Sulle orme dell’Arcangelo

Seguire le orme dell’Arcangelo significa ripercorrere con gli occhi della fede le tracce fisiche e tangibili, che fin dai tempi antichissimi san Michele ha lasciato nella sua specifica funzione di difensore del popolo di Dio e della fede contro il Maligno. Sono tracce molto particolari, tutte concrete e ben riconoscibili, che hanno spesso come comune denominatore l’essere scavate nella roccia o visibili in paesaggi montuosi e inaccessibili.
Basti pensare al santuario di Monte Sant’Angelo sul Gargano, dove l’Arcangelo ha lasciato impressa nella roccia dell’altare l’impronta di un piede; o la Sacra di San Michele in Piemonte su un picco impervio; o Mont Saint-Michel in Francia e Saint-Michael’s Mount nell’Inghilterra sud-occidentale, in isolotti separati dalla terraferma durante l’alta marea. Tutti luoghi che, secondo la tradizione, si collocano lungo una stessa linea retta, che rappresenterebbe la traccia del colpo di spada con cui l’Arcangelo fece sprofondare Lucifero nell’inferno.
Lungo questa stessa linea o assai poco distante da essa si trova un altro luogo dedicato a san Michele, forse meno noto, ma non per questo meno importante. Si tratta di una grotta, che si trova sul versante occidentale del Monte Tancia.
Immersi completamente nella natura, fra i profumi del bosco e il sole che filtra tra gli alberi, si giunge in un piccolo pianoro sotto la falesia, dove sono ancora visibili i resti diroccati dell’eremo dei frati di san Michele. L’antro è una grotta carsica modellata nei millenni dall’azione dell’acqua e poi perfezionata dalle mani dell’uomo. All’interno un semplice altare di pietra, coperto da un ciborio con due colonne su capitelli e alcuni affreschi probabilmente databili all’XI secolo, ma con tracce di rifacimenti successivi.
La dedicazione della grotta a san Michele è legata a san Silvestro. Secondo la leggenda riportata nel manoscritto Revelatio seu apparitio S. Michaelis Arcangeli in Monte Tancia, nel IV sec. d.C. queste montagne erano devastate da un serpente pestifero, un drago che aveva preso possesso della grotta. Un giorno papa Silvestro stava pregando sul Monte Soratte, che si trova verso la costa tirrenica di fronte alla montagna reatina, chiedendo la salvezza per queste popolazioni. All’improvviso, guardando la montagna a est, vide l’accoglimento delle sue preghiere: due angeli scesero dal cielo fra tuoni e saette e cacciarono il drago dalla grotta, spingendolo in un anfratto vicino. L’8 maggio successivo, alla presenza di una gran folla, egli consacrò la grotta a san Michele arcangelo.
Questo testo di Lucia Alberti è tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it