Spot pro-choice: l’aborto come cura di sé, Rete furibonda
Stati Uniti: è stata forte l’indignazione in rete dopo la diffusione dello spot, realizzato da Afiya Center, organizzazione pro-choice di Dallas, spot secondo cui abortire per le donne di colore significherebbe prendersi «cura di sé» e della propria «famiglia».
Secondo quanto dichiarato sul proprio account Twitter dalla presidentessa di Culture of Life Africa, Obianuju Ekeocha, questo spot rappresenta un esempio di razzismo misto a sfrontatezza abortista: «Le comunità di colore sono state attaccate dall’industria dell’aborto. Le loro donne hanno tre volte più probabilità di abortire rispetto alle donne bianche. Ed ecco spuntare adesso una campagna pubblicitaria, che giunge addirittura ad idealizzare questo massacro!».
Sulla stessa linea anche il messaggio Twitter di un’altra leader pro-life, Abby Johnson, mentre Patti J. Smith, coordinatrice regionale dell’organizzazione Silent No More Awareness Campaign, ha bocciato tale spot, specificando come l’aborto non sia un modo per aver cura di sé, bensì una forma di «autolesionismo». Anche perché il bambino, che si propone di uccidere, è egli stesso parte di quella famiglia, di cui, secondo questo spot grottesco, ci si vorrebbe prender cura. In un modo decisamente orribile e fuorviante.
Afiya Center si dice orgogliosa d’essere l’unica organizzazione abortista, gestita da donne di colore e rivolta a donne di colore. Cui però offre una cosa sola: l’aborto. Che non è mai una soluzione. È l’uccisione del figli in grembo. È morte, sfruttamento e alienazione. Ecco perché quelle proteste in rete.