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S. Girolamo Emiliani, un autentico riformatore

Storia12 Gennaio 2018
Radio Roma Libera - San Girolamo Emiliani
Testo dell'audio

Tra coloro che nel Rinascimento si adoperarono per un autentico rinnovamento ecclesiale, in comunione con la Chiesa di Roma, spicca la figura di un Santo, che, da circa cinque secoli, incarna uno spirito veritiero di continua “riforma” dell’essere cristiani: Girolamo Emiliani.

Nato a Venezia nel 1486 da nobile famiglia, è infatti annoverato tra i grandi riformatori che, già prima della diffusione del protestantesimo, si stavano impegnando a infondere nuova linfa alla vita religiosa.

I pilastri del rinnovamento messo in atto da san Girolamo fecero da contraltare ad alcuni dei principi costitutivi del pensiero protestante. Insieme a san Gaetano da Thiene e a Gian Pietro Carafa (Paolo IV), a sant’Antonio Maria Zaccaria, a san Giovanni di Dio, a san Camillo de’ Lellis, a san Filippo Neri, e, per concludere, a sant’Ignazio di Loyola, colui che da Pio XI fu definito «Padre e Patrono universale degli orfani e della gioventù abbandonata» fu un antesignano di quella genuina restaurazione, che, in seguito, verrà posta in essere con le disposizioni sancite dal Concilio di Trento.

Annunciare il Vangelo

Questa sete di restaurazione va concepita come un tentativo di dare una nuova forma alla missione che la Chiesa è tenuta a compiere fin dai primordi: l’annuncio del Vangelo. Questo progetto doveva avvenire non solo attraverso lo studio teorico delle fonti bibliche, ma nella realizzazione concreta del Vangelo per mezzo dell’amore di Cristo Crocifisso e del servizio ai poveri.

Molte affinità appaiono tra Emiliani,due altri santi e Gaetano da Thiene. Con il fondatore dei Gesuiti, S. Ignazio di Loyola, Girolamo condivise la modalità di conversione: entrambi infatti, dopo una breve carriera militare incentrata su un alto senso patriottico e cavalleresco, abbandonarono lussi e vanità: il loro cammino cristiano avvenne attraverso la consacrazione alla Madonna.

Conosceranno così la tenerezza di Maria, che non lascia mai soli i suoi figli, soprattutto quelli che si trovano nelle situazioni più disperate, per poi indirizzarli sulla via che li porterà a conoscere il Figlio, Gesù Cristo: Ad Jesum per Mariam.

Devozione mariana

Girolamo rimase sempre devoto alla Madonna, tanto da prostrarsi in ginocchio, in segno di gratitudine, dopo aver ricevuto la grazia, nel santuario della Madonna Grande a Treviso.

Oltre all’educazione dei giovani e a un forte spirito missionario, Ignazio e Girolamo avevano dunque in comune una profonda devozione mariana. In seguito vi furono persino dei tentativi di unione degli Ordini da loro fondati, in particolare a ridosso della morte dell’Emiliani.

Con i Gesuiti però tale progetto non andò a buon fine, forse perché sant’Ignazio aveva appreso che c’era stato un previo accordo di affiliazione con i Teatini. Più tardi, rispondendo nel 1559 a Padre Loarte, il successore di S. Ignazio, Padre Lainez, precisò che la Compagnia non poteva, a causa dell’unione, far cadere le opere degli orfani, di cui i Gesuiti non intendevano farsi carico.

A buon fine invece andò, almeno inizialmente, l’integrazione con l’Ordine fondato da san Gaetano e da Carafa, che Emiliani conobbe personalmente a Venezia nel 1527, all’Oratorio del Divino Amore.

In seguito però sempre Carafa, divenuto Papa con il nome di Paolo IV, con il breve Aliquot ab hinc annis sciolse l’unione con i Somaschi: «La diversità di vita, oranti e raccolti i Teatini, in continuo movimento i Somaschi, disturbava la pace e la coscienza dei Teatini, distogliendoli dalla loro professione clericale».

Sequela Christi

La spiritualità di san Girolamo era tutta fondata sul dinamismo. La Sequela Christi per lui consisteva «nel seguitare nostro Signore Jesù Cristo nudo in croce», servendolo mediante «l’istruzione, l’ammaestramento, tutela e difesa dei miserabili e quam maxime delle vedove e pupilli orfani».

Rimasto orfano all’età di dieci anni, egli visse sulla propria pelle il significato dell’assenza paterna, tanto che, avendo scoperto con la conversione l’amore misericordioso di Dio Padre, si impegnò a diventare lui stesso un padre per gli orfani e per tutti coloro che vivessero situazioni di disagio. Per questo creò dei centri dove i fanciulli potessero sentirsi accolti in una vera famiglia, sviluppando perciò un personale modello di carità evangelica, convinto che insieme al cibo e ai panni da vestire, occorresse dare ai giovani educazione, istruzione, formazione professionale, insomma prepararli alla vita.

A tal fine san Girolamo riportò in auge l’idea del collegio, cioè di una scuola per l’istruzione sia dei laici che degli ecclesiastici. Nel tempo i suoi figli spirituali continuarono tale missione: il Concilio di Trento non fece che consacrare quelle iniziative.

Il progetto del fondatore della Compagnia dei Servi dei Poveri era quello di reinserire nella società i ragazzi più poveri e gli emarginati, tra cui le giovani prostitute convertite. In questo Emiliani può considerarsi un personaggio pienamente inserito nel Rinascimento: il suo amore per l’uomo e, nel caso specifico, per i giovani in difficoltà, lo porterà a valorizzare le doti intellettuali e manuali di questi ultimi, integrandole però con la fede in Gesù Cristo.

Una missiva di Carafa a San Gaetano, datata 18 gennaio 1539, precisava che «Girolamo Miani è capitano di un piccolo esercito istruito nella via del Signore Nostro Gesù Cristo per il bene delle anime e l’aumento della fede cattolica». Per san Girolamo l’aumento della fede non poteva verificarsi se non con la preghiera; la devozione è da lui considerata come una tensione dell’amore di Dio, che nella sua fase discendente dimostra l’amore verso gli uomini, mandando suo Figlio Gesù Cristo, e nella fase ascendente consiste nella risposta d’amore dell’uomo all’amore ricevuto.

Orazione e penitenza

Ogni istante della vita di Girolamo è stato scandito dall’orazione. Era solito ritirarsi in alture, perché nella solitudine riusciva ad avvicinarsi a Dio; tra le rocce delle grotte si creava spazi di meditazione e di penitenza; digiunava e si mortificava per allontanare da sé i rigurgiti di vanagloria, che lo aveva reso spiritualmente cieco in gioventù.

L’orazione, per Girolamo, era la fiamma che lo faceva ardere per l’annuncio del Vangelo. Egli era fermamente convinto che nella Santa Comunione si potesse raggiungere la vera riforma personale; Padre Pigato riconosce al santo degli orfani «l’aureola di vero precursore del decreto Sacra Tridentina Synodus, con cui san Pio X apriva i tabernacoli ad ogni età e toglieva le barriere d’impedimento alla comunione quotidiana». La frequenza dei Sacramenti era per lui l’anima della vita cristiana e nell’Eucarestia riviveva intensamente il Sacrificio della Croce.

Pare inoltre che san Girolamo fosse solito partecipare alla pia pratica delle Quarantore, con la quale si meditava il tempo in cui la salma del Redentore giacque incorrotta nel sepolcro. Per questo suo grande amore verso il Crocifisso, poco prima di morire, tra i suoi ultimi gesti ne compì uno molto significativo: tracciò sul muro una croce di colore rosso, al fine di contemplare ancora il mistero di Cristo che si è fatto povero, abbracciando la croce, per la nostra salvezza.

Il suo cuore cessò di battere alle prime luci dell’alba dell’8 febbraio 1537 nel villaggio di Somasca, presso Lecco. Era così giunto all’incontro con il Signore, dopo aver donato l’intera vita prendendosi cura dei più bisognosi, in particolare dei giovani senza famiglia.

Fu proclamato santo nel 1767 da Clemente XIII. Nell’aprile del 2011 Benedetto XVI, attraverso un messaggio rivolto all’Ordine dei Chierici Regolari Somaschi, ricordò l’importanza della sua opera: «San Girolamo maturò l’idea che la gioventù, soprattutto quella disagiata, non può essere lasciata sola, ma per crescere sana ha bisogno di un requisito essenziale: l’amore. In lui l’amore superava l’ingegno, e poiché era un amore che scaturiva dalla stessa carità di Dio, era pieno di pazienza e di comprensione: attento, tenero e pronto al sacrificio come quello di una madre». E anche di un padre.

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