Il senso mistico della Messa

In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti.
Parliamo oggi della Santa Messa e del suo carattere sacrificale, secondo gli scritti di Padre Martin von Cochem e altri.
La Santa Messa è essenzialmente il Sacrificio del Calvario. Questo si manifesta nelle parole “sacrificio – oblazione – oblata”, pronunciate spesso durante la celebrazione, nelle genuflessioni, negli inchini e nei segni di croce. Ma si manifesta anche in modo mistico.
Innanzitutto, i paramenti rappresentano i vestiti che il Redentore portava il giorno della Sua morte crudele: l’amitto intorno al collo rappresenta le bende con cui gli occhi del Signore furono coperti; il camice bianco rappresenta la tunica che Erode mette addosso al Signore per dileggiarLo; il cingolo, il manipolo e la stola, che si porta attorno al collo e si incrocia sul petto, rappresentano le corde con cui il Signore venne legato e trascinato attraverso le strade di Gerusalemme; la casula o pianeta, assunta sopra le altre vesti, significa il mantello di porpora che portava, quando Pilato Lo presentò al popolo dicendo “Ecce Homo”.
L’Altare sopraelevato con sopra il Crocifisso rappresenta il monte Calvario. Il Celebrante inizia la Santa Messa con le parole In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti, come per dire: “Opero adesso nell’autorità di Dio Padre di Cui sono Sacerdote, di Dio Figlio in Persona di Cui sono Sacerdote, di Dio Spirito Santo per mezzo di Cui sono Sacerdote” oppure “Offro il Sacrificio in nome di Dio Padre a Cui lo offro, di Dio Figlio Che offro e dello Spirito Santo per mezzo di Cui lo offro”.
Seguono le preghiere ai piedi dell’Altare. Il celebrante si inchina profondamente: ciò significa l’inizio della Passione del Signore nell’Orto del Getsemani, dove sudava sangue e pregava prostrato per terra. Bacia l’Altare, che ricorda il bacio perfido del traditore Giuda, dopo di che il Signore fu consegnato nelle mani dei Suoi nemici.
Lo spostamento del messale significa lo spostamento del Signore da un giudice iniquo ad un altro: da Anna, Caifa, Pilato ad Erode e di nuovo a Pilato.
All’Offertorio comincia la parte sacrificale della Santa Messa per sé, quando il Signore misticamente ed anche Realmente viene sacrificato sull’Altare. Il silenzio ricorda quelle ore terribili, quando nostro Signore Gesù Cristo + pendeva in Croce e sopportava in silenzio tutti gli oltraggi della moltitudine giudaica.
I ventotto segni di croce durante il Canone, a parte un significato sacramentale, ci ricordano anche i tantissimi dolori e sofferenze, che il Redentore ha subìto nella Crocifissione. L’Ostia e il Calice vengono alzati, affinché i fedeli possano compensare con l’adorazione amorevole dei loro cuori, fino ad un certo qual modo, le indicibili bestemmie e sofferenze che aveva da sopportare.
Il Pater Noster rompe il silenzio per ricordare ai fedeli le sette ultime parole che il Redentore pronunziò in Croce.
La Sua morte viene rappresentata dalla separazione del Sacratissimo Corpo e del Preziosissimo Sangue e dalla frazione dell’Ostia. Il Calice rappresenta il sepolcro; la patena la pietra tombale; il purificatoio, la palla e il corporale, il lenzuolo di lino in cui il Suo Sacratissimo Corpo fu avvolto quando fu disteso nel sepolcro.
L’atto della Santa Comunione è un’ulteriore immagine della Sua sepoltura. In questo momento bisogna aprire i nostri cuori come un sepolcro al Signore, chiudendosi al mondo e unendosi pii ed incorrotti a Lui, per divenire un luogo di riposo per Colui che morì per amore nostro.
La Benedizione finale col segno di croce ricorda ai fedeli, di nuovo, che ogni benedizione viene dalla morte di Cristo. Il Vangelo di San Giovanni viene pronunziato e termina con le parole Deo gratias per ringraziare Dio, che nella Sua infinita misericordia ci ha concesso di assistere ad un Sacrificio così prezioso e così Santo.
I fedeli sono congedati con sentimenti di pietà e di umiltà, come uscendo dallo stesso teatro terribile della Morte del Signore sul monte Calvario, come se avessero preso impegno presso la Madonna e San Giovanni, ai piedi della Croce, di meritare il Cielo tramite il compimento fedele dei doveri del proprio stato di vita e mediante l’accettazione con pazienza di tutte le prove, le ingiustizie, le sofferenze e le difficoltà di questa vita per amore di Nostro Signore Gesù Cristo +, Che ci ha amati a tal punto e Che non potremo mai sufficientemente ringraziare ne ripagare per il Suo sempre ardente amore.
Amen.