viso ingenuamente “buonista”. Tuttavia è una serietà che non urta, non allontana le persone. Anzi, essa attira i devoti, che sembrano sicuri di essere trattati con profonda, materna sollecitudine.

La Madonna di Częstochowa, secondo la tradizione dipinta dall’evangelista san Luca.

Sulla faccia della Madonna vediamo due cicatrici ben segnate, frutto di una profanazione ussita nel XV secolo. Alcuni – gente forse di buona volontà ma di poco buon senso – provarono lungo i secoli a coprire i tagli ridipingendoli. Niente da fare, le ferite riaffioravano. Fa parte proprio della serietà il fatto che la Madonna ci ricorda che ha nemici nella “stirpe del drago” e che protegge quelli della stirpe di suo Figlio (Gen. Cap. III).

Mi sono rallegrato specialmente nel vedere la quantità di persone che si confessavano. Davanti ad ogni confessionale c’era una fila, nonostante non fossero meno di dieci i sacerdoti che ascoltavano i penitenti. Ed era un giorno feriale. In giorni festivi sono occupati tutti i confessionali della Chiesa oltre ad alcuni confessori che rimanevano all’esterno, con l’invariabile fila di penitenti davanti.

Un’altra caratteristica molto simpatica è che c’è una cappella all’esterno del santuario dove un sacerdote distribuisce la Comunione ogni quindici minuti a chi la chieda. I fedeli si comunicano in ginocchio e ricevono l’eucaristia in bocca.

I cantici sono tradizionali. Nel santuario si mantiene ancora la vecchia tradizione delle corti, quando l’entrata e l’uscita del re veniva sottolineata da musiche particolari. Qui, sia per la apertura che per la chiusura dell’altare della Regina del Cielo, una banda di trombe interpreta un vecchio inno, maestoso e sacrale.

Nel tesoro del santuario possiamo ammirare alcuni dei numerosi manti della Vergine. Ci sono di ogni stile e dimensione, alcuni di grandissimo valore, come uno interamente coperto da ambre del Mar Baltico, rifulgente di giallo. Esiste anche un museo storico dedicato all’assedio dei protestanti in cui abbiamo visto innumerevoli armi dei difensori del santuario, le loro divise, i loro stendardi nonché qualche palla da cannone sparata dagli eretici svedesi.

Ma quello che colpisce di più sono i continui pellegrinaggi al luogo. Ci sono pellegrini solitari, ma la maggior parte sono gruppi. Arriva un gruppo di professori, poi uno della Marina militare, dopodiché i dottorati di una determinata università, i fedeli di una certa parrocchia, i liceali all’ultimo anno, una simpatica ma chiassosa comitiva di bambini dell’est della Polonia. Un gruppo esce quando l’altro entra, mentre altri ancora, sostano in preghiera davanti alla Madonna.

Nell’intervallo fra le Messe i fedeli possono “camminare” in ginocchio in un apposito percorso dietro l’altare, il che permette di avvicinarsi molto alla sacra immagine.

La vera gloria nasce solo dal dolore

Come noto, arreca gloria solo ciò che è arduo e laborioso da realizzare. È innegabile che l’assedio di Czestochowa fu realmente molto difficile per i difensori. Dovettero rimanere fedeli quando tutti, letteralmente tutti, chinavano il capo davanti all’invasore. Ma la loro perseveranza si incise in modo profondo nella memoria e nella gratitudine nazionale, conquistando un’ammirazione profondamente radicata.

Dobbiamo chiedere alla Madonna di Czestochowa che il popolo polacco di oggi non abbia paura di essere pietra di scandalo in una Europa scristianizzata. Quando tutti chinano il capo davanti a crimini come l’aborto, ci auguriamo che la Polonia sia fedele fino in fondo e non transiga. E per la sua intransigenza svegli le coscienze europee e vinca con l’aiuto di Maria, come vinse Fra Kordecki.

 

Questo testo di Valdis Grinsteins è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. È possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it

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