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Pavia, culla di scienziati

Tesori d'Italia17 Ottobre 2018
Testo dell'audio

Pavia è stata, oltre a quanto si è già detto, una grande università scientifica. Oggi può vantare di aver avuto, tra i suoi professori, il premio Nobel Carlo Rubbia.

Il secolo d’oro della Pavia scientifica

Interessante soffermarsi sull’epoca d’oro della Pavia scientifica: il Settecento. Proprio alla fine del Seicento, nel 1697, sino alla morte, nel 1733, troviamo come docente a Pavia Gerolamo Saccheri, corrispondente ed amico di Tommaso Ceva e del discepolo di Galilei e di Torricelli, Vincenzo Viviani.

Gerolamo, divenuto sacerdote gesuita nel 1694 a Como, occupa, a Pavia, la cattedra di Matematica, divenendo il padre delle geometrie non euclidee. I risultati di Saccheri caddero nell’oblio per circa un secolo e mezzo e furono riscoperti da Beltrami, anch’egli docente a Pavia, che ne ebbe notizia dal gesuita Angelo Manganotti.

Circa quaranta, cinquant’anni dopo la morte di Saccheri, Pavia conosce il suo momento di gloria, mondiale, nella storia delle scienze. Vi insegnano, infatti, contemporaneamente, due giganti come Lazzaro Spallanzani (professore di Storia Naturale dal 1769, e maestro, tra gli altri, di Agostino Bassi, pioniere della moderna batteriologia), e Alessandro Volta (professore di Fisica sperimentale dal 1778).

Oltre a costoro, che basterebbero da soli a dare prestigio universale alla città lombarda, l’anatomista Antonio Scarpa, docente di anatomia e chirurgia dal 1783; il padre scolopio Carlo Barletti, docente di fisica sperimentale dal 1772 e di fisica generale dal 1777; il padre gesuita Ruggiero Giuseppe Boscovich, professore di Matematica all’Università di Pavia dal 1764 al 1768 e progettista dell’Osservatorio di Brera.

Tanti geni radunati nella stessa università, negli stessi anni, alcuni dei quali sacerdoti, altri, come Volta, di provata fede cattolica. Basterebbero questi dati per rovesciare certe dicerie sul presunto contrasto tra scienza e fede, e per riscrivere alcuni luoghi comuni sul Settecento illuminista.

Lazzaro Spallanzani, padre della biologia moderna

Chi è, anzitutto, don Lazzaro Spallanzani? «Nella storia della scienza – rispondono alcuni studiosi – pochi sono i naturalisti allo stato puro paragonabili a Lazzaro Spallanzani», definito per questo “il principe dei biologi”. Il celebre biologo francese Jean Rostand scrisse di lui che «precorreva sempre di molto il sapere del suo tempo» e aggiunse: «Forse non è esagerato vedere in lui il fondatore della biologia quale oggi la si intende, della scienza cioè che studia i fenomeni più generali della vita».

Nativo di Scandiano, nel 1729, ordinato sacerdote nel 1762, arriva a Pavia nel 1769 e vi rimarrà sino alla morte, nel 1799. La sua attività di sperimentatore frenetico ne fa un pioniere nello studio dei pipistrelli e dei loro meccanismi sensoriali (il “radar animale”), portandolo ad ipotizzare l’esistenza di un senso di orientamento, sino ad allora ignoto, collegato all’udito e uno dei fondatori della moderna vulcanologia, in seguito ai suoi studi sui vulcani del sud Italia.

Grandi risultati li ottiene anche negli studi sulla respirazione degli animali, dimostrando che l’ossigeno è indispensabile a tutti gli esseri viventi allora noti e che tutti emettono anidride carbonica; compie esperimenti innovativi sulla meccanica della circolazione, sull’azione del cuore, sulla digestione (attraverso centinaia di esperimenti sugli animali e sull’uomo, utilizzando temerariamente anche il suo corpo, concluse che, per entrambe le categorie di esseri viventi, i cibi erano digeriti per l’azione chimica del succo gastrico, fluido di cui è considerato, in un certo senso, lo scopritore; sperimenta, inoltre, per primo, la digestione artificiale, e i suoi studi, raccolti nelle Dissertazioni di fisica animale e vegetale del 1780 segnarono una tappa fondamentale della fisiologia).

Il suo Prodromo di un’opera da imprimersi sopra le riproduzioni animali, edito nel 1768, riporta i risultati di un triennio di esperienze sulla rigenerazione della coda, degli arti o della testa amputata nei lombrichi, girini di anfibi, lumache e salamandre.

Spallanzani, infine, conosce grande successo in tutta Europa anche per aver negato la generazione spontanea, aprendo le porte a Pasteur; per gli studi sulla fecondazione animale (dimostra la necessità di un contatto fisico tra sperma e uovo) e per essere l’autore del primo esperimento, riuscito, di fecondazione artificiale animale.

Uno scienziato meno conosciuto: padre Boskovich

Prima di arrivare a Volta, è il caso di spendere due parole anche su padre Boscovich, il cui nome è, tra gli esperti, sempre più conosciuto. In occasione del terzo centenario della sua nascita, proprio l’Università di Pavia lo ha celebrato con un grande convegno, così introdotto: «Il contributo delle sue idee all’avanzamento delle conoscenze in tutti i campi della scienza settecentesca, dalla filosofia naturale, con la sua originale teoria dell’atomo e dell’unità delle forze, alla matematica, all’astronomia, alla geodesia, venne già pienamente riconosciuto dai suoi contemporanei. Recenti indagini hanno poi messo in evidenza il valore pioneristico delle sue ricerche nel campo dell’ottica pratica e teorica, collocandolo tra i fondatori della moderna rifrattometria e sferometria, e il suo profondo interesse e competenza nel campo dell’elettrologia, scienza allora in via di formazione e affermazione in campo fisico. Egli ha influenzato in modo sostanziale il successivo dibattito scientifico-filosofico europeo».

Alessandro Volta

Spendiamo infine alcune considerazioni sul laico Alessandro Volta, onore e gloria, anch’egli, oltre che di Pavia, dell’Italia intera.

Il Volta fu educato, come avveniva di norma a quel tempo, in scuole religiose: le stesse che hanno alfabetizzato l’Europa, educando i figli dei nobili, la classe dirigente, ma anche i poveri, i meno abbienti.

Prima studiò presso il Collego dei Gesuiti, a Como, dimostrando subito una fede forte e convinta, poi presso il seminario Benzi. La sua formazione scientifica è segnata da due personaggi in particolare: il grande fisico francese padre Jean Antoine Nollet, di cui studia i testi (concordando e dissentendo) e cui arriva a scrivere una lettera nel 1763, a soli 18 anni, e il padre scolopio Giovanni Battista Beccaria di Mondovì, cui dedica il suo primo lavoro sull’elettricità, nel 1769. Padre Beccaria delle Scuole Pie è uno dei più insigni scienziati europei del Settecento, astronomo di fama e “padre dell’elettricismo italiano”.

Nel 1765 Volta comincia a frequentare il gabinetto privato di storia naturale e l’osservatorio meteorologico che un amico, il sacerdote Giulio Cesare Gattoni, fisico per passione, gli mette a disposizione.

Nel 1776 fa una grande scoperta, il metano: a metterlo sulla pista, invitandolo ad approfondire quanto accade nelle paludi del Lago Maggiore, è un amico, il padre Campi, cui infatti vengono indirizzate ben sette lettere voltiane sull’argomento.

Una di queste, datata 14 novembre, comincia così: «Carissimo amico, quando mi scriveste primamente della sorgente d’aria infiammabile [il metano, ndr] da voi ritrovata sul principio dell’autunno, e quindi conversammo alcuni giorni insieme, ricorderà quanti discorsi e quante congetture si fecero tra noi sul soggetto sempre più meraviglioso ed interessante».

Nel 1777 Volta inventa la pistola elettrica: il primo a riceverne comunicazione è il già citato padre Barletti, anch’egli studioso di fama internazionale di elettricità e di fulmini, cofondatore della Società Italiana delle Scienze e uno dei primissimi a valorizzare il giovane Volta, contribuendo a fargli assegnare la cattedra universitaria; a influenzarlo e indirizzarlo con i suoi scritti (conosciuti anche dal Franklin); a dargli anche dei suggerimenti che non sarebbero stati inutili per l’invenzione voltiana dell’elettroforo.

Senza considerare che parte dell’opera di Volta sarebbe difficilmente concepibile senza l’influsso che ebbe su di lui, ancora liceale, il magistero del geniale gesuita Boscovich (letto e studiato dal Volta, ma mai conosciuto, nonostante insegnassero nella stessa città).

 

Questo testo di Francesco Agnoli è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. È possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it

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