Serra San Bruno all’ombra della Certosa

Giunto nell’Italia meridionale al seguito di papa Urbano II, il fondatore tedesco, san Bruno, volle replicare nella Calabria interiore l’esperienza religiosa già inaugurata nel 1084 nei dintorni di Grenoble e, per questo, dette avvio all’edificazione di un monastero, con l’appoggio dei sovrani normanni, alle sorgenti del fiume Ancinale. Il cantiere richiamò numerosi operai che, per rimanere separati dai monaci durante i lunghi anni di lavoro, vennero ospitati presso un primo nucleo residenziale, che, crescendo all’ombra della Certosa, sarebbe divenuto l’odierno paese.
Di impianto medioevale, poco rimane dell’antico abitato, in quanto quasi interamente distrutto dal tristemente noto terremoto del 1783, che, fra il 5 febbraio e il 28 marzo, colpì ripetutamente lo Stretto e rase al suolo diversi centri, sfigurò Reggio e Messina e causò migliaia di vittime. Anche la Certosa andò distrutta, ma venne faticosamente ricostruita, come il resto del paese: appare dunque naturale che, alla fine del Settecento ed al secolo successivo, risalgano gli straordinari monumenti del piccolo borgo, fra cui spicca la chiesa dedicata a san Biagio, patrono dei serresi, chiesa che conserva al proprio interno un patrimonio scultoreo miracolosamente scampato alla devastazione tellurica. Le statue di san Bruno e della Vergine, di santo Stefano e san Giovanni Battista, provenienti dalla Certosa e risalenti al XVII secolo, un Crocifisso opera di Antonio Scrivo e il san Nicola di Michele Amato colpiscono per realismo e autenticità e contribuiscono al pregio del luogo di culto principale della cittadina.
Serra San Bruno, che sorge alle pendici del Monte Pecorario, in un luogo ricco di pietra e granito, famoso per l’estrazione del carbone e la lavorazione del legno, seppe risollevarsi dalla catastrofe e ridisegnò la propria fisionomia nel corso del XIX secolo: a quest’epoca risale ad esempio l’attuale chiesa dell’Assunta in Terravecchia, il quartiere originario recuperato dopo il sisma, che venne innalzata nuovamente con materiale proveniente dai resti dell’antica Certosa. Per decorare i ricchissimi interni, i serresi si avvalsero della maestria di Giuseppe e Venanzio Pisani – che realizzarono gli stucchi e il tondo dell’Assunta –, degli scultori Antonio Regio e Vincenzo Zaffino, nonché della bottega degli Scaramuzzino, autori dell’altar maggiore, in legno dipinto a finto marmo.
Interamente nuova fu invece l’omonima chiesa dell’Assunta di Spinetto, il nuovo quartiere costruito per far rinascere il borgo alla fine del Settecento, realizzata dalla bottega dei Pelaggi su impulso di una confraternita locale, che rivaleggiava in splendore e devozione con la più antica ‘Terravecchia’: dei fasti religiosi che ebbero a caratterizzare questo luogo rimangono tutt’oggi le vestigia nelle articolate feste patronali e nelle complesse processioni, replicate con fede ogni anno. Particolarmente, durante la Settimana Santa il paese è un tripudio di riti, cerimonie e funzioni, che animano le contrade e rinnovano il fervore religioso nel memoriale della Passione di Cristo: di grande impatto sono infatti il rito della ‘Schiovazzioni’, durante il quale viene ricreato il momento della deposizione di Gesù dalla Croce, e la processione del Signore Morto, che giunge fino al calvario della cittadina.
Considerato come il ‘capoluogo’ delle Serre, il paese ha saputo conservare la propria ricchezza costituita sia dall’arte e dalla fede – il cui culmine resta la monumentale Certosa, nucleo centripeto del borgo –, sia dalle bellezze del Creato, che abbondano incontaminate nei suoi dintorni: l’aspetto naturalistico è una tra le principali componenti del luogo, luogo inserito nel Parco naturale regionale delle Serre, che contribuisce a vivere un’esperienza di pace e di raccoglimento non lontana dall’atmosfera vissuta a suo tempo da san Bruno e dai suoi compagni.
Questo testo di Lorenzo Benedetti è tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it