Torino: la “cristianizzazione dello spazio”

Con il III secolo ebbe inizio, per la Julia Augusta Taurinorum, un processo di trasformazione, il cui elemento più significativo fu la diffusione del Cristianesimo, che cambiò Torino sia culturalmente che urbanisticamente. La cosiddetta «cristianizzazione dello spazio» passò attraverso l’abbandono delle strutture pagane (come teatro, anfiteatro, impianti termali) e la parallela e progressiva creazione di presìdi religiosi, che facevano capo alla chiesa episcopale, cui erano collegate le chiese martiriali extraurbane.
Negli anni che si collocano fra la morte di sant’Eusebio (283 ca.-371), vescovo di Vercelli e coraggioso esponente della lotta all’arianesimo, e quella di Ambrogio di Milano, Vescovi che esercitarono una grande influenza nel primo Cristianesimo piemontese, Torino divenne sede di Diocesi, sotto le cure del Protovescovo San Massimo. Dai suoi Sermoni si apprendono le difficoltà che i seguaci della nuova religione incontravano nel portare la parola di Dio in un ambiente, dove le pratiche pagane erano ancora presenti. Si veneravano particolarmente Ercole, Giove, Diana ed aleggiavano le credenze egizie: celebre il culto ad Iside, le cui tracce sono tuttora presenti sotto la neoclassica chiesa della Gran Madre di Dio, eretta dopo la Restaurazione, come ringraziamento del ritorno di Vittorio Emanuele I sul trono di Torino.
Alla fervida opera evangelizzatrice di San Massimo si deve, oltre allo sradicamento del paganesimo, anche l’introduzione della devozione per Giovanni Battista, al quale è dedicato il Duomo di Torino, adiacente al Teatro Romano. L’area sacra, anticamente, era costituita da tre chiese paleocristiane in stile romanico dedicate a San Salvatore, a Santa Maria di Dompno, a San Giovanni Battista. La consacrazione dell’edificio al Battista è fatta risalire ai Longobardi e con precisione ad Agilulfo, re dal 591 al 615, la cui moglie, Teodolinda, fece proclamare san Giovanni Patrono del Regno.
Numerosi sono i Sermoni di San Massimo relativi ai martiri, il cui culto veniva alimentato dalle reliquie conservate in loca santa; proprio in onore dei martiri si edificarono due chiese cimiteriali, una ad ovest della città a lato della via delle Gallie, dedicata ai martiri Tebei Avventore, Solutore, Ottavio; l’altra a nord-ovest, legata al culto del martire San Secondo, luogotenente di San Maurizio (?-287 ca.), comandante della legione Tebea, inviata dall’imperatore Diocleziano in aiuto a Massimiano, per combattere alcune popolazioni della Gallia, che rifiutavano di rinnegare la religione cristiana.
Torino, nella metà del Cinquecento, non si distingueva dal punto di vista economico o demografico da altri centri urbani come Chieri o Mondovì, ma per quanto riguarda la vita religiosa rivestiva un ruolo preminente: infatti, la dinastia dei Savoia, fino al massonico Vittorio Emanuele II (1820-1878), non concepì mai il Trono senza l’Altare e strettissimo fu il legame con Santa Romana Chiesa.
Sul piano religioso e cultuale i Principi sabaudi sostennero la diffusione del catechismo controriformistico del Cenisio, appoggiarono l’ingresso dei Gesuiti a Torino, promossero la costruzione di nuove e belle chiese e diffusero la devozione alla reliquia più importante: la Sacra Sindone, divenuta di proprietà di Casa Savoia nel 1453. Nel 1578 venne trasferita a Torino: l’occasione fu la richiesta da parte di San Carlo Borromeo di venerarla per sciogliere un voto fatto in occasione della peste di Milano.
Il trasferimento del Sacro Lino, che sarà poi custodito nel Duomo, venne fatto per abbreviare il pellegrinaggio a piedi dell’Arcivescovo: l’ostensione si tenne nella Real Chiesa di San Lorenzo in piazza Castello, fatta erigere nei pressi di Palazzo reale, quale ex voto di Emanuele Filiberto dopo la vittoriosa battaglia di San Quintino in Francia, il 10 agosto 1557, giorno di San Lorenzo, una battaglia che diede un forte contributo alla fine (trattato di pace di Cateau-Cambrésis) del ciclo storico delle guerre d’Italia del XVI secolo, soprattutto fra Asburgo e francesi, e vinte dai Savoia grazie all’ausilio degli spagnoli.
La chiesa di San Lorenzo si sviluppò sul progetto dell’architetto Ascanio Vittozzi (1539-1615), poi rivisto da Carlo di Castellamonte (1571-1640); tuttavia l’attuale chiesa barocca, vero e proprio gioiello d’arte sacra, è in gran parte opera di Guarino Guarini (1624-1683), geniale sacerdote teatino. San Carlo Borromeo, giunto alla meta del suo pellegrinaggio, celebrò la Santa Messa, alla presenza di Torquato Tasso (1544- 1595), proprio in San Lorenzo.
Questo testo di Marie Perrin è tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it