Simul Adoratur

Il rito della recita del Credo è semplice. La dizione ad alta voce è un invito a tutti i presenti a unirsi al sacerdote con la bocca e col cuore e proclamare gioiosamente la fede. Mentre si pronunciano le prime parole, si sollevano e aprono le mani per significare il sentimento gioioso dell’anima adorante; poi si tengono congiunte in preghiera all’altezza del petto. Questo devoto atteggiamento corrisponde all’umile omaggio e al fiducioso abbandono all’infallibile infinita sapienza e veracità di Dio; esso intende esprimere la perfetta sottomissione della volontà e dell’intelletto all’infinita maestà e signoria di Dio com’essa è contenuta nella “obbedienza della fede”.
Le tre inclinazioni del capo alle parole Deum – Iesum Christum – simul adoratur, cioè nella professione di fede nel Padre, Figlio e Spirito Santo sottolineano la dovuta profonda venerazione verso le tre Persone divine. Il testo: Et incarnatus… è accompagnato da una lenta genuflessione per venerare e glorificare doverosamente questo ineffabile mistero della sottomissione e abnegazione di Dio. Mentre pronuncia le parole finali, il sacerdote si fa il segno della santa Croce.
Questo segno ha diversi significati: può riferirsi sia a tutto il Credo sia, in particolare, alle parole che vengono pronunciate in quel momento. Nel primo caso è appropriato terminare e sigillare il Credo con la Croce perché essa non è solamente il più chiaro contrassegno cattolico, una concisa confessione della nostra fede, ma è anche la sua arma di difesa e protezione contro tutti gli avversari e i pericoli che la minacciano. A questa interpretazione se ne possono accostare altre in particolare relazione con le parole conclusive: “e la vita del secolo futuro”.
Da un lato si vuole qui indicare che solamente la via regia della Croce, la via del dolore e della sofferenza porta alla Patria dell’incomparabile felicità e dell’eterna gloria; dall’altro lato, si ricorda che il segno della Croce splendente apparirà in Cielo alla venuta di Cristo nel Giudizio universale. Mentre nelle liturgie Ortodosse il Credo è collocato dopo il bacio di pace che segue all’Offertorio, nella liturgia Romana viene invece recitato dopo il Vangelo; nell’Ortodossia infatti è parte integrante di ogni Messa; d’altra parte nella nostra è previsto come segno particolare di devozione solamente in certi giorni solenni.
Nel rito Romano della Messa il Credo occupa la posizione più conveniente. Si può considerarlo, infatti, come la conclusione della prima parte o come l’inizio del momento principale, il che significa in fin dei conti la medesima cosa: esso è comunque l’anello di congiunzione più opportuno tra le due parti. Come fioritura e frutto delle letture bibliche precedenti, conclude da un lato la partecipazione attiva dei fedeli, e dall’altro è la pietra angolare e il fondamento per l’incipiente celebrazione del Sacrificio che è chiamato anche, a questo proposito, “Mistero della fede”.
Giacché solamente certe Messe sono contraddistinte dalla solenne Confessione di fede e quindi privilegiate nei confronti delle altre, sorge allora la domanda di quali siano i criteri che hanno indotto a includere il Simbolo nel rito della Messa. I liturgisti indicano generalmente tre motivi e li denominano con le parole: Mysterium – Doctrina – Solemnitas.