Rivolta continua

Per ammissione dei suoi stessi ispiratori, la rivoluzione sessantottina si ribellò non solo contro l’«autorità costituita», ma anche e soprattutto contro la “realtà costituita” ossia contro l’ordine creato, la concreta natura umana, l’origine e l’identità dell’uomo. Al cuore del ‘68 sta il rifiuto dell’origine, non solo quella biologica (la famiglia) e sociale (la comunità), ma anche quella culturale (la tradizione) e metafisica (la natura).
Per il sessantottino coerente, ammettere di dipendere da un’origine trascendente comporta rinunciare all’utopia dell’auto-generazione e dell’autonomia assoluta, rassegnandosi a quella perdita di libertà, che costituirebbe il vero “peccato originale” commesso dall’uomo, l’unica colpa dalla quale bisognerebbe redimersi, l’unica caduta dalla quale bisognerebbe risollevarsi. Pertanto, egli s’impegna per la liberazione integrale dell’uomo, rinnegandone origine, natura, identità e destino, rifiutando con orrore e combattendo con ostinazione i limiti, i vincoli e i doveri che costituiscono la condizione creaturale voluta da Dio. Se “io sono mio”, allora solo io decido la mia identità e la mia natura.
Non potrebbe essere altrimenti. Infatti, accettare l’origine significa ammettere di dipendere non solo da una famiglia, da una società, da un’educazione ricevuta, ma anche da un principio e da un ordine che ci precedono, ci superano, fondano la nostra esistenza e il nostro destino; significa ammettere che dipendiamo da una paternità divina, dalla quale tutto proviene e sulla quale tutto si modella, come in Cielo così anche in Terra, come ammonisce san Paolo (Ef. 3, 14).
La rivolta contro l’identità
Il ‘68 ha suscitato nella società un processo graduale, ma implacabile per spingerla a rifiutare la propria identità e a liberarsene con ogni mezzo, anche violento, anche contro natura.
La prima identità dalla quale si pretende di liberarci è quella più legata alla nascita ossia quella familiare. La propaganda, la politica e il diritto anti-familiari degli ultimi decenni ne sono una dimostrazione fin troppo evidente. Si nasca pure, se proprio si vuole, purché senza avere legami con la propria origine e senza condizionare l’identità che si sceglierà da grandi. Alcuni scrittori (come Huxley e Orwell) previdero una società, in cui gli uomini nascono per decreto statale e mediante procreazione artificiale ossia senza origine e senza identità.
Di conseguenza, oggi si pretende che l’uomo si liberi anche dalla propria identità sessuale originaria. La delirante ideologia del gender prevede che lo Stato promuova il tentativo di sostituire la propria sessualità biologica con un’altra qualsiasi, anche ambigua ed effimera, purché diversa da quella ricevuta dalla natura al momento della nascita.
Nel campo politico, l’identità dalla quale si pretende di liberarci è quella nazionale. Un popolo dovrebbe rinunciare alla propria origine ed eredità storica, culturale, religiosa, rendendosi quindi orfano, diseredato, alienato. Il Sessantottismo pretende che un popolo rinunci alla propria identità nazionale per realizzare una società cosmopolita, meticcia, caratterizzata da una civiltà multietnica, multiculturale e multiconfessionale. E’ anche per questo che oggi s’insiste tanto nel favorire l’immigrazione extracomunitaria, nel tentativo di realizzare una colonizzazione alla rovescia che realizzi il “passaggio ai barbari” e la “sostituzione dei popoli”.
Quanto all’identità religiosa, essa viene oggi derisa, rifiutata e condannata come bigotta, passatista, dogmatica, discriminatoria. La recente “rivoluzione pastorale” pretende di sostituirla con una religiosità “adulta”, “aperta” ed “ecumenica”, che superi le divisioni confessionali e realizzi una Chiesa polivalente adeguata a una società “pluralista”.
Infine, l’ultima identità dalla quale si pretende di liberarci è quella personale. In nome di una falsa mistica della solidarietà e della condivisione, le teorie dello strutturalismo e del “decostruzionismo” (Lacan, Foucault, Derrida, Deleuze, Guattari) propongono di frammentare l’io individuale per sostituirlo con un “io plurale” ossia con un noi aperto all’identificazione con l’“altro”. Esse vedono nell’uso delle droghe e nell’immersione nella rete informatica metodi per dissolvere i soggetti individuali in una mente collettiva e creare un uomo nuovo – come quello sognato dal “trans-umanismo” – capace di adeguarsi al “villaggio globale” programmato dalle multinazionali cibernetiche.
Riscoprire l’origine, restaurare l’identità
Come si vede, siamo agli antipodi non solo della giusta società, ma anche della vera antropologia. Come insegnava giustamente Marcel De Corte, sia l’individuo che la società si basano in astratto sul rispetto della natura umana e in concreto sul riconoscimento della propria origine e sul recupero della propria identità tradizionale.
Pertanto, la restaurazione della società oggi corrosa dal relativismo e dal permissivismo sessantottini deve ripartire proprio dal riscoprire le verità filosofiche e soprattutto religiose, che rendono possibile il ricupero di quelle virtù morali, anche sociali. Come ammoniva già Pio XII, se ormai tutto un mondo è da restaurare a partire dalle fondamenta, questa restaurazione è possibile solo ricorrendo innanzitutto all’aiuto divino.
Questo testo di Guido Vignelli è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. E’ possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it