San Stanislao di Cracovia. Patrono della Polonia e Martire sulle orme del Battista

Stanislao di Cracovia, patrono principale della Polonia – il suo culto è particolarmente vivo anche in Lituania, Bielorussia, Ucraina, Stati Uniti – nacque il 26 luglio 1030, nei pressi di Cracovia, dai nobili cristiani Belislao e Bogna, dai quali apprese la vita di pietà e di sobrietà.
Terminò gli studi fra Gniezno, celebre università della Polonia, e Parigi, dove per sette anni si dedicò al Diritto canonico e alla Teologia, raggiungendo ottimi risultati, ma per umiltà rifiutò il grado accademico di dottore. Quando fece ritorno in patria e divenne, a causa della morte dei genitori, proprietario di una considerevole fortuna, Stanislao decise di offrirla in carità per i poveri e poter così servire Dio con maggiore libertà. Una volta ordinato sacerdote, Lamberto II Suła, vescovo di Cracovia fra il 1061 e il 1071, conoscendo quanto grande fosse la sua sapienza e la sua vita di virtù, lo nominò canonico della cattedrale.
Stanislao divenne esempio per il capitolo della cattedrale con le sue pratiche di penitenza, la lettura e la meditazione continua della Sacra Scrittura, le veglie di preghiera, il fervore che dimostrava nei divini uffici. Chiamato alla predicazione, si diffuse la sua fama di santità e in moltissimi, sia ecclesiastici che laici, accorrevano da tutta la Polonia per ascoltare la sua parola, i suoi consigli e avere la sua direzione spirituale. Così, quando morì il vescovo Lamberto, all’unisono, la gente lo volle sulla cattedra episcopale di Cracovia. Tuttavia, ritenendosi indegno ed incapace di tanta alta dignità, rifiutò energicamente. Ma fu costretto a piegarsi all’ordine di papa Alessandro II (1010/1015-1073), lasciandosi consacrare vescovo nel 1072.
Pienamente conscio di compiere le funzioni degli Apostoli, cercò di percorrere la strada della santificazione, peraltro già intrapresa. Indossò il cilicio fino alla morte e per distaccarsi sempre di più dai beni terreni, soccorse i bisognosi con grande generosità e per non dimenticare nessuno fece compilare un elenco di tutti i suoi assistiti. Era sempre a disposizione di quanti ricorrevano a lui per consiglio e soccorso, ed ogni anno visitava tutta la sua diocesi per estirpare gli abusi ed esigere dal clero una vita consona all’abito ministeriale.
In quel tempo la Polonia era governata da Boleslao II (1041-1081), chiamato l’Ardito, ma anche il Crudele, temerario e valoroso nella guerra contro i Russi, ma era un tiranno criminale e conduceva una vita depravata. Tutti avevano terrore del sovrano, ma a Stanislao era consentito andarlo a trovare di tanto in tanto e in quei momenti cercava di farlo riflettere sul proprio comportamento e sullo scandalo che diffondeva fra i suoi sudditi. Il Re dapprima si scusò, poi sembrò dare dei segni di pentimento, ma i buoni propositi durarono poco.
Un giorno, nella provincia di Siradia, Boleslao II fece rapire Cristina, la moglie del signore Miecislao, nota per la sua bellezza. L’aristocrazia polacca si indignò a tale atto: l’arcivescovo di Gniezno, primate del regno, e i vescovi della corte furono pregati d’intervenire, ma per non inimicarsi il sovrano, essi tacquero. Stanislao, invece, dopo aver pregato a lungo, decise di affrontare il Re e lo pose di fronte a possibili censure ecclesiastiche se non cambiava vita. Alla minaccia di scomunica Boleslao gli rispose: «Quando uno osa parlare con tanto poco rispetto ad un monarca, converrebbe che facesse il porcaio, non il vescovo», ma il Vescovo, alle offese, replicò a chiare lettere: «Non stabilite nessun paragone tra la dignità regale e quella episcopale perché la prima sta alla seconda come la luna al sole o il piombo all’oro».
Boleslao, allora, si apprestò alla vendetta. San Stanislao aveva comperato da un certo Pietro, la terra di Piotrawin, sulla quale innalzò la chiesa di Cracovia. Nell’atto di vendita nessuna formalità era stata omessa, tuttavia Stanislao, confidando nella buona fede dei testimoni, non aveva richiesto dal venditore una quietanza. Quest’ultimo morì e il Re mandò a chiamare i nipoti di Pietro, esortandoli a richiedere l’eredità come un bene usurpato dal Vescovo, assicurando che avrebbe provveduto a far tacere i testimoni. Il Vescovo venne quindi citato a processo, di fronte ad un’assemblea di giudici presieduta dal sovrano stesso e venne accusato dai discendenti di Pietro di usurpazione della loro proprietà. A questo punto Stanislao chiese ai giudici tre giorni di tempo, prima di essere condannato: promise di portare a testimoniare lo stesso Pietro, morto ormai da tre anni.
Pregò, digiunò, vegliò e il terzo giorno si recò al luogo di sepoltura, fece aprire la tomba e, toccando con il pastorale la salma, ordinò a Pietro di alzarsi nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Il defunto resuscitò e il santo lo condusse con sé al tribunale dove erano presenti Boleslao II, la corte e una grande folla. Tutti rimasero stupefatti, mentre il risorto dichiarò che il Vescovo gli aveva pagato la terra davanti ai due testimoni che pochi giorni prima avevano negato al processo, inoltre, rimproverò i nipoti per avere osato perseguitare ingiustamente il Vescovo di Cracovia, esortandoli a fare penitenza. Terminato il suo compito, fece ritorno alla sua sepoltura, pregando il santo di intercedere presso il Signore per abbreviargli le pene del Purgatorio.
Il miracolo della resurrezione colpì grandemente il sovrano polacco e per un certo periodo represse la sua lussuria e mitigò le sue crudeltà; intanto realizzò una spedizione militare contro i Russi, impadronendosi della loro capitale, Kiev. Quel trionfo, però, lo ricondusse alla vita di prima, fra passioni ed orge, dandosi persino alla pubblica sodomia. Stanislao non rimase in silenzio e come san Giovanni Battista riprovò quei comportamenti: pregò per la conversione del Re, lo visitò diverse volte, ma tutto fu inutile.
Il Vescovo di Cracovia, pieno di sdegno per le offese a Dio, consultati altri vescovi, scomunicò pubblicamente Boleslao II, interdicendolo all’ingresso in chiesa. Poiché il sovrano continuò, nonostante le pene canoniche, a prendere parte ai riti liturgici, il Vescovo ordinò ai sacerdoti di sospendere i divini uffici ogni volta che lo scomunicato si recava in cattedrale; mentre lui andava a celebrare la Santa Messa nella chiesa di San Michele, fuori Cracovia. Era l’11 aprile 1079, quando il Re si recò in questo sacro luogo insieme ad alcune guardie per uccidere il Vescovo. Il sovrano ordinò di assassinarlo, ma le guardie caddero a terra per mano di una forza misteriosa, così fu lo stesso Boleslao ad impugnare la spada e con un fendente colpì il capo di Stanislao con tale violenza da farne schizzare le cervella contro la parete. Non soddisfatto, tagliò il naso e le labbra al martire, poi ordinò che il corpo fosse trascinato fuori della chiesa, fatto a pezzi e disperso per i campi per essere cibo degli animali.
Ma un nuovo miracolo si realizzò: quattro aquile difesero per due giorni le reliquie del santo e durante la notte esse rilucevano di splendore. Forti di questi prodigi, alcuni sacerdoti e fedeli, nonostante la proibizione del Re, raccolsero le sparse sante membra, che emanavano un soave profumo, e le seppellirono alla porta della chiesa di San Michele. Due anni dopo, nel 1088, la salma fu trasportato a Cracovia e seppellita prima in mezzo alla chiesa della fortezza e poi nella cattedrale (1088).
San Gregorio VII (1015-1085) lanciò l’interdetto sul regno di Polonia, scomunicando Boleslao II e dichiarandolo decaduto dalla dignità regale. L’ex sovrano, riprovato dai sudditi, iniziò un percorso di penitenza per i crimini commessi e cercò rifugio presso Ladislao I (1040-1095), re d’Ungheria. Pellegrino a Roma, Boleslao implorò il perdono del Pontefice e giunto ad Ossiach, nella Carinzia, bussò al monastero dei Benedettini per chiedere di essere accolto per il resto della sua esistenza come fratello laico. Così avvenne: sconosciuto a tutti si chiuse in convento, dedicandosi alla penitenza e ai lavori più umili. Stanislao, con il proprio sacrificio, salvò l’anima di colui che l’aveva martirizzato e per il quale il santo aveva tanto pregato affinché trovasse la strada della conversione.
Stanislao di Cracovia fu canonizzato ad Assisi da papa Innocenzo IV (1195 ca.- 1254) il 17 settembre 1253. Sulla sua tomba si verificarono molteplici miracoli, fra cui la risurrezione di tre morti. La sua memoria liturgica cade l’11 aprile, in Polonia la solennità si festeggia l’8 maggio, mentre la Messa tridentina lo ricorda il 7 maggio.
Si legge nel Martirologio Romano: «Memoria di san Stanislao, vescovo e martire, che fu strenuo difensore della civiltà e dei valori cristiani tra le ingiustizie del suo tempo; resse come buon pastore la Chiesa di Cracovia, prestando soccorso ai poveri e visitando ogni anno il suo clero; mentre celebrava i divini misteri, fu ucciso dal re di Polonia Boleslao, che aveva severamente rimproverato».