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San Giovanni Crisostomo: «bocca d’oro» della predicazione

Santi: ritratti di fede12 Gennaio 2022
Testo dell'audio

San Giovanni Crisostomo, la cui festività ricorre il 27 gennaio, nacque fra il 344 e il 354 ad Antiochia, in Turchia, una delle più importanti metropoli del mondo antico. La sua famiglia era cristiana e benestante. A quel tempo Antiochia era la terza città orientale dell’Impero per grandezza, dopo Costantinopoli e Alessandria d’Egitto. Nel IV secolo si verificarono profondi contrasti in Oriente fra pagani, manichei, ariani, apollinaristi, cristiani, ebrei e in questo clima di grandi scontri religiosi, filosofici e teologici crebbe Giovanni.

Rimasto orfano del padre Secondo, alto ufficiale dell’esercito siriano, in tenera età divenne allievo del celebre oratore e maestro Libanio. Nei racconti autobiografici del santo si legge che in giovinezza fu molto irrequieto, «incatenato alle passioni del mondo»; inoltre veniamo a sapere che fu gastronomo, amante dell’eloquenza giudiziaria e del teatro.

Quando a 18 anni incontrò il vescovo Melezio gli chiese di essere battezzato. Fu allora che incominciò a seguire dei corsi di esegesi di Diodoro di Tarso, la cui scuola era celebre per l’interpretazione letterale delle Sacre Scritture, in contrapposizione con la scuola alessandrina, che invece privilegiava una lettura di carattere anche allegorico. Terminati gli studi, ricevette gli ordini minori e si ritirò in un eremitaggio nel quale si dedicò allo studio della teologia. Probabilmente, influenzato da san Gregorio Nazianzeno, scrisse un trattato sul sacerdozio, De Sacerdotio, una vera e propria pietra miliare per tutta la Chiesa, dove egli considera che il monachesimo non è la sola via per raggiungere la perfezione cristiana, in quanto la vita sacerdotale, al servizio dei credenti e in mezzo alle mille tentazioni del mondo, è il miglior modo di servire Dio.

Nell’inverno 380–381 venne ordinato diacono da Melezio ad Antiochia e nel 386 fu ordinato sacerdote, diventando presto famoso per la sua valenza nella predicazione. Nel 392, a seguito dei decreti teodosiani, organizzò una spedizione per demolire i templi pagani, proseguendo comunque la sua notevole attività di autore di opere teologali, spirituali ed educative. La sua cospicua produzione letteraria è composta da trattati e diverse centinaia di omelie dedicate in gran parte all’esegesi delle Scritture, soprattutto a commento delle 14 lettere di san Paolo. Fra le omelie esegetiche giunte fino a noi, 67 sono dedicate alla Genesi, 90 al Vangelo di Matteo, 88 al Vangelo di Giovanni e 55 agli Atti degli Apostoli. Hanno invece forma di trattato il Commento a Isaia e 49 prediche sui Salmi; segue un considerevole numero di frammenti da commentari perduti. Fra i discorsi non esegetici vi sono 5 omelie Sull’incomprensibile natura di Dio, 8 Contro i Giudei, 21 Omelie per le Statue, Istruzioni per i Catecumeni. Contrariamente al costume diffuso dell’epoca di parlare per allegorie, adottò uno stile diretto utilizzando i passi biblici per formare e insegnare a come vivere la quotidianità.

Nel 397 l’imperatore bizantino Arcadio scelse proprio san Giovanni Crisostomo per ricoprire la cattedra episcopale di Costantinopoli e fu consacrato Patriarca il 28 febbraio del 398. Governò con grande forza e rigore la Chiesa affidatagli, scagliandosi contro la corruzione e la licenziosità dei potenti, ad eccezione del suo protettore Eutropio, che non riuscì a salvare dalla morte nel 399. Per il suo operato di moralizzazione cristiana si guadagnò molti nemici a corte, dove operavano persone che nutrivano nei suoi confronti odio e invidia, così, nonostante i suoi sforzi per condurre sulla retta via anime anche sacerdotali, non sempre arrivarono i risultati auspicati a causa di una dura opposizione. Tuttavia la sua fama si estese. Stimato e ammirato come predicatore, il Vescovo di Costantinopoli, vissuto fra il IV e V secolo, è considerato il maggior oratore cristiano in lingua greca, tanto da essere soprannominato Crisostomo, ovvero «bocca d’oro».

Destituì molti sacerdoti indegni, compreso il Vescovo di Efeso, inoltre richiamò monaci errabondi a vivere nei monasteri. Il suo stile di vita, sobrio, frugale, votato alla preghiera, fu di carattere monastico e poco alla volta il suo santo esempio si diffuse fra il clero costantinopolitano. Il Padre della Chiesa fu molto influente nel contrastare con rigore le eresie, levando la voce con autorità in Asia minore.

Nel 402 molti nemici di Giovanni si rivolsero al patriarca di Alessandria d’Egitto Teofilo di Alessandria, la cui Chiesa si trovava in contrasto con quella di Costantinopoli. Teofilo si presentò al sinodo della Quercia nella città religiosamente guidata da Crisostomo con una schiera di vescovi alessandrini e mise in minoranza Giovanni, che fu deposto ed esiliato dall’Imperatore, il quale lo richiamò, ma il 9 giugno del 404 venne definitivamente allontanato. Per tre anni rimase confinato a Cucuso, fra le montagne della Cappadocia, dove si impegnò intensamente e nel 407 gli venne intimato un nuovo trasferimento a Pitiunte, sul Mar Nero.

La sua messa al bando fu una dimostrazione sia della supremazia del potere secolare su quello religioso, sia della rivalità fra Costantinopoli ed Alessandria nella lotta per la preminenza all’interno della Chiesa d’Oriente; tali questioni crearono enormi problemi religiosi e politici all’Impero, che causarono la perdita dell’Egitto. Al contrario, in Occidente la superiorità spirituale di Roma era già un fatto indiscusso nel V secolo, ma i disordini e gli avvenimenti bellici avevano impoverito economicamente i territori spopolati e in grave crisi, per tale ragione il peso politico romano in Oriente diminuì. Un esempio dello scarso ruolo che aveva la Chiesa occidentale nell’Impero orientale lo si può evincere dal fatto che le pressioni di papa Innocenzo nella difesa di Giovanni Crisostomo non vennero considerate.

Il santo Vescovo morì il 14 settembre del 407 a Comana, nel Ponto, e le sue ultime parole, come racconta la tradizione, furono: «Gloria a Dio in tutte le cose». Nel 438, sotto il governo di Teodosio II e su sollecitazione del Vescovo Proclo, le sue spoglie furono traslate solennemente a Costantinopoli nella chiesa dei Santi Apostoli. Successivamente furono trasportate a Roma e collocate nella basilica di San Pietro. Secondo una tradizione, le reliquie sarebbero qui giunte al tempo della quarta crociata, dopo il sacco di Costantinopoli del 1204.

Nel 1568 papa san Pio V lo proclamerà Dottore della Chiesa e lo inserirà nel Breviarium Romanum insieme a san Basilio, sant’Atanasio e san Gregorio Nazianzeno.

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