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Santa Barbara. Patrona dei vigili del fuoco

Santi: ritratti di fede09 Dicembre 2019
Testo dell'audio

Sulla figura di santa Barbara, che la Chiesa ricorda il 4 dicembre, esistono diversi profili agiografici. Il luogo e l’epoca in cui è vissuta, a causa dei numerosi racconti sorti intorno al suo nome, non sono chiaramente identificabili, ma le narrazioni greche la riconducono al IV secolo in Nicomedia. Il suo culto è attestato nelle comunità cristiane d’Oriente (in particolare in Egitto e a Costantinopoli) e di Occidente (soprattutto a Roma e in Francia) sin dal VI-VII secolo. Santa Barbara conobbe una grandissima popolarità nel Medioevo grazie alla Legenda Aurea. Nonostante sia stata rimossa dal calendario romano generale nel 1969 a motivo di fonti storiche incerte, ella rimane comunque protagonista di un culto molto sentito e geograficamente molto esteso, grazie, in particolare, al gran numero dei suoi patronati (vigili del fuoco, marina militare, artificieri, artiglieri, genieri, minatori, architetti, ecc…).

Barbara era figlia di Dioscoro o Dioscuro, un uomo di religione pagana. In alcune agiografie, il padre decise di rinchiuderla in una torre a causa della sua grande bellezza, per proteggerla dal mondo esterno e dai pretendenti, che lei comunque respingeva. Barbara, già sul cammino della conversione al Cristianesimo, si interessò dei progetti per l’edificazione della torre e, notando che erano presenti due finestre, una a nord e una a sud, ordinò alle maestranze di costruirne una terza per richiamare simbolicamente la Santissima Trinità. Prima di entrare nella torre, inoltre, si immerse per tre volte in una piscina adiacente, battezzandosi da sola.

In altre versioni, invece, si dice che Barbara venne imprigionata a causa della sua conversione al Cristianesimo e alla sua pervicacia nel disobbedire al padre che la voleva pagana. Nella torre, la giovane fu istruita da filosofi, oratori, poeti e, studiando, giunse alla conclusione che il politeismo era una grande farsa. Temporaneamente liberata dal padre, si convertì al Cristianesimo, allora Dioscoro decise di costruirle un’imponente piscina con due finestre, ma ella fece aggiungere una terza finestra a tale edificio. Altre versioni specificano che Barbara aderì al Cristianesimo studiando i testi di Origene e, fuggita dalla torre, si recò proprio dal filosofo e teologo greco, ad Alessandria, per farsi battezzare.

Quando Dioscoro scoprì la nuova fede della figlia tentò di ucciderla, ma Barbara riuscì a scappare miracolosamente, trapassando le pareti della torre oppure, come sostengono altre fonti, volando su una montagna; volo visto da due pastori, uno dei quali la tradì, rivelando a Dioscoro la sua posizione. Maledetto da Barbara, egli venne trasformato in pietra e il suo gregge di pecore in uno sciame di locuste. Catturata, suo padre la trascinò davanti ad un magistrato (o prefetto) di nome Martiniano o Marziano. La giovane rifiutò di abiurare e venne sottoposta alle più atroci torture: avvolta in panni rozzi e ruvidi che le lacerarono le carni, ma Cristo, apparendole di notte, curò le sue ferite. I carnefici, quindi, tentarono di ustionarla, ma le fiamme accese ai suoi fianchi si spensero quasi subito. Le vennero tagliati i seni, le colpirono il capo con un martello, venne fatta sfilare nuda per le strade. Alla fine, suo padre la condusse in cima ad una montagna e la decapitò con le sue mani. Con Barbara subì il martirio un’altra giovane cristiana, Giuliana. Si dice che, scendendo dalla montagna, Dioscoro venne incenerito da un fulmine o da un fuoco disceso dal cielo.

Barbara e Giuliana furono sepolte da un uomo di nome Valentino e presso la loro tomba iniziarono a manifestarsi molte guarigioni miracolose.

La vicenda di santa Barbara presenta notevoli similitudini con la vita di santa Cristina. Le varie agiografie differiscono per molti particolari, compresi il tempo e il luogo in cui visse Barbara; riguardo alla data del martirio, esso sarebbe avvenuto sotto l’imperatore Massimino o Massimiano, ma non è chiaro se si tratti di Massimino il Trace, Massimino Daia o Massimiano. Per quanto concerne il luogo, invece, le fonti riportano diverse città natali, non solo Nicomedia, ma anche Antiochia, Eliopoli in Egitto, Eliopoli di Siria e un’altra Eliopoli presso Euchaita. Ma si parla pure della Toscana e di Roma. Tutta questa disparità di luoghi di origine testimonia l’adattamento della sua vita ai vari luoghi in cui era amata e venerata.

Il culto è attestato in maniera significativa a partire dal VII secolo, periodo in cui appaiono i primi Acta del suo martirio, di origine forse egiziana, una passio che servì come base per diverse agiografie composte nei secoli seguenti da vari autori, quali Simeone Metafraste, Usuardo e Adone di Vienne. Tuttavia, esistono anche documenti precedenti di una sua venerazione, come nel monastero di Edessa nel IV secolo. La santa era venerata a Roma fra il VII e VIII secolo, periodo in cui sono datate delle sue immagini nella chiesa di Santa Maria Antiqua. Il suo culto è attestato pure in Sabina e in Umbria prima dell’anno 1000. Intorno al IX secolo Barbara era venerata pubblicamente e ampiamente tanto nell’Oriente quanto nell’Occidente cristiano e durante il Medioevo si diffuse, grazie al trionfo del suo culto, l’uso del nome proprio di Barbara. Fra il XV e il XVI secolo era venerata in Germania come una delle «quattro grandi vergini», insieme alle sante Dorotea, Caterina d’Alessandria e Margherita d’Antiochia.

Secondo alcune fonti, le reliquie della santa furono portate a Costantinopoli nel VI secolo; da lì, nel XII secolo, vennero trasferite a Kiev, dove ora riposano nella cattedrale di San Vladimiro. Secondo altri documenti, le reliquie sarebbero invece state prelevate da Costantinopoli e portate a Venezia da Maria Argyropoula quando, verso il 1004, andò in sposa a Giovanni Orseolo; ma durante il dogato di Ottone Orseolo, due fratelli di Giovanni, Orso e Felicita, fecero spostare le reliquie dalla basilica di San Marco, dov’erano custodite, al monastero di San Giovanni evangelista di Torcello. Con la secolarizzazione dei beni ecclesiastici ordinata da Napoleone Bonaparte, le reliquie furono nuovamente spostate e collocate nella chiesa di San Martino di Burano, dove si trovano tuttora.

Nel XV e XVI secolo si assiste ad una fioritura di rappresentazioni di santa Barbara con opere artistiche, specialmente di autori italiani, fiamminghi e, in parte minore, tedeschi. Le diverse sfumature con cui viene narrata la sua vita ha fatto sì che, iconograficamente parlando, sia stata effigiata con un gran numero di elementi diversi. Il simbolo più comune e significativo è indubbiamente la torre a tre finestre, raffigurata tanto come ambiente in cui la santa viene collocata, quanto come miniatura tenuta in mano o poggiata ai suoi piedi. Il più antico simbolo, testimoniato da un affresco nella chiesa di Santa Maria Antiqua a Roma, è il pavone, che rappresenta una lunga vita, ma anche trionfo e immortalità. Il rimando al pavone è dovuto anche al fatto che, in alcune versioni agiografiche, si riporta che i suoi carnefici, quando si apprestarono a torturarla con delle verghe, esse si tramutarono in piume di pavone.

Inoltre, in quanto martire, a santa Barbara vengono associate spesso la palma, una corona o un diadema e la spada, l’arma con cui venne uccisa. Dopo il XV secolo gli emblemi a lei associati divengono anche il calice e l’ostia. Occorre sottolineare il fatto che santa Barbara e santa Chiara sono le uniche donne, fra i santi, a cui viene attribuita l’ostia nelle immagini sacre. Ricordiamo ancora che la martire uccisa dal padre è occasionalmente affiancata da cannoni o catapulte, armi che richiamano la morte subita da Dioscoro. Più rare, invece, sono le rappresentazioni in cui tiene un libro, che rimanda ai suoi studi, una torcia o in cui il padre appare ai suoi piedi, simbolo della vittoria della martire sul paganesimo.

Generalmente è presentata con ricchezza di abiti, spesso in tinta rossa per un chiaro rimando al suo cruento martirio, ma fino a prima del Concilio di Trento gli artisti la raffiguravano seminuda, in particolare là dove si rifacevano all’episodio in cui le vennero tagliati i seni, come era accaduto anche a sant’Agata. Dopo il Concilio, il culto e le rappresentazioni occidentali di santa Barbara diminuirono notevolmente e ci si concentrò di più sull’episodio finale del martirio, la decapitazione.

Sebbene, come si è detto, sia stata rimossa dal calendario romano generale, santa Barbara è ancora presente nel Martirologio romano e la continuazione del suo culto viene permessa da Santa Romana Chiesa.

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