Romania tra Occidente e Oriente

La “Dacia felix”
Nel territorio della Romania si trovano reperti d’insediamenti umani risalenti a diversi millenni fa. Fra i suoi antichi abitanti troviamo i traci, specialmente i daci e i geti. Erano tribù indo-europee – arrivate qui nel IV millennio avanti Cristo – che portarono la lavorazione del bronzo in u n territorio precedentemente occupato da agricoltori e pastori.
Nel tempo di Traiano, all’inizio del II secolo, i romani conquistarono i daci, dando origine nella nuova provincia della Dacia Felix a un forte processo di romanizzazione simile a quello delle altre provincie imperiali. Vi costruirono belle città abitate da coloni e cittadini romani e protette da forti guarnigioni militari. Con l’arrivo dei goti all’inizio del periodo delle migrazioni barbariche nel terzo secolo (271), i romani dovettero abbandonare la provincia, ritirando sia l’esercito che l’amministrazione sotto il Danubio.
L’arrivo del Cristianesimo
Ad allora risalgono diverse vestigia cristiane, come alcuni oggetti di culto del III e IV secolo, ma pure le memoria dei martiri. Tra questi spicca san Saba il Goto, martirizzato nel 372 nel fiume Buzău dai suoi connazionali ancora idolatri. Il sacrificio dello atleta di Cristo, come lo chiamò Basilio Magno, illuminò il nuovo impero cristiano che ricevette con grande solennità le reliquie del “martire della verità” richieste nel 374 ai sacerdoti della Dacia dal famoso arcivescovo di Cesarea della Cappadocia.
Nei secoli successivi nell’ex-provincia romana si sviluppò un lungo processo di formazione di un nuovo popolo. I suoi principali componenti etnici, assieme ai daci romanizzati, furono i vari popoli migratori che coabitarono per un tempo più o meno lungo: goti, unni, gepidi, avari. Gli ultimi arrivati furono gli ungheresi, i cumani e gli slavi.
Principati e diocesi
I voivodati (principati), dai quali più tardi sorgeranno i tre Stati medievali romeni, non appaiono prima del XIV secolo. Così, i romeni sono il più giovane popolo d’Europa. La Transilvania e il Banato furono dagli inizi del secondo millennio incorporati nel regno ungherese e cristianizzati sotto santo Stefano.
La corona ungherese stabilì diocesi cattoliche nella regione, a cominciare dalla sede di Csanad, presieduta da san Gerardo nel 1030. Un’altra importante sede cattolica fu quella di Cumania, apparsa nel XIII secolo in sud della Moldavia per cristianizzare sia i neo arrivati cumani che i locali valacchi.
L’epica crociata antiottomana
Per lungo tempo i Principati romeni agirono come alleati delle potenze occidentali contro il pericolo turco, divenuto estremamente pericoloso dopo la conquista di Costantinopoli (1453). Gli europei, sostenuti dai Papi, organizzarono numerose campagne contro la Sublime Porta, la quale sembrava invincibile. I Principati ebbero un ruolo di grande rilievo in questa lunga lotta per la difesa della Cristianità.
Così Giovanni Hunyadi, voivoda della Transilvania e governatore dell’Ungheria, dopo innumerevoli scontri militari riuscì a fermare Maometto II, il conquistatore di Costantinopoli, nella celebre battaglia di Belgrado (1456), arrestando la sua travolgente avanzata verso l’ovest .
Nel XVI secolo – dopo che i turchi conquistano gran parte del Regno di Ungheria e la Transilvania cade sotto la loro sovranità (1541) – l’intero spazio geografico romeno si avvia a una nuova fase storica, sempre più dipendente dalla politica turca, specialmente nei secoli XVII e XVIII . La Transilvania invece poté liberarsi dal controllo ottomano grazie alla controffensiva dell’Impero asburgico nel tardo Seicento. Nacque allora, similmente ad altri Paesi, la Chiesa Uniate.
Una parte importante del clero transilvano ortodosso decise di riunirsi alla sede di Roma, accettando la fede cattolica ma conservando il rito bizantino. Questo vasto gruppo ricevette uguali diritti degli altri gruppi etnici e religiosi del Principato (1698-1701).
Avvicinamento all’Occidente
L’Unione con Roma permise l’apparizione di una élite intellettuale romena in Transilvania a causa della frequentazione delle scuole occidentali. La famosa “Scoala Ardeleană” creò importanti opere di storia, letteratura, diritto o teologia e lasciò una impronta definitiva rilatinizzando la lingua e adottando l’alfabeto latino occidentale.
D’altra parte, il XIX secolo vide la nascita di una nuova classe intellettuale anche in Moldavia e nella Tara Românească quando i figli dei boiardi o dei borghesi furono mandati a studiare nelle università francesi, italiane e tedesche. Molti entrarono nella Massoneria. Questo fatto rispondeva sia al bisogno di ricevere sostegno esterno per la definitiva emancipazione dalla dominazione turca che per la realizzazione dell’unità nazionale di tutti i romeni in un solo Stato.
Ciò spiega anche il ruolo della Massoneria nelle rivoluzioni locali del 1848. Nonostante il fallimento della rivoluzione, continuò la collaborazione fra massoni occidentali e i loro confratelli romeni fino all’elezione del massone Alexandru Ioan Cuza a primo Domnitor (Signore) della Moldavia e Tara Româ nească, nel regno unificato che dal 1862 si chiamò Romania.
La Romania dopo le Guerre mondiali e la tragedia comunista
La Prima Guerra Mondiale vide la Romania nel campo dell’Intesa. Alla fine di essa, diverse province dello sconfitto Impero Austro-Ungarico con popolazione a maggioranza rumena – il Banato, la Transilvania, la Bucovina e la Bessarabia – proclamarono l’unione con la Romania. Nacque così la Romania Mare (la Grande Romania), uno Stato interbellico che cercò di assimilare rapidamente, a volte trovando grossi problemi, le minoranze nazionali e religiose.
La Seconda Guerra Mondiale finì invece molto male per la Romania. L’Unione Sovietica occupò i suoi territori e la dichiarò Stato vinto. Per decenni il regime comunista imposto da Mosca creò laceranti sofferenze ai romeni.
Nel 1948 la Chiesa Greco-Cattolica fu dichiarata fuorilegge e sparì, reintegrata a forza nella “Chiesa Madre” (cioè, ortodossa). I vescovi, sacerdoti, religiosi o fedeli che si opposero al regime furono uccisi o incarcerati. La gerarchia ortodossa fu pesantemente infiltrata da agenti comunisti e la Chiesa Cattolica di rito romano fu tollerata (solo per le lingue tedesche e ungheresi) ma mai riconosciuta ufficialmente.
La scomparsa del regime comunista dopo i movimenti del 1989 portò ad una formale libertà religiosa ma gli effetti della mentalità ateo-comunista sono rimasti finora. Una delle prime leggi abrogate dal nuovo regime social-democratico fu il divieto di aborto, avendo come effetto diretto milioni di infanticidi in 20 anni di democrazia.
La Chiesa Greco-Cattolica è riemersa ma continua ad essere guardata con grande sospetto dalla maggior parte degli esponenti ortodossi. Del resto il potere politico non ha mai smesso di cercare la strumentalizzazione della Chiesa più numerosa al fine di guadagnare capitale elettorale.
Questo testo di Olivia Dulea è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. E’ possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it