Parma e l’opera

Il rapporto di Parma con il teatro cantato nasce molto presto. All’alba del Seicento, il duca Ranuccio I costruisce il sorprendente teatro ligneo Farnese, che viene inaugurato nel 1629 nientemeno che da una partitura di Monteverdi, il primo genio dell’opera. Ma è una falsa partenza, non è da lì che può nascere un amore: le note non ci sono arrivate (riscoprirle resta il sogno proibito di un musicologo) ed, a tale straordinaria apertura, non fa seguito alcuna tradizione di rappresentazioni. Il Farnese viene usato in tutto nove volte nei circa 110 anni, che dura ancora la dinastia.
Arrivano poi sul trono del piccolo Stato i Borbone: nella loro lungimirante politica culturale, rivalutano il teatro ducale, aperto da Ranuccio II nel 1688 all’interno del Palazzo di Riserva, e patrocinano specialmente l’oggi troppo poco noto ed eseguito Tommaso Traetta. A tale teatro, sul cui sito insistono oggi le Poste Centrali, viene ammesso talora anche pubblico borghese pagante e certamente l’opera inizia allora ad occupare un posto nella società; quando Mozart nel 1770 passa da Parma, ci lascia mirabolanti notizie di un soprano, Lucrezia Agujari, capace di toccare il do 6, un’ottava sopra il do sopracuto; però non si può pensare ancora ad un coinvolgimento popolare.
Nel 1829 Maria Luigia apre il Regio (all’inaugurazione, ancora solo Ducale): si cominciano a mettere le basi per una diffusione del melodramma anche tra classi sociali meno elevate. La capienza va ben oltre i mille posti del teatro borbonico; esistono una galleria con posti in piedi e vere stagioni pubbliche; e soprattutto, negli ultimi anni di regno dell’amata sovrana, si fa impetuosamente largo nel mondo musicale un conterraneo, quel Giuseppe Verdi la cui musica viene subito avvertita come “nostrana” e congeniale.
Però fin qui la storia non basta a giustificare tanto duraturo attaccamento. La svolta definitiva pare arrivata nel 1871. In una Parma depressa, divenuta anonima provincia tendente a spopolarsi, la donazione di un mecenate tedesco dà un insperato colpo d’ala con la costruzione di un nuovo teatro popolare, a lui stesso intitolato: il teatro Reinach. Sorge a poche decine di metri dal teatro Regio, lavora in simbiosi e concorrenza con esso. Una Parma allora di circa 70.000 abitanti si trova improvvisamente ad avere almeno 2.500 posti a disposizione per andare in abbondanza a sentir l’opera (e a mano a mano l’operetta, concerti, il varietà, la grande prosa) a diversi livelli di prezzo e di ritmo stagionale. Un’offerta imponente, che permette di frequentare il teatro con regolarità anche ai meno abbienti e ai numerosi studenti. È così che si crea non solo un’abitudine, ma un gusto, un orecchio, infine una passione.
Questo testo di Stefano Torelli è tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it