Santa Balbina. Risanata dalle catene di san Pietro

In una fresca mattina di qualche tempo fa, me ne andavo, raccolta nel pensiero unico mio che è rivolto lassù, dalle parti del piccolo Aventino, che mi ha visto bambina e poi ragazza. Giunta allo slargo, che guarda in capo le Terme di Caracalla, mi infilai in un viale alberato, che sembrava chiamarmi da lontano. Sulla destra il centro anziani del rione, in fondo l’ignoto.
D’un tratto, tra le erbe ben nutrite, ecco apparirmi, in festosa armonia naturale, un pavone, elegante nel suo color verde foglia scintillante, con la coda a strascico e un ciuffetto di piume in testa. Tra il fogliame scorsi l’abside rotonda e gentile di Santa Balbina. Tornai sui miei passi per entrare in quella chiesa romita, che non avevo visitato mai. Mi persi nell’affresco di un pittore, che non avevo sentito mai nominare, di nome Anastasio Fontebuoni, fiorentino, ma attivo a Roma tra il Cinquecento e il secolo successivo. Dipinse qui e a Santa Prisca, chiesa poco distante, su commissione di due cardinali, che furono titolari della Basilica minore di Santa Balbina, cioè Pompeo Arrigoni e Giovanni Giustiniani.
L’affresco, in un turbine di angeli e nuvole, mostra Balbina, in veste rosa, seduta al centro, perpendicolare, per dir così, al piano di sopra dove Gesù, il suo sposo celeste, è, assiso tra le nubi, in gloria e in profumo di Trinità: il Padreterno – che nessuno ha mai veduto – è luce di disco d’oro e lo Spirito Santo, più in su, tenera colomba. Accanto a Balbina, a filo di terra, ci sono suo padre, san Quirino, un altro santo e papa, Alessandro I, che furono tutti insieme martiri cioè testimoni della Via, della Verità e della Vita in quell’alba di Cristianesimo romano.
Quel giorno, con gli occhi del cuore ben aperti, guardavo, anzi ammiravo e basta. Non sapevo che, molti anni dopo, in una serata di stelle, mi sarei ritrovata nel cortile del convento silente di Santa Balbina e lì, nei luoghi suoi, me ne sarei rimasta a interrogarmi su una Santa, che non conoscevo affatto e che invece volevo conoscere. Nella chiesa a lei dedicata e assai spoglia, pur nello splendore di certi mosaici romani in essenziale e magnifico bianco e nero, che fanno come da tappeto alla chiesa, e nello splendido soffitto a capriate lignee, ho ritrovato, nel cosmo che dà senso a tutto quanto, dopo lo studio, la gloria di lei che appare con gli occhi rivolti al cielo.
Camminando nel cortile di rare luci e quasi al buio, mi pareva, affacciata com’ero sul mistero, di sentir la voce di lei, Balbina, un soffio appena, e un poco balbuziente perché Balbina, in latino, viene da balbus ed è un cognomen. Lo stesso con il quale, ad esempio, conosciamo Cicerone, che in realtà si chiamava Marco ed era della gens Tullia. Ma tutti lo conosciamo per il suo cognomen (che poi per noi sarebbe il soprannome), Cicerone appunto, che vuol dire che lui o un suo antenato avevano un cecio in faccia, che comunque lo contraddistingueva dal resto dell’umanità.
Balbina indica, affettuosamente, chi tartagli un poco. Non era Balbina il praenomen, cioè il nome della nostra piccola Santa, che doveva forse essere Quirina, perché suo padre era Quirino, anzi san Quirino. Ma tutti in famiglia la chiamavano, di certo, Balbina, forse per quel suo difettuccio di pronuncia che in una bimba è tenero e amabile oppure perché lo aveva qualche suo antenato. Così doveva essere Balbina nella grazia del Signore, che, seguendo le sue vie misteriose, la volle per sé sposa amatissima, nella gloria dei cieli.
Il martirologio racconta la mirabile storia di Balbina in questo modo. Siamo agli inizi del II secolo d.C., durante l’impero di Traiano, imperatore spagnolo, gran generale, uomo d’azione e d’armi che, con i cristiani, non sapeva proprio che pesci prendere, come si evince dallo scambio di lettere con Plinio il giovane che, in pratica, gli scrive, quasi in confessione a tu per tu con chi detiene il potere supremo ovvero l’imperium, che i cristiani non compiono reati e quindi, come comportarsi con loro?
Balbina nasce, dunque, sotto Traiano, probabilmente da una gens importante, la Cornelia, famiglia senatoria tra le più antiche a Roma, di cui, però, doveva esser parte di un ramo minore, quello dei Balbo. I diversi rami, infatti, si riconoscevano dal nomignolo. Il più celebre di questo ramo dei Cornelii fu di certo Lucio Cornelio Balbo, braccio destro di Giulio Cesare, celebre per essere stato difeso in un processo da Cicerone. La famiglia Cornelia aveva molti rami differenti. Il principale, legato agli Scipioni, diede i natali a Cornelia e ai suoi due figli, tribuni della plebe, Tiberio e Caio Gracco. Nel III secolo, già in piena decadenza, i Cornelii ebbero un Papa, che si chiamò semplicemente Cornelio I.
Il nome del padre, tribuno militare, di nome Quirino, racconta, di certo, la provenienza sabina della gens, essendo Quirino, il Dio che muore e risorge, la Divinità della vita eterna al quale è sacro il mirto profumato, un Dio sabino. E il Colle Quirinale, il colle dove sempre ha abitato il potere massimo d’Italia (prima i Papi, poi i re sabaudi e infine il Presidente della Repubblica) è a lui dedicato ed era, appunto, colle sabino.
Balbina era, dunque, figlia del tribuno militare Quirino, al quale fu affidato papa Alessandro I, arrestato insieme con altri compagni di sventura e santità. Essendo la bellissima giovinetta colpita da una malattia misteriosa, che le ricopriva il bel volto e il corpo di pustole rosse, il padre, non sapendo che fare, illuminato dai tanti prodigi miracolosi compiuti dai cristiani, si rivolse proprio ad Alessandro I, il quale, come rimedio, offrì a Balbina le catene di a san Pietro. Toccate le catene, oggi conservate nella stupenda chiesa di San Pietro in Vincoli, alta sul rione Monti, la giovane guarì. Ed ecco perché la Santa viene spesso raffigurata insieme a una catena, la catena che la risanò e che simbolicamente la unì per sempre al Signore. Altri la ritraggono in compagnia di un angelo, che le insegna la via.
Segue, per il padre e per la figlia, il santo lavacro del Battesimo e, successivamente, l’arresto e il martirio. Balbina, come tante fanciulle romane del suo e dei tempi successivi (ad esempio santa Marcella), rifiutò qualsiasi pretendente. Entrambi, essendo cittadini romani, verranno decapitati per non aver abiurato il Santo nome di Gesù, come avvenne a san Paolo, anche lui civis romanus.
Per concludere, una curiosità. San Quirino, il padre di Balbina, venne tumulato, insieme con la figlia, sulla via Appia, nelle catacombe di Pretestato. Ma nel 1050, quando il culto delle reliquie era diffuso in tutta la Cristianità, papa Leone IX santo regalò il corpo di san Quirino a sua sorella Gepa, badessa di Neuss, nella Renania settentrionale, dove, tra il 1209 e il 1230, fu costruita una basilica intitolata al santo romano.
Il culto di san Quirino, che nell’iconografia, diventa un eroico cavaliere, è molto sentito in Germania dove ogni anno, a Perl, si corre la Quirinus Ritt, una cavalcata in costume romano con i cavalieri ammantati di porpora e porta croce. I resti di Balbina, invece, riposano nella Basilica del piccolo Aventino, dove il nostro viaggio finisce.
Questo testo di Benedetta de Vito è tratto dalla rivista di Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it