Sicilia, feudo di Maria

La felice espressione di Pio XII, titolo dell’articolo, sintetizza la storia d’amore di un popolo straordinario, quello siciliano, e la creatura più perfetta che abbia calcato la terra, la Madre di Dio. E nell’amore a Maria i siciliani hanno forse superato tutti gli altri popoli.
Tale amore è stato incentivato dal cielo sin dagli inizi dell’era cristiana e ampiamente ricambiato. Nella cattedrale di Messina si conserva una lettera, datata 42 d.C., che la tradizione attribuisce alla Madonna che loda la “fede grande” dei messinesi e si proclama loro “perpetua protettrice”.
La veridicità del documento è controversa, ma il favorevole atteggiamento dei Papi e dei vescovi locali, la fede dei messinesi e i numerosi miracoli operati in ogni tempo e in diverse nazioni nel solco di questa devozione, lasciano comprendere quanto il rapporto tra Maria SS.ma e la città sia antico ed efficace.
Antichissima fede in Maria
Secondo vari autori la devozione a Maria nasce già in Sicilia con la prima evangelizzazione, che vide la presenza per tre giorni di san Paolo e forse anche di san Pietro. I santi Procolo e Globodeo, nel presentarsi quali seguaci di Cristo a santa Ninfa, non possono non citare la sua Madre Vergine. Nelle catacombe di Siracusa troviamo le prime sculture raffiguranti Maria, e in quelle di san Giovanni il primo dipinto, risalenti al IV secolo.
Chiese, pitture e statue sono sempre più numerose nell’isola, soprattutto dopo la liberazione dai goti operata dal bizantino Belisario (535), che innalza la chiesa della Pinta in ringraziamento; e la liturgia è talmente intrisa di riferimenti mariani che «non esiste una cerimonia senza un’invocazione a Maria» (A. Raes, Maria nella liturgia orientale dal sec. V in poi).
Fra l’VIII e il IX secolo cantori dell’immacolato concepimento sono i grandi innografi siracusani (di cui alcuni vescovi e santi canonizzati). Degno di citazione più di tutti è san Giuseppe innografo, che scrive 400 inni (di cui molti ancora inseriti nella liturgia bizantina), che la chiama addirittura “immacolatissima” (ma non è il solo a farlo). L’invasione mussulmana caccia nelle catacombe la chiesa siciliana, ma non spegne questa ardente devozione.
La Madonna delle Milizie
La liberazione della Sicilia dal dominio mussulmano inizia nel 1061 con la consegna da parte di Papa Nicolò II al conte Ruggero d’Altavilla del vessillo raffigurante Maria e il Bambino, che accompagnerà il condottiero normanno in 31 anni di battaglie.
Non si contano gli scontri in cui la vittoria arrise ai normanni per un intervento celeste, ed essi regolarmente “ricambiano”, edificando chiese sempre più splendide alla Madre di Dio. Cito per brevità soltanto le due apparizioni a Ruggero nei due assedi di Palermo del 1064 e del 1071.
In quest’ultimo caso la Vergine gli apparve sulla porta, passata la quale, il gran conte entrò finalmente a Palermo. Ma nel 1091 i musulmani tornano in forze e si presentano sulla costa di Scicli con 600 chelandre e 60.000 uomini. Gli sciclitani si schierano sulla spiaggia per vendere cara la pelle, dopo avere chiesto l’intervento di Maria SS.ma.
Ed ecco apparire in alto la Madonna, su un bianco destriero con la spada in pugno, mentre una fitta nebbia avvolge improvvisamente i saraceni che nella confusione si uccidono fra loro. Giunge in quel momento Ruggero con una schiera di normanni e insieme agli sciclitani attacca il nemico, ricacciandolo presto in mare.
La “Madonna delle Milizie”, la cui devozione è diffusa in quella zona del ragusano, viene ricordata da una bella statua equestre e la battaglia viene ricostruita scenicamente ogni anno.
La partecipazione della Vergine SS.ma è testimoniata e ricordata in tanti altri eventi bellici, ma anche nella lotta alle pestilenze nella quale la sua intercessione presso di Dio è determinante, tantissime volte, perché esse cessino repentinamente.
Palermo e l’amore per l’Immacolata
Ed il popolo siciliano non è certo ingrato. Già nel 1425 l’Immacolata Concezione è festa di precetto. La nostra terra vedrà la nascita nella storia della Chiesa: del primo trattato di mariologia (1602), intesa quale disciplina autonoma e non quale branca della patristica; del primo Mariale (1623); nel 1619 Palermo invita una petizione a Paolo V perché ne proclami il dogma.
Ma una particolare attenzione dobbiamo dedicarla a quanto avviene nella città devastata da una peste terribile quel 27 luglio del 1624, che vede esplodere, fra tanti celesti prodigi, la devozione a santa Rosalia.
Palermo verrà liberata dall’epidemia a seguito del ritrovamento dei resti della Santuzza, portati trionfalmente in processione, ma, contemporaneamente alla proclamazione della romita a patrona della città, il senato, riferendosi alla Beata Vergine, si propone di «honorare la sua Immacolata Conceptione con fare la festa nel suo giorno».
Ancor più, il 15 agosto dello stesso anno, il senato stesso, il cardinale Giannettino Doria, viceré di Sicilia e arcivescovo di Palermo, il capitolo e il clero palermitano, giuravano di professare e difendere «ad ultimum vite spiritum» il mistero della Concezione, celebrarne la festa e digiunare alla vigilia.
Il 16 novembre l’Immacolata è proclamata patrona e principale protettrice della città con la specifica riportata nell’atto del senato di essere pronti a spargere il sangue in difesa del Concepimento Immacolato.
Dal 1700 in poi il sommo magistrato cittadino appose la sua firma pubblicamente e solennemente per tale giuramento, mutato in una più modesta supplica dopo il 1854, quando tale verità divenne dogma della Chiesa, da ritenersi per fede da parte di tutti i credenti, e quindi implicitamente meritevole del versamento del sangue.
Ma Palermo non è sola in questo slancio di consacrazione all’Immacolata. Si legano poi, con modalità diverse, Trapani (1639), Ciminna (1640), Catania (1643), Noto (1644).
Nel 1799 il clero ed alcune comunità religiose palermitane chiesero, (e ottennero per la prima volta nella storia della Chiesa), a Papa Pio VI, prigioniero dei francesi a Firenze, l’autorizzazione a celebrare la festa del Cuore di Maria, con ufficiatura propria. Il Pontefice acconsentì rimettendo l’esecuzione della concessione all’arcivescovo di Palermo, che, sorpassando il suo mandato, la estese a tutta la diocesi, attirando su di sé i fulmini della Sacra Congregazione dei Riti.
Nel 1850 l’episcopato siculo si pronuncia favorevolmente all’unanimità alla richiesta della Santa Sede circa la definizione dommatica.
Il 17 ottobre del 1954 il cardinale Ruffini, in unione a tutti i vescovi, le autorità politiche, regionali e nazionali, e una immensa moltitudine, rinnova solennemente la consacrazione dell’isola.
Il 27 ottobre del 2001 il presidente della Regione siciliana, on. Salvatore Cuffaro, pronuncia un atto di affidamento al Cuore Immacolato di Maria nel santuario di Siracusa, straripante di fedeli.
Eppure anche questo patrimonio, accumulato nei secoli, è in via di progressiva riduzione. Perché? Cosa fare? O i siciliani ritrovano la propria identità nello slancio verso il trascendente, nello splendore di una tradizione che è cristiana e mariana, o si avviano verso una globalizzazione senza onore che li trasformerà in massa di consumatori senz’anima.
Che Maria liberi la Sicilia dalle pestilenze del nostro tempo, sicuramente peggiori di quelle passate!
Questo testo di Diego Torre è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. È possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it