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Tra intrighi ed eroismi

Storia29 Ottobre 2021
Testo dell'audio

«Il cavaliere Agnolo Biffi si trovò a grandissimo pericolo colla galea, ch’egli guidava, e combatté valorosamente sino a che il grido della vittoria lo liberò, ma vi morirono in essa almeno circa sessanta uomini di valore: tra i quali furono Simone Tornabuoni, Cavaliere di Santo Stefano, e Luigi Ciacchi: i feriti ascesero alla somma di circa cento cinquanta e il detto capitano restò ancora egli ferito da due archibusate alla gola»: è, questa, una pagina del Diario Fiorentino di Francesco Settimanni, in cui dopo una sintetica ma efficace descrizione dello scontro, il cronista fa il punto sulle perdite toscane.

Già da questo breve passo emerge come l’ordine dei Cavalieri di Santo Stefano abbia avuto un ruolo fondamentale nella squadra toscana: la galera di cui si parla, la San Giovanni, era comandata da un cavaliere dell’Ordine e ben quattro galere sulle dodici della squadra (Patrona, Toscana, Pisana e Florentia) appartenevano a questa sacra istituzione di fresco conio, nata appena nove anni prima con l’obiettivo «dell’olocausto a Dio e alla Fede per il trionfo della Civiltà Cristiana». Un Ordine combattente con compiti di “polizia marinara”, che certo corrispondeva anche ai progetti di egemonia marittima di Cosimo I, duca di Firenze e dal 1569 granduca di Toscana, ma con una connotazione religiosa, che non venne mai meno nella sua lunga e gloriosa storia.

La partecipazione toscana all’epica giornata di Lepanto dunque ci fu e fu senza dubbio pagina di gloria, ma… qualcuno sembrò non essersene accorto: fu il pur benemerito e straordinario erudito e ricercatore settecentesco Ludovico Antonio Muratori, che parla per l’appunto di una «squadra pontificia», comandata dal generale del papa Marc’Antonio Colonna, il quale intervenne «colle sue galee»; omettendo di aggiungere che le dodici galee in questione appartenevano al granduca di Toscana e che Cosimo I le aveva messe a disposizione del pontefice Pio V.

Nell’archivio di Stato di Firenze si conserva il documento Capitolazione tra papa Pio V e il Gran Duca Cosimo per l’assunto delle dodici sue galere in servizio della Lega Santa. Fu infatti Cosimo a realizzare il desiderio del Pontefice di avere una “sua” flotta. Il neogranduca di Toscana (ma il titolo non era ancora stato riconosciuto dall’Impero) era infatti alla ricerca di una posizione di prestigio nello scacchiere internazionale e la nascita della Lega fu per lui un’occasione d’oro, anche se Filippo II di Spagna non gradiva affatto l’intraprendenza del principe toscano, ch’egli considerava alla stregua solo di un proprio “vassallo”. Ed, anche in questa circostanza, il sovrano spagnolo avrebbe di gran lunga preferito che il Papa dipendesse totalmente da lui per la flotta.

Alla fine, la spuntò il Medici. Le trattative tra Firenze e Roma furono comunque complesse, durarono tre mesi ma l’11 maggio fu firmato l’accordo: il pontefice ottenne dodici galere da Cosimo, ma con l’obbligo di pagarne solo sei. Comunque, alla fine, entrambe le parti avevano ottenuto ciò che volevano: il Papa una flotta che gli costò soltanto 3250 ducati al mese, Cosimo era entrato nella Lega, anche se solo in modo “ufficioso”.

 

 

Questo testo di Domenico Del Nero è tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it

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