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Proiezioni paurose per i bilanci vaticani. Colpa del Covid 19, ma non solo… 

Pensieri e Voce27 Maggio 2020
Testo dell'audio

La crisi del Covid 19 colpisce l’economia della Santa Sede in quello che forse è uno dei momenti peggiori della sua credibilità dal punto di vista finanziario, e la rende particolarmente vulnerabile: tanto che c’è chi è arrivato a parlare di default per il piccolo Stato. Un colpo drammatico è venuto, naturalmente, dal blocco del traffico turistico in Italia, che ha tagliato – la chiusura dei Musei Vaticani – la fonte di introito più rilevante in assoluto. A breve i Musei riapriranno, ma per visite guidate, una quantità di visitatori limitata; un ruscello a confronto del fiume quotidiano abituale.

In una riunione fra i capi dei dicasteri, nei giorni scorsi, sono state fatte alcune proiezioni per capire di quanto la crisi del Covid 19 può decurtare le entrate di bilancio. Le stime più ottimistiche indicano una diminuzione delle entrate intorno al 25 per cento. Le più pessimistiche intorno al 45 per cento. Ma su tutto questo grava un altro punto interrogativo gigantesco: infatti nessuno dietro le Mura è in grado di dire se ci sarà una diminuzione delle donazioni all’Obolo di San Pietro, a causa delle difficoltà economiche di larga parte del mondo occidentale, e se e quanto ci sarà una diminuzione dei contributi che arrivano dalle Diocesi.

Già, perché tre sono i Paesi le cui diocesi e conferenze episcopali danno un maggiore aiuto a Roma:

Gli Stati Uniti, l’Italia e la Germania. Negli Stati Uniti il flusso di contributi da parte dei fedeli, e in particolare dai grandi contributori, ha subito un netto calo: il caso McCarrick, nomine episcopali discutibili, il caso clamoroso della Papal Foundation e in generale una maggiore disaffezione verso la gerarchia cattolica hanno ridotto drasticamente le offerte. In Italia sappiamo che l’8 per mille è calato. E in Germania le cose non vanno meglio. Anzi. Secondo alcune stime fatte recentemente, il gettito fiscale previsto per quest’anno potrebbe subire una contrazione anche del 20% delle entrate.

Le previsioni dello Stato inizialmente facevano pensare ad un calo più contenuto, si parlava del 13% ma dopo l’avvio dell’economia e, di conseguenza, del gettito fiscale il calo potrebbe arrivare a cifre superiori. E questo colpirà duramente la Chiesa in Germania (è il secondo datore di lavoro dopo lo Stato) e con effetto domino anche gli aiuti a Roma. Grazie al peculiare sistema fiscale tedesco, in base a cui chi dichiara di appartenere a una confessione versa ad essa una parte di tasse, nel 2018 i contribuenti che si sono iscritti alla Chiesa cattolica hanno versato 6,6 miliardi di euro di tasse ecclesiastiche.

E anche se le cifre della Santa Sede sono in valori assoluti non eclatanti, un impatto della crisi ci sarà. Tra il 2016 e il 2020 sia le entrate che le uscite sono state costanti: le entrate intorno ai 270 milioni, e le spese in media intorno a 320 milioni, a seconda dell’anno.

Ma c’è anche un altro elemento che fa da sfondo a questa situazione; ed è l’odore di scandali che è tornato ad aleggiare intorno alle finanze vaticane, dopo che la Riforma dell’economia – portata avanti con coraggio da Pell, spesso ferito da fuoco amico – si è arenata di fronte alle resistenze di posizioni di potere consolidate, che il Pontefice non ha avuto il coraggio o la forza, a dispetto dei “motu proprio” iniziali, traditi poi da successivi rescritti di realizzare. E l’ultimo caso, quello del palazzo di Sloane Square a Londra acquistato anche – secondo alcuni – con i proventi dell’Obolo di San Pietro, con il suo contorno di inchieste giudiziarie, perquisizioni, arresti, allontanamenti, e – forse – licenziamenti di prestanome usati per coprire alti prelati non contribuisce certo a invogliare i fedeli a gettare nel cesto per le offerte vaticano il proprio obolo. Specialmente in tempo di crisi…

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