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San Pio V, Papa del Rosario e della vittoria di Lepanto

Storia28 Febbraio 2020
Testo dell'audio

Michele Ghislieri nacque nel gennaio del 1504 a Boscomarengo, presso Alessandria, da una famiglia povera ma discendente da una stirpe di piccola nobiltà di origine bolognese. Nel 1518 diventò religioso domenicano e nel 1528 venne ordinato sacerdote a Genova. La sua attività di predicazione e di insegnare.. ma soprattutto il suo esempio di vita devota ed austera. lo condussero a diventare priore in alcuni conventi dell’Italia settentrionale. A Pavia entrò a far parte della commissione della Santa Inquisizione. Il suo zelo venne notato dal celebre cardinale Giampietro Carafa, che nel 1551 lo chiamò a Roma per affidargli l’incarico di commissario generale della Romana Inquisizione.

Nel 1556 lo stesso Carata, divenuto Papa con nome di Paolo IV, lo consacrò vescovo di Sutri e Nepi. lo fece cardinale e infine lo nominò Supremo Inquisitore. Ghislieri svolse con esemplare rigore ed equilibrio questo delicato incarico, che gli diede notevoli problemi, anche perché dovette occuparsi di casi spinosi e processi clamorosi. Sotto il pontificato successivo, quello di Pio IV, egli venne allontanato da Roma e preposto alla diocesi di Mondovì. Ma in Vaticano non si erano dimenticati dei suoi servigi e, alla morte di Pio IV, il 7 gennaio 1566 II Conclave elesse Papa II cardinale Ghislieri, grazie anche al prestigioso appoggio di san Carlo Borromeo.

 

L’uomo

Secondo il grande storico Ludwig Pasto, il nuovo Papa considerava tutto dal punto di vista soprannaturale e gli stava a cuore una cosa soltanto: la salvezza delle anime; al servizio di questa missione egli pose tutta la sua attività e valutò l’importanza di ogni persona e istituzione». Questa sua pietà appariva non solo dal suo aspetto personale, macerato dalle penitenze e dai lavori, ma anche dal suo comportamento pubblico, dal suo governo. Il cardinale Commendone diceva di lui che, «Quando era in causa la purezza della fede e dei costumi, quando erano in gioco i diritti della Chiesa, egli dimostrava quella inflessibile fermezza che gli era caratteristica».

Tuttavia, nel suo governo egli temperava la severità con la clemenza in un equilibrio dettato dalla prudenza; egli ad esempio non solo perdonò, ma ricompensò la franchezza e la libertà di quei suoi collaboratori che avevano disobbedito ad un suo ordine esplicito giustificandosi col fatto della pia intenzione o di una effettiva riuscita. Lo storico protestante Ranke riferisce che «il popolo era trascinato nel vederlo guidare le processioni a piedi nudi, con il volto incorniciato da una veneranda barba bianca ed assorto in una sincera pietà».

 

Il suo stile di governo

Riprendendo l’esempio lasciatogli da Paolo IV, san Pio V ebbe uno stile pontificale in piena rottura con quello rinascimentale e diede slancio a quella che oggi chiamiamo Controriforma. Come se fosse rimasto il semplice frate domenicano di prima, egli non volle fare vita comoda né tenere una corte sfarzosa né favorire i propri parenti: al contrario, assunse una condotta quasi monastica e impose l’austerità anche ai suoi collaboratori e parenti.

Nel governo degli Stati Pontifici, egli ridusse di molto le spese impiegate per il lusso e le feste aumentò quelle destinate a riordinare gli affari pubblici. Ridusse lo strapotere dei cardinali di matrice rinascimentale, stroncando ogni forma di favoritismo e di nepotismo. Riformò la Curia pontificia e i Tribunali Apostolici. Sottopose a controllo la condotta dei chierici romani, affinché dessero il buon esempio alla Chiesa intera. Favorì san Filippo Neri nella sua opera di riforma del clero. Procedette alla riforma degli ordini religiosi, reclamandone il ritorno all’austerità della regola originaria e rendendo più rigorosa la clausura. Contrastò le interferenze politiche nella nomina dei cardinali, elevando alla porpora solo uomini di sicuro e provato zelo.

 

Un Papa santo e riformatore

Il più grande merito di san Pio V fu quello di aver attuato le decisioni e i decreti del Concilio di Trento in ordine alla riforma della Chiesa, che passarono dalle intenzioni alla realtà, dalla carta alla vita. Nel 1566 egli varò il catechismo ufficiale della Chiesa universale, noto oggi come Catechismo di Trento, steso da alcuni domenicani amici del Papa. Nel 1968 pubblicò il Breviario Romano riformato e nel 1570 l’ancor più importante Messale Romano riformato, che da lui prese il nome. In queste sue riforme, egli dichiarò di voler creare una nuova liturgia, ma solo di ripristinare quella venerabile della Chiesa latina, che era stata nei secoli deformata od appesantita da interventi inopportuni.

Successivamente avviò la stesura dell’edizione ufficiale latina delle Sacre Scritture, che verrà varata solo dal suo successore Clemente VIII. Celebrò come modelli di studio non solo gli antichi Dottori latini ma anche quelli greci, inoltre elevò san Tommaso d’Aquino al rango di Dottore della Chiesa, segnando il culmine della nascita degli studi teologico-filosofici dell’epoca. Nel 1566 riuscì a far ratificare ed applicare i decreti del Concilio di Trento dagli Stati cattolici membri di Romano Impero, avviando una rinascita della fede costumi nei popoli germanici. Volle incrementa sacra, ma non alla maniera dei Papi rinascimentali, bensì favorendo un’arte che fosse al servizio non del gusto estetico ma della fede, che fosse cioè religiosa non contenuti ma anche nelle forme espressive, che negli ultimi tempi si erano molto secolarizzate, a questi esiliò dal Vaticano alcune opere artistiche d’ispirazione neopagana, relegandole nei musei.

 

Un Papa missionario

San Pio V ebbe cura di incrementare le Missioni, promuovendo con zelo la diffusione del Vangelo nei continenti recentemente scoperti o riscoperti grazie alle imprese navali succedutasi dopo quella di Colombo. Inaugurò una commissione cardinalizia per la promozione delle missioni, ponendo le basi di quella che poi diventerà l’istituto Propaganda Fide. Dispose che una gran parte delle entrate ecclesiastiche fossero “investite” nell’organizzazione di missioni, soprattutto nelle Americhe ma anche in Cina e Giappone. Egli incoraggiò anche i missionari a costituire comunità d’indigeni che vivessero in luoghi separati dai coloni, per sottrarli alle loro angherie. L’impegno di san Pio V fu interamente e unicamente teso a promuovere i diritti di Dio, l’interesse della Chiesa e la difesa della Cristianità, minacciata da nemici sia interni (le eresie) che esterni (i turchi).

 

La difesa della fede

Una delle principali preoccupazioni del Papa fu la lotta contro il Protestantesimo. Sfruttando l’esperienza fatta in qualità di capo della Santa Inquisizione, sviluppò questa istituzione, che riteneva indispensabile per difendere la fede dei cristiani, soprattutto dei semplici, prevenendo od ostacolando il diffondersi e il prevalere dell’eresia nei Paesi rimasti cattolici. Intensificò i processi e riempì le carceri, avendo però sempre cura di liberare gli accusati conosciuti innocenti o che avevano abiurato l’eresia.

 

La difesa della Cristianità

Il maggior successo di san Pio V fu la sua crociata contro i turchi, che ne arrestò la potenza espansiva che aveva già occupato gli interi Balcani. Essa fu risultato delle preghiere, delle penitenze e del paziente lavoro diplomatico del Papa stesso, che riuscì a ricomporre i dissidi fra gli Stati Cattolici e ad unirli in un fronte comune per affrontare il pericolo musulmano.

Così scrisse nel 1570 al Re di Spagna Filippo II per esortarlo alla crociata: «Noi la scongiuriamo di allearsi con tutti i sovrani cristiani, per scendere in guerra contro i più crudeli e implacabili nemici del nome di Gesù Cristo. (…) Preghiamo incessantemente Dio per la vittoria, sperando che il Padre delle misericordie ce ne farà vedere gli effetti, e che non permetterà che il suo popolo cada sotto il tirannico dominio di questi infedeli. Egli sarà certamente con noi per proteggerci, se noi difenderemo generosamente gl’interessi della Chiesa. Egli è sempre pronto ad accoglierci, se noi ritorniamo da Lui con cuore contrito. Se ci vedrà combattere per la gloria del suo Nome, Egli getterà lo spavento e il terrore nell’animo di quei barbari, che fuggiranno alla vista delle nostra armata».

 

Il Papa di Lepanto e del Rosario

Difatti, per quanto inferiore di numero, la flotta crociata vinse nella storica battaglia di Lepanto (1571), che fu miracolosamente vista dal Papa dalla finestra del suo studio romano. Egli poi incoraggiò le potenze cattoliche a proseguire la crociata fino ad arrivare a Istanbul; ma le divisioni fra di esse risorsero e la morte del Papa pose fine ad una impresa che avrebbe potuto debellare il pericolo islamico oltre un secolo prima di quanto poi avvenne. Il Papa attribuì la vittoria all’intercessione della Madonna, sotto a cui protezione aveva messo l’impresa; egli ordinò dunque che ogni 7 ottobre, giorno di Lepanto, venisse celebrato come festa della Madonna delle Vittorie; il fatto poi che gli stessi combattenti attribuirono la salvezza della Cristianità alla preghiera del Rosario, spinse la Chiesa a dedicare quel giorno alla Madonna del Rosario, la cui pratica venne in questo modo rafforzata. San Pio V morì a Roma il I° maggio 1572, dopo solo 6 anni e mezzo di pontificato. Venne canonizzato da Clemente XI nel 1712, fissando la sua festa il 5 maggio. Il suo corpo può tuttora essere venerato nella basilica di Santa Maria Maggiore.

 

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