Proprietà degli atti morali

In questo podcast vedremo insieme le proprietà degli atti morali soprattutto per quanto concerne la loro imputabilità e responsabilità. Gli atti umani, per il fatto che sono volontari, e nella misura in cui lo sono, determinano nel soggetto che li pone responsabilità e merito e producono quelle qualità o abiti che si chiamano virtù e vizi.
IMPUTABILITÀ E RESPONSABILITÀ – Queste due nozioni sono similari, ma la prima è una proprietà dell’atto, mentre la seconda è una proprietà dell’agente morale. Si dice, infatti, che l’atto è imputabile ad un soggetto, quando gli deve essere attribuito come a suo autore, e che la responsabilità è quell’attributo in virtù del quale l’essere libero deve «rispondere», render conto, dei suoi atti dinanzi a colui dal quale dipende.
È chiaro che il fondamento dell’imputabilità e della responsabilità è la libertà: un atto non è imputabile se non è posto liberamente, e un soggetto non è responsabile se l’atto compiuto non è veramente imputabile. Ad esempio, un gatto che graffia in quanto necessitato a graffiare non avrà imputabilità, in quanto non è un essere libero; d’altro canto un bambino che graffiasse deliberatamente un suo compagno di classe può esser ritenuto responsabile del suo atto.
DIVERSE FORME DI RESPONSABILITÀ – Distinguiamo diverse specie di responsabilità: la responsabilità morale e la responsabilità civile, alle quali comunemente si aggiunge anche la responsabilità sociale.
- La responsabilità morale. Essendo la responsabilità un obbligo a rispondere dei propri atti dinanzi a colui dal quale si dipende, è dunque dinanzi a Dio, e a Dio solo, che si è moralmente responsabili, perché Dio è il legislatore supremo dell’ordine morale. Questa responsabilità si esprime nella e dalla coscienza, che approva o biasima la condotta, secondo che essa sia moralmente buona o cattiva. Come nel senso morale ravvisiamo la voce di Dio, in quanto legislatore supremo, così nella coscienza la scopriamo quale voce di Dio, sovrano e incorruttibile giudice del bene e del male.
Per quanto riguarda l’estensione della responsabilità morale, si deve dire che essa, in un soggetto, va ben al di là del compimento o dell’omissione di un atto obbligatorio, riguardando anche gli effetti che possono risultarne e gli atti altrui nella misura in cui sono imputabili al soggetto stesso. È evidente, infatti, che le conseguenze d’un atto o dell’omissione d’un atto devono essere dette volontarie nella loro causa, se sono state previste come tali da doversi verificare. Senza questa previsione, le conseguenze non sarebbero né volontarie né imputabili. In ciò che concerne gli atti altrui, possiamo esserne responsabili nella misura in cui si è data ad essi una cooperazione fisica o morale.
I teologi si sono sforzati di precisare le condizioni dell’imputabilità dell’atto volontario indiretto; queste condizioni si possono riassumere in due princìpi. In primo luogo, un effetto cattivo, voluto non in se stesso, ma a titolo di conseguenza dell’atto posto (volontario in causa), è moralmente imputabile quando pone in atto insieme le seguenti tre condizioni: l’agente abbia previsto almeno confusamente la conseguenza cattiva, sia stato in grado d’impedire a se stesso di porne la causa, sia stato in dovere di impedirne la conseguenza. In secondo luogo, è permesso compiere un atto in sé buono o indifferente, da cui devono risultare, immediatamente e a pari titolo, due effetti, l’uno dei quali cattivo e l’altro buono, provato però che vi sia una ragione proporzionalmente grave di compiere l’atto in questione e che il fine dell’agente sia onesto. La reale difficoltà sta nel sapere quando c’è veramente una «ragione proporzionalmente grave»: compito da assolvere per mezzo di un giudizio valutativo dell’insieme delle circostanze; e poiché un tal giudizio è assai difficile da formulare, sarà bene ricorrere al consiglio di persone prudenti.
Un esempio molto comune del doppio effetto è l’uso di morfina o di analgesici su pazienti in fin di vita: queste sostanze hanno un effetto benefico riducendo il dolore e la sofferenza del paziente, ma allo stesso tempo agiscono sul sistema respiratorio, deprimendo il respiro e causando la morte se somministrate in dosi eccessive a breve distanza di tempo. Dal punto di vista etico, alcuni bioeticisti, ispirandosi al pensiero di S. Tommaso d’Aquino ritengono che, dei “due effetti” solo uno sia da imputare all’agente, in quanto la “maleficenza” (o la morte) sono un effetto “atteso, ma non voluto”, ed il soggetto agente può essere ritenuto responsabile solo dei suoi atti intenzionali, non di quelli “collaterali”.
- La responsabilità civile. Questa responsabilità (chiamata anche legale) consiste nel rispondere dei propri atti davanti al giudice umano. Essa non ha per oggetto gli atti interiori né le intenzioni, di cui Dio solo è capace di giudicare, perché egli solo ha il potere di conoscerli. Essa riguarda solo gli atti esterni, compiuti o ancora in corso di esecuzione. La responsabilità si determina civilmente in funzione delle leggi positive umane, e non (direttamente, almeno) in funzione della legge morale: molti atti, infatti, sono proibiti dalla legge morale, ma non danno luogo ad alcuna responsabilità civile. Ad esempio la menzogna, di per sé, pur essendo proibita dalla legge morale, normalmente non lo è dalla legge positiva (eccezion fatta per la menzogna al fisco o in sede di udienza davanti alla corte).
- La responsabilità sociale. Questa specie di responsabilità è relativa alle società di cui siamo membri, per natura o per scelta: noi infatti, siamo chiamati a rispondere della nostra condotta dinanzi al capo famiglia o dinanzi all’autorità incaricata di provvedere al bene comune.
Più comunemente ci si serve della parola solidarietà per designare questo genere di responsabilità che, in realtà non costituisce una specie distinta ma si ricollega sia alla responsabilità morale – in quanto siamo obbligati dalla legge naturale a rispettare le leggi della società civile e a promuovere nel modo migliore il bene comune – sia alla responsabilità civile, in quanto i doveri e i diritti delle persone, quali membri di diverse società (famiglia, comune, Stato, ecc.), sono definiti dalle leggi civili.