Un Vescovo scrive alla Santa Sede sui pericoli del relativismo dogmatico

Durante i pontificati di Giovanni Paolo II (1978-2005) e Benedetto XVI (2005-2013), la Chiesa Cattolica, più o meno nel mondo intero, ha subìto una gravissima crisi teologica e dottrinale, i cui effetti morbosi sono oggi, innegabilmente, sotto gli occhi di tutti.
Mentre il progressismo post-conciliare avanzava indomito in tutti i settori della Cattolicità e il laicismo ateo e antropocentrico devastava a vari livelli la politica e la cultura mondiale, specie in Occidente, una bella figura di presule, vero Successore degli Apostoli, si opponeva a questi due moti eversivi, che a termine sembravano, e sembrano, ricongiungersi e portare l’umanità al punto zero in termini di valori e di principi non negoziabili.
Così, attraverso l’accurato lavoro del noto filosofo e teologo mons. Antonio Livi, disponiamo oggi di una preziosa scelta di Lettere che mons. Mario Oliveri, vescovo di Albenga-Imperia dal 1990 al 2015, inviò alla Santa Sede per denunciare le criticità della teologia cattolica più diffusa e ufficiale, avendo come metro di giudizio non i suoi legittimi gusti personali, bensì il Magistero e la Tradizione, quali fonti sempre vive di orientamento pastorale. Sono state raccolte nel volume Un Vescovo scrive alla Santa Sede sui pericoli del relativismo dogmatico (Casa Editrice Leonardo da Vinci, Roma 2017, pp. 130, €20).
In queste nobili e coraggiose epistole, il prelato ligure parla dei problemi posti alla coscienza dei fedeli dalle tendenze ecclesiali maggiori in fatto di ecumenismo, dialogo interreligioso (specie con gli ebrei), di episcopato, di liturgia e dei pericoli della collaborazione femminile al ministero ordinato.
L’Autore si rivolge sia ai Sommi Pontefici Woytjla e Ratzinger, sia ai vari Prefetti delle Congregazioni romane, ricevendo a volte autorevoli risposte, che mons. Livi ha aggiunto in calce alle Lettere di mons. Oliveri.
Sinteticamente, si tratta di un libro-documento di valore storico e al contempo apologetico: lo Spirito di verità non può abbondonare mai la Chiesa, anche se esso, misteriosamente, si rifugiasse in vescovi e teologi di periferia, invisi per il fatto stesso all’autorità docente nel Corpo mistico di Cristo.
Scrive mons. Oliveri a Benedetto XVI il 25 maggio del 2005:
«La Dottrina teologica è stata sconvolta poiché – a partire dalla cosiddetta “nouvelle théologie” – si sono progressivamente abbandonate le categorie del ragionamento proprie della filosofia dell’essere, proprie della filosofia perenne, facendo invece ricorso alle nuove categorie della filosofia moderna, credendo di poter esprimere la verità della Divina Rivelazione adattandola ai modi propri di ragionare dell’idealismo, del soggettivismo, dello storicismo, del naturalismo e quindi inesorabilmente del relativismo» (p. 89).
Tutto è detto ed è ben detto. Che nuovi Vescovi si mettano sulla scia del coraggioso e dotto mons. Oliveri è la speranza che tutti coloro che amano il messaggio salvifico di Gesù debbono nutrire.
Questo testo di Fabrizio Cannone è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. È possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it